Secondo le Nazioni Unite entro il 2050 si assisterà nel mondo a un esodo di 200 milioni di persone per sole cause ambientali legate al climate change. Un'interessante iniziativa si pone l'obiettivo di creare maggiore consapevolezza sul problema e salvaguardare i diritti di queste persone
Quello delle migrazioni verso l’Europa è uno fra i temi più attuali (e drammatici) degli ultimi anni, venuto alla ribalta ancora una volta in tutta la sua forza nelle ultime settimane, dopo l’ennesima strage di innocenti avvenuta a Cutro, in Calabria, nella quale hanno perso la vita oltre novanta esseri umani, e con i continui, incessanti viaggi della speranza verso il nostro Continente da parte di migliaia di disperati che fuggono da guerre e povertà alla ricerca di un futuro migliore. Il progetto “Le rotte del clima”, unico nel suo genere, ha l’obiettivo di offrire maggiore consapevolezza su questa problematica e al tempo stesso garantire salvaguardare i diritti di queste persone, oltre ogni retorica o strumentalizzazione.
Crisi climatica e flussi migratori
La crisi climatica e ambientale ha contribuito i modo molto forte ad accrescere i flussi migratori da parte di esseri umani alla ricerca di condizioni di vita migliori. Migranti climatici che fuggono dalla povertà e dalle guerre che sono spesso il risultato proprio della scarsità determinata dalle avverse condizioni climatiche (siccità, eventi meteorologici estremi, carenza d’acqua …).
I dati ufficiali ci dicono che, nel mondo, si spostano ogni anno milioni di migranti per ragioni ambientali e climatiche. Le Nazioni Unite considerano possibile, per le sole cause ambientali, l’esodo di 200 milioni di persone entro il 2050. E l’ultimo rapporto annuale dell’Idmc (Internal Displacement Monitoring Centre) ha registrato nel 2020 che 30,7 milioni di nuovi sfollamenti sono stati causati da disastri in 145 Paesi e territori.
“Le rotte del clima”: un progetto per la salvaguardia dei diritti dei migranti
Il progetto “Le rotte del clima”, il primo del suo genere in Italia, è un progetto di ricerca ed advocacy che si pone come obiettivo quello di stimolare la comprensione della complessità del fenomeno e la condivisione di una definizione di migrante ambientale e climatico, costruendo una fotografia del fenomeno e alimentando così una maggiore consapevolezza della condizione di migrante ambientale/climatico, a partire da attività di ascolto e racconto del vissuto dei migranti stessi.
Partire dunque dal basso per trovare una maggiore tutela legale e sociale dei migranti, attraverso il coinvolgimento attivo degli stessi migranti. Indagare l’impatto che i cambiamenti climatici hanno sulle migrazioni dei popoli aumenta la consapevolezza sullo stretto rapporto che esiste fra i due fenomeni e può aiutare a costruire – sulla base dei dati di una ricerca che verrà condotta nei prossimi mesi – uno status giuridico condiviso sulla figura del migrante ambientale, per promuoverne la tutela.
«La ricerca verrà condotta partendo dal basso, dal vissuto delle persone, attraverso il coinvolgimento attivo dei centri di accoglienza e delle persone migranti, che spesso non hanno consapevolezza dell’esperienza che stanno vivendo», sottolinea Veronica Dini, presidente Systasis, Centro Studi per la prevenzione e la gestione dei conflitti ambientali, e promotrice del progetto. «L’obiettivo è anche quello di avviare cause pilota per il riconoscimento dello status di migrante ambientale e climatico e l’attivazione di una tutela appropriata e necessaria».
Gli obiettivi e i partner del progetto
Il progetto ambisce a costruire nuovi strumenti di tutela umanitaria dei migranti: a tale scopo, agirà innanzitutto per alimentare la consapevolezza – da parte degli operatori e dei migranti stessi – della condizione dei migranti ambientali e climatici, delle reali e più profonde ragioni per le quali sono costretti a lasciare la propria terra e dei diritti connessi a questa condizione.
Fra i partner del Centro Studi Systasis, We World, l’organizzazione no profit italiana indipendente attiva in 27 Paesi, compresa l’Italia, con progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario per garantire i diritti delle comunità più vulnerabili. E, ancora, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Hric, Asgi, A Sud Onlus, Teatro Utile il viaggio, il Research Unit on Everyday Bioethics and Ethics of Science (Ruebes) dell’Università di Firenze, e molti centri di accoglienza per migranti, in tutta Italia.
Tutti insieme per dare maggiore dignità non solo ai migranti, ma indirettamente anche a noi stessi, perché Paesi più accoglienti e attenti ai diritti altrui sono in generale Paesi migliori e più attenti anche nei confronti dei bisogni e dei diritti dei propri cittadini.
Vincenzo Petraglia