Wise Society : Sei libri da leggere e sei film da vedere per capire il conflitto israelo-palestinese

Sei libri da leggere e sei film da vedere per capire il conflitto israelo-palestinese

di Paola Greco
21 Agosto 2024

Si tratta di uno degli argomenti più divisivi del nostro presente. Vederci più chiaro non sempre è facile, ma ci si può provare leggendo gli innumerevoli libri e guardando i tanti film sull’argomento. Ecco uno spunto per cominciare ad approcciare l’argomento, per chi desidera avere una visione più completa e informata

Il conflitto israelo-palestinese è uno dei temi più complessi e dibattuti della storia contemporanea. Eppure il seme di quel conflitto è germogliato nella notte dei tempi, ed ha origini ancestrali. Usando le parole di un’intervista del 2011 dello scrittore e giornalista Dominique Lapierre, che ha amato profondamente Gerusalemme, tanto da dedicargli un libro: “Ogni volta che scoppia una bomba in Israele o in Palestina, io piango. Sono molto pessimista per il futuro. Quando si parla a un ebreo ortodosso e costui spiega che quell’ulivo non può crescere che lì, perché si trova sulla terra donata da Dio ai suoi figli; quando poi ci si rivolge a un palestinese, il quale afferma che Maometto è partito proprio da quella roccia verso il cielo… Entrambi sono feroci nel loro antagonismo e per questo sarà sempre molto, molto difficile. (…) Oggi un’opposizione di presunte volontà divine fa sì che i popoli si scontrino senza fine”.

Bandiera israeliane e palestinese a Gerusalemme

Foto Shutterstock

Libri da leggere sulla questione israelo-palestinese

Esiste un’ampia varietà di libri, tra reportage, saggi, romanzi, che cercano di inquadrare le origini del conflitto e i diversi punti di vista, per poter meglio capire gli scontri e le violenze del presente. Ecco una piccola selezione per cominciare a sbrogliare questa infinita matassa.

Gerusalemme, Gerusalemme! di Dominique Lapierre e Larry Collins (1971)

Come tante altre loro opere, anche questo libro è stato scritto in tandem dai due “fratelli di penna”, il francese Lapierre e l’americano Collins: un libro nato dopo quattro anni di indagini dedicati al momento più entusiasmante della storia dell’ebraismo moderno, ovvero la nascita dello Stato di Israele.

A settant’anni dalla nascita dello Stato ebraico questo romanzo ne ricorda la genesi tormentata: nel maggio del ‘48, mentre gli ebrei festeggiavano la nascita di Israele, gli arabi già si preparavano alla lotta. Il libro racconta gli uomini, i drammi, i fatti di quella tragica stagione terminata con la nascita del nuovo Stato, raccontata attraverso la vicenda di due giovani amici – uno ebreo, l’altro musulmano – che rientrano nella terra dei loro padri e si ritrovano su fronti opposti: uno nell’esercito israeliano, l’altro nelle milizie arabe.

“La questione palestinese” di Edward Said (1992)

Edward Said è stato uno scrittore statunitense di origine palestinese, che molto si è speso nella critica al concetto di “Orientalismo”, cioè lo strumento con il quale l’Occidente esercita influenza e controllo sull’Oriente, rappresentandolo in modo molto diverso da quello che è nella realtà.

In questo libro, nello specifico, la storia nazionale palestinese testimonia uno scontro perdente tra l’ambiziosa ideologia europea e l’incapacità di convincere l’Occidente della giustezza della causa anticolonialista araba. A partire dalla realtà storica del suo popolo, Edward W. Said in questo libro mette crudamente alla prova l’infondatezza di queste gabbie interpretative, fornendo la definizione più esauriente e illuminante della questione palestinese.

“Una storia di amore e di tenebra” di Amos Oz (2003)

Amos Oz, uno dei più importanti scrittori israeliani, è stato anche un attivista per la pace e un sostenitore della soluzione dei due Stati, una voce importante nel dialogo sul conflitto israelo-palestinese. Questo libro ne offre una prospettiva unica e intima: è uno dei suoi lavori più personali, in cui racconta la storia della sua famiglia, della sua infanzia a Gerusalemme durante i primi anni dello Stato di Israele.

Il libro offre un’ampia panoramica della storia israeliana, compresi i conflitti con i palestinesi. Amore e tenebra sono due delle forze che agiscono in questo libro, che contiene la descrizione epica della Gerusalemme di quegli anni, di Tel Aviv che ne è il contrasto, della vita in kibbutz, negli anni ‘30, ‘40 e ‘50. La narrazione ricostruisce 120 anni di storia familiare, una saga che vede protagonisti quattro generazioni, in un caleidoscopio di personaggi tra i più variegati.

“La guerra che non si può vincere” di David Grossman (2005)

Nel corso di questi anni David Grossman, cittadino israeliano e padre di famiglia prima ancora che scrittore letto e amatissimo in tutto il mondo, ha raccontato sulle pagine dei più importanti quotidiani europei e americani la tragedia di due popoli ormai abituati a vivere uno stato di conflitto così profondo e radicato nella vita quotidiana che nessuno sembra più in grado di uscire dalla terribile logica della vendetta. In una situazione che appare senza sbocchi, gli scritti di Grossman cercano di indicare a israeliani e palestinesi quella che sembra l’unica strada percorribile per raggiungere la pace: il dialogo, l’incontro, il riconoscimento del diritto dell’altro. Perché la pace invocata da Grossman non è solo il semplice rifiuto di ogni forma di ricorso alla forza e alla violenza: è l’unica conclusione possibile di una guerra che nessuno può vincere.

“La mia terra promessa” di Ari Shavit (2013)

Shavit, giornalista e opinionista israeliano, è un attivista del movimento pacifista, nonché una delle voci più autorevoli e libere sulla questione mediorientale. Questo libro parla di Israele come di uno Stato anacronisticamente colonialista.

Ari Shavit, seguendo l’epopea degli emigranti che si mossero da diverse parti dell’Europa verso la Terra Promessa, prova a spiegare la realtà complessa e contraddittoria di Israele, in un lungo racconto, appassionante e rigoroso. Dai pellegrini sionisti che nel 1897 partono per la Giudea, fino ai soldati del centro di detenzione di Gaza Beach che, spianando i fucili contro i prigionieri palestinesi, si chiedono se i campi di concentramento non funzionassero nello stesso modo. Viaggiando attraverso il Paese, raccogliendo interviste, documenti storici, testimonianze dirette, Shavit realizza un affresco che unisce sapientemente la dimensione umana e quella storica.

“Hamas. Dalla resistenza al regime. Nuova edizione” di Paola Caridi (2023)

Caridi da oltre 20 anni si occupa di storia politica contemporanea del mondo arabo. Il libro, edito nel 2009, è stato aggiornato con gli avvenimenti fino all’attacco del 7 ottobre 2023, sempre partendo dalla fondazione. Nei suoi quarant’anni di esistenza, Hamas è passata attraverso il terrorismo, ha sfidato l’autorità di Yasser Arafat, è sopravvissuta all’eliminazione fisica di gran parte dei suoi dirigenti. Nel 2006 è arrivata al governo dell’Anp, democraticamente eletta dalla maggioranza dei palestinesi, ed è ritornata subito dopo in clandestinità, a seguito dell’embargo deciso da Israele e da una parte della comunità internazionale, Unione Europea e Stati Uniti in testa.

La ricerca storico-politica di Caridi, a 14 anni dalla prima edizione, racconta cosa è successo da quando Gaza è stata chiusa da tutti i lati da Israele e dall’Egitto. Dalla radicalizzazione della leadership di Hamas ai cambiamenti nella linea politica interna fino all’attacco sanguinoso del 7 ottobre.

Un uomo e due bambini dopo un bombardamento a Gaza

Foto Shutterstock

I film da vedere sul conflitto israelo-palestinese

Da anni ormai il cinema racconta le dolorose pagine del conflitto mostrandone le complessità, ponendo l’attenzione sulle divisioni interne ai due schieramenti in lotta, e mettendo a nudo le ferite e le contraddizioni che abitano la terra teatro degli scontri. Ecco alcuni film che ne mostrano le diverse sfaccettature.

“Paradise Now” di Hany Abu-Assad (2005)

Paradise Now“, diretto dal regista e sceneggiatore palestinese Hany Abu-Assad, offre uno sguardo umano e toccante sulle motivazioni e le emozioni che spingono le persone verso atti estremi. Khaled e Said sono amici da quando avevano otto anni, ora sono adulti, fanno entrambi i meccanici e sono stati scelti per partecipare, come kamikaze, ad un attentato in Israele. La pellicola racconta l’amicizia, le paure, le illusioni e i dubbi di due ragazzi palestinesi, nelle 24 ore che li separano dall’azione suicida, attraverso cui credono di poter fuggire all’inferno di ogni giorno e trovare il loro Paradiso. Si tratta del primo film palestinese a essere stato candidato agli Oscar (e a vincere il Golden Globe come Miglior film straniero) ed ha l’ambizione di raccontare l’irraccontabile, in modo asciutto e con sensibilità, mostrando l’orrore degli attacchi suicidi dal punto di vista dei terroristi.

Munich di Steven Spielberg (2005)

«Per ogni civiltà arriva il giorno in cui è necessario scendere a compromessi con i propri valori». È, questa, la frase cardine di Munich. Quella che, più di tutti, inquadra i dilemmi morali ed etici. Partendo dai terribili fatti delle Olimpiadi di Monaco del 72, dall’eccidio degli atleti israeliani da parte dei membri di “Settembre Nero”, Steven Spielberg si concentra sul ricostruire l’operazione “Ira di Dio”, con cui il Mossad (servizio segreto israeliano) dette la caccia ai terroristi palestinesi, responsabili del massacro. Mentre ci fa seguire questo team di agenti in giro per il mondo, crea un vero e proprio trattato sull’inutilità della vendetta in senso personale e storico. Nel film l’ambiguità morale e l’incertezza pian piano prendono il sopravvento, per azzerare la differenza tra le due parti contrapposte. Bene e male sono un punto di vista, usati da due fronti che si credono entrambi nel giusto, entrambi vincitori morali.

Il Giardino dei Limoni di Eran Riklis (2008)

Il film dell’israeliano Eran Riklis, segue il confronto legale tra una vedova palestinese ed il Ministro della Difesa israeliano, circa il possesso di un limoneto sul confine cisgiordano. Salma Zidane vive da sola in Cisgiordania. Quando il Ministro della difesa israeliano si trasferisce in una casa vicina, la donna ingaggia una battaglia legale con i suoi avvocati che, per motivi di sicurezza, vogliono abbattere i secolari alberi di limoni nel giardino, che rappresenta il suo unico sostentamento.

Oltre al supporto del suo avvocato, Salma troverà inaspettatamente anche quello della moglie del Ministro che prende a cuore il caso della sua vicina di casa palestinese. Il giardino è una metafora del legame con la propria terra ma soprattutto il diritto a quella terra, mettendo in luce le disuguaglianze e le tensioni tra israeliani e palestinesi, soprattutto in termini di giustizia. D’altro canto il rapporto tra le due donne indica la strada di un possibile dialogo e coesistenza.

“Valzer con Bashir” di Ari Folman (2008)

Un film d’animazione diretto dall’israeliano Ari Folman che esplora i propri ricordi sulla Prima Guerra del Libano del 1982. Il film offre una prospettiva unica sulla guerra e sulle sue conseguenze psicologiche sui soldati israeliani. A causa di un sogno ricorrente rivelatogli da un amico, il regista e sceneggiatore Ari Folman ex fante dell’esercito israeliano si rende conto di aver quasi completamente rimosso il periodo della sua gioventù in cui era arruolato nelle truppe dell’esercito israeliano in Libano e decide di andare in cerca dei propri ricordi. Candidato agli Oscar del 2009 come Miglior Film Straniero e vincitore del Golden Globe nella stessa categoria, è con ogni probabilità il film più importante e coraggioso che sia stato girato sul tema.

Il figlio dell’altra (2012)

Diretto da Mehdi Dehbi e Lorraine Lévy, il film racconta la storia di due bambini, uno ebreo e l’altro musulmano, che, nati al confine tra Israele e Palestina, vengono scambiati per errore alla nascita. Diventati ragazzi, vivono inconsapevolmente uno la vita dell’altro. Joseph si trova a Tel Aviv con la madre dottore e il padre colonnello dell’esercito israeliano, quando con una visita medica scopre di non essere il figlio biologico dei suoi genitori e di essere stato scambiato con Yacine, ora palestinese e studente di medicina a Parigi. Uno scambio di identità già drammatico, acuito dal conflitto economico e religioso. Joseph non è più ebreo e Yacine non è più musulmano. La rivelazione porta scompiglio nelle rispettive famiglie, che sono costrette a interrogarsi sulle loro identità e se gli uomini si oppongono alla nuova verità è il coraggio delle loro madri e la volontà di capirsi ad aprire un nuovo dialogo.

Omar” di Hany Abu-Assad (2013)

Diretto e scritto anche questo dal palestinese Hany Abu-Assad, “Omar” è thriller che segue le vicende di un giovane panettiere che vive nei Territori Occupati. In Cisgiordania, le milizie israeliane hanno costruito una barriera di separazione per proteggere i coloni israeliani dai ribelli palestinesi, ed Omar tutti i giorni scala di nascosto il muro per far visita ai suoi due amici di infanzia e alla ragazza di cui è innamorato. Accomunati dal sogno di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana, i tre ragazzi organizzano un agguato notturno durante il quale un soldato israeliano viene ucciso.

Il giorno dopo l’imboscata, la polizia israeliana cattura Omar, che, nonostante le torture, non confessa la propria colpevolezza né quella dei suoi amici. La polizia, senza prove, rilascia Omar, ma un’altra persona è stata manipolata e da qui il film si sviluppa in un gioco di inganni e paranoia destinato a stravolgere le vite dei quattro giovani. Presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, dove ha vinto il premio della giuria, ha ricevuto una candidatura agli Oscar come miglior film in lingua straniera.

Paola Greco

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