Wise Society : Food for profit, il documentario-inchiesta sugli allevamenti intensivi: di cosa parla e dove vederlo

Food for profit, il documentario-inchiesta sugli allevamenti intensivi: di cosa parla e dove vederlo

di Valentina Neri
13 Maggio 2024

Il documentario scritto e diretto da Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi è diventato un caso. Perché ci porta nel cuore di un sistema che sostiene – anche con i nostri soldi – gli allevamenti intensivi, noncuranti del loro impatto rovinoso sull’ambiente e sulla nostra salute

Che gli allevamenti intensivi di bestiame siano ben poco sostenibili, in termini ambientali ed etici, è risaputo. Ma in pochi hanno avuto il coraggio, e l’opportunità, di mostrare realmente cosa succede al loro interno. Sarà per questo che Food for profit, il docufilm indipendente scritto e diretto dalla giornalista Giulia Innocenzi e dal filmmaker Paolo D’Ambrosi, è diventato un caso. E, a diversi mesi dall’uscita, non smette di indignare e far riflettere.

Food for profit

Logo Food For Profit – Pagina FB di Giulia Innocenzi

Gli autori di Food for profit

L’impegno animalista di Giulia Innocenzi non è una novità. Giornalista classe 1984, è divenuta celebre al grande pubblico con le trasmissioni di Michele Santoro, prima Annozero e poi Servizio Pubblico, per poi lavorare anche con la7, Il Fatto Quotidiano, Le Iene, Rai e ora Report. Negli ultimi anni la sua attenzione si è focalizzata sulle storture dell’industria della carne, attraverso un libro (“Tritacarne”, edito da Rizzoli) e varie inchieste che l’hanno portata addirittura fino alla tristemente nota “fabbrica di maiali”, un grattacielo di 26 piani a Ezhou, in Cina.

Paolo D’Ambrosi è un filmmaker italo-britannico, con una lunga esperienza nei documentari tanto musicali (per artisti del calibro di Rolling Stones, Paul McCartney e Adele) quanto investigativi e di attualità, per i quali ha ricevuto premi prestigiosi come il Prix Europa. Il documentario Food for profit è stato autoprodotto con un budget di 250mila euro, dal quale i due registi hanno scelto di non ricavare alcun compenso.

Perché Food for profit è diventato un caso

Di inchieste sull’industria della carne ce ne sono state altre. Alcune lodevoli e importanti. In molti casi, puntano tutto sulle immagini shock: agnellini sgozzati, maiali agonizzanti nelle camere a gas, mucche grondanti di sangue mentre sono ancora coscienti. Food for profit fa un lavoro un po’ diverso. Perché sì, chi è sensibile alle sorti di tutte le creature non può restare indifferente di fronte alle migliaia di animali stipati in immensi capannoni, impossibilitati a camminare o vedere la luce del sole. Ma non è questo il punto.
Il docufilm di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi cerca soprattutto di smascherare un sistema che a parole si dice votato alla sostenibilità ma, nei fatti, continua a sostenere gli allevamenti intensivi che della sostenibilità sono la negazione. La ricerca del profitto è il suo unico faro.

Un alleato fondamentale di quest’opera di trasparenza è Lorenzo, un lobbista sotto copertura che si infiltra a Bruxelles e incontra politici in vista e giornalisti compiacenti, proponendo loro progetti di editing genetico mostruosi e del tutto inventati. Come i maiali con sei zampe, per poterne ricavare più prosciutti, oppure le mucche con un tubo inserito nel retto per catturare le emissioni di gas serra legate alle loro flatulenze. La reazione, da parte degli europarlamentari che ci rappresentano, è di apertura. “Noi non abbiamo pregiudizi”, risponde l’italiano Paolo De Castro.

D’altra parte, sostiene il documentario, l’agrobusiness è ampiamente rappresentato nelle sale delle istituzioni. Sia attraverso un esercito di lobbisti, sia attraverso alcuni eurodeputati che sono anche proprietari terrieri e dunque beneficiano dei fondi della Politica agricola comune (Pac). Il fatto che siano loro stessi a votare le sue modifiche rappresenta un macroscopico conflitto di interessi che, tuttavia, è legale e dichiarato.

Poco importa il fatto che gli allevamenti intensivi, foraggiati con i soldi pubblici, abbiano un enorme impatto ambientale e sanitario che poi le istituzioni saranno costrette a riparare, investendo altri soldi pubblici. Poco importa il fatto che alcuni impatti siano ormai irreversibili. Un esempio è l’antibiotico-resistenza, indotta anche dall’abuso di antibiotici che vengono somministrati a pioggia agli animali, in misura preventiva, per evitare lo scoppio di epidemie che si potrebbero diffondere in modo rapidissimo in ambienti così chiusi e affollati. Solo nell’Unione europea, la resistenza agli antibiotici provocherebbe 35mila morti all’anno.

 

 
 
 
 
 
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Dove vedere Food for profit 

I film che siamo abituati a vedere al cinema o nelle piattaforme di streaming seguono un percorso piuttosto canonico, che prevede di affidarsi a una casa di distribuzione. Il team di Food for profit ha preferito una strategia diversa, del tutto indipendente. Se una sala cinematografica, un’associazione, un’azienda o qualsiasi altra organizzazione desidera organizzare una proiezione, può scrivere una mail a info@foodforprofit.com per ricevere il film e la locandina.

L’idea di organizzare proiezioni dal basso poteva sembrare un azzardo, eppure ha funzionato. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata al calendario pubblicato nel sito: prende il via il 22 febbraio 2024 al Parlamento europeo e da allora prevede decine, anzi, centinaia di date da un capo all’altro dello Stivale (e non solo). Domenica 5 maggio 2024 il documentario, in una versione leggermente tagliata, è andato in onda anche durante la puntata di Report su Raitre: è dunque disponibile gratis sulla piattaforma Raiplay.

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