In terra cruda o in pietra, coi forni comunitari si riscopre il senso di comunità nel segno della sostenibilità ambientale e della filiera corta
Dei forni comunitari si è tornato a parlare da qualche anno. Ci sono quelli moderni, costruiti di recente in argilla o mattoni e quelli di nuova generazione alimentati a pellet. E poi ci sono quelli antichi, restaurati, ripristinati e riaffidati alla collettività. Da quando – vuoi per la crisi, vuoi per il piacere di sapere di che farina è fatto il pane che si porta in tavola, vuoi per la rinnovata voglia di stare insieme associazioni, centri sociali, amministrazioni comunali o semplici cittadini hanno deciso di riproporre un modello antico di aggregazione e cucina tradizionale.
Forni comunitari in Italia
Ritrovarsi insieme nello stesso posto per cuocere il pane. Recuperare la socialità dell’attesa e del lavoro condiviso per ottenere un prodotto buono, genuino, fatto con le proprie mani. Scopriamo dove sono i forni comunitari in Italia.
A Sestri Ponente, Liguria
Un modello adottato dal Circolo Filippo Merlino di Sestri Ponente, in Liguria, dove nel 2013 è stato realizzato un forno comunitario grazie alla collaborazione tra il circolo Uisp, l’Associazione Terra! onlus e il Municipio VI Medio Ponente. «Abbiamo realizzato il forno – spiega il presidente del Circolo Olindo Repetto – interamente a mano utilizzando l’argilla che è tipica della nostra zona. Grazie all’associazione ambientalista Terra! siamo riusciti ad avere un forno a legna in terra cruda che è stato messo a disposizione degli iscritti al circolo e di tutti coloro che gravitano intorno alla nostra realtà». Tra queste ci sono quelle del Punto Luce di Save the children ospitato all’interno del Circolo. «All’apertura del forno sono stati realizzati eventi legati all’educazione alimentare e laboratori di panificazione per adulti e bambini- continua Repetto -. Insomma, il forno a legna è un bene a disposizione di tutti coloro che vogliono cimentarsi nella panificazione, un luogo di incontro e di trasferimento di saperi. L’anno scorso, ad esempio, le famiglie della zona sono venute a cuocere il panettone tipico genovese, lasciando solo un piccolo contributo per le spese».
Alla Garbatella, Roma
Autoproduzione, cibo sano, sostenibilità ambientale, partecipazione, aggregazione, lotta al carovita. Il Forno popolare Garbatella di Roma è stato inaugurato il 14 settembre 2013 grazie all’iniziativa del Collettivo di Casetta Rossa e del Collettivo P.A.N.E. «Fin dall’inizio dell’attività – spiega Luca Cicculli – intorno al Forno si costituisce spontaneamente un gruppo di panificatori e cittadini (il Gruppo Forno) che ora lo gestisce in collaborazione con Casetta Rossa. L’idea di auto-produrre il pane nasce dalla volontà di riscoprire e preservare il concetto di sostenibilità alimentare e di filiera corta. Il forno lo abbiamo costruito utilizzando le maestranze all’interno del gruppo ed è ormai una realtà molto apprezzata nel quartiere».
Il forno della Casetta Rossa si va ad aggiungere alle tante attività di quello che è un grande e riuscito esperimento urbano di recupero di spazi e luoghi pubblici meglio riusciti. «Per noi – continua Luca – il forno è anche un mezzo di autofinanziamento delle attività a favore del quartiere. Non mancano momenti di convivialità come la pizzata e, ovviamente, sono stati avviati i corsi per capirne di più di grani antichi, di biologico e di lieviti, insomma per capire cosa stiamo mangiando». Il forno viene acceso ogni domenica alle 14.30 e chiunque può portare il proprio impasto e infornare, mentre scambia quattro chiacchiere e magari qualche ricetta.
Nell’Italia del Nord-Overst
Non solo circoli e associazioni. Sul territorio nazionale spiccano le esperienze di alcuni comuni della Val D’Aosta e del Piemonte dove le amministrazioni hanno puntato sul recupero degli antichi forni in pietra soprattutto per salvaguardare un ricco patrimonio rurale.
In Piemonte, specialmente nelle valli occitane, in provincia di Cuneo e Torino, ogni borgata in passato aveva il suo forno comunitario in pietra dove le famiglie potevano infornare e fare scorte per un mese intero. La panificazione costituiva un momento faticoso, ma anche gioioso di vita comunitaria. Negli ultimi anni, alcuni comuni di queste valli hanno ripristinato questi forni anche, semplicemente, per poterli utilizzare in occasione di feste cittadine – come a Villadossola (Vb) dove il forno del 1871, viene aperto al pubblico solo in determinate occasioni, oppure a Genola (Cn) dove il forno si utilizza a maggio per la Sagra delle Quaquare e ogni famiglia può produrne fino a un determinato quantitativo per evitare l’uso commerciale della struttura.
Stessa modalità per alcuni comuni della Val d’Aosta dove i forni comuni erano più diffusi che in qualunque altra parte della penisola. Ogni villaggio, infatti, aveva un suo forno – piccoli manufatti in pietra, con l’orditura del tetto in legno e la copertura in lose (le lastre di pietre tipiche, ndr) – che poteva cuocere da 30 a 120 pani contemporaneamente. Oggi alcuni di queste strutture sono state restaurate e vengono ancora utilizzate. In queste zone però, la preparazione comunitaria del pane, oltre a elemento di aggregazione della comunità del villaggio, funziona anche da attrazione turistica. Non mancano, infatti, i percorsi ad hoc e le guide specializzate.