Wise Society : L’abito da sposa diventa etico

L’abito da sposa diventa etico

di Mariella Caruso
15 Marzo 2016

Dalla Calabria ecco la prima wedding collection etica firmata da Cangiari relizzata con filati biologici certificati e tessuti a mano secondo l'antica arte delle "maistre"

Francesca è una giovane tessitrice calabrese, una di quelle che si è guadagnata l’appellativo di “maistra”. Aveva quindici anni quando ha cominciato ad affiancare un’anziana tessitrice del suo paese, Zangarona in provincia di Lamezia Terme, cominciando con pazienza a imparare l’arte antica della tessitura a mano. Oggi è una delle dieci donne a dar vita ai tessuti artigianali con i quali prendono forma le collezioni d’alta moda Cangiari. Tessuti che, da poco, sono stati utilizzati per la prima wedding collection “La sposa etica”, lanciata dal brand etico e sociale del Gruppo Cooperativo Goel.

LA SPOSA ETICA – «La proposta Cangiari per l’abito da sposa etico– spiega il presidente del consorzio Goel, Vincenzo Linarello – è rivolta a una donna raffinata che vuole vivere un momento importante per la sua vita in piena coerenza con i suoi valori. Una donna per cui la bellezza esteriore non può prescindere da quella interiore e dai valori che rappresenta». Questo significa che Cangiari anche per i propri abiti da sposa utilizza tessuti artigianali, fatti con i telai a mano della Calabria. «Si parte da filati biologici certificati, la cui produzione rispetta l’ambiente e il benessere di chi li indossa – sottolinea Linarello -. Il tutto è proveniente da una filiera etica e sociale, nata da un percorso di sviluppo e di riscatto del proprio territorio». Cangiari, in effetti, è a oggi, l’unico brand etico d’alta moda alla cui base c’è una filiera no profit di cooperative sociali, tessuti biologici certificati Icea-Gots e manifattura artigianale. La collezione dedicata alla Sposa Etica è nata dalla collaborazione fortuita nata con l’atelier “Le spose di Milano”, il cui show room si trova di fronte a quello milanese di Cangiari, «un bene – precisa il presidente di Goel – sequestrato alla ‘ndragheta che ci è stato assegnato in uso dal Comune di Milano. A poche ore dalla presentazione della nostra collezione a Milano Moda Donna ci siamo resi conti che avevamo terminato i manichini e li abbiamo chiesti in prestito a “Le spose di Milano”».

I PERCHÉ DELLA SCELTA ETICA – «Non bisogna comprare l’abito da sposa solo perché è etico: la prima domanda da farsi è perché quest’abito è così bello e così fatto bene?», continua Linarello conscio che il prezzo di un abito da sposa siffatto (e di qualunque altro capo d’alta moda Cangiari) non è per tutti. «Dall’ultima collezione alta moda donna abbiamo deciso di non farci più condizionare dal prezzo – spiega -. Il telaio a mano è un segno distintivo della nostra manifattura, per tessere un metro di stoffa di 70 centimetri di larghezza servono da tre a sei ore, il lavoro delle nostre artigiane è retribuito con paghe sindacali occidentali, tutte le rifiniture sono sartoriali. I nostri prezzi sono assimilabili a quelli di altre collezioni d’alta moda, ma il nostro margine è inferiore rispetto a chi produce all’estero con una meccanizzazione spinta».

 IL FUTURO DELL’ARTIGIANALITÀ ETICA – Non è nell’abbassamento dei prezzi il futuro dell’artigianalità etica, indipendentemente che questa venga utilizzata per gli abiti da sposa o per la produzione di cibo biologico. «Il nostro mondo avrà un futuro se consumeremo meno e meglio», riflette Linarello. «Se invece di tenere nell’armadio dieci capi di abbigliamento made in China o Bangladesh, ne riponessimo di meno ma prodotti eticamente e di qualità garantita – conclude -, la sostenibilità sarebbe garantita e non ci sarebbero casi come il crollo del Rana Plaza».

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