Wise Society : Fast Fashion? No grazie. Ecco come la moda uccide il pianeta

Fast Fashion? No grazie. Ecco come la moda uccide il pianeta

di Rosa Oliveri
8 Ottobre 2020

Design, abbigliamento e accessori che passano rapidamente dai negozi agli armadi. E’ questo, in soldoni, il significato del termine Fast fashion. Moda veloce, o meglio moda usa e getta, che arriva velocemente tra gli scaffali e, altrettanto velocemente li lascia per scomparire in pochi mesi.

Fast Fashion

Foto di Jason Leung / Unsplash

Cos’è la fast fashion?

La moda veloce e a prezzo basso, quella delle collezioni di abbigliamento che si ispirano alle passerelle e influenza le attuali tendenze dello stile. Il principale obiettivo è, appunto, la produzione di vestiti e accessori nel minor tempo possibile, per poi passare rapidamente alla collezione successiva, creando nuove tendenze per il rimpiazzo più che veloce delle prime. Una moda, quindi, ‘usa e getta’.

La fast fashion, proprio per la ricerca della velocità nei vari aspetti della catena di produzione, rende particolarmente economici i capi, perdendo in qualità e durevolezza. Il motore principale di questo tipo di economia è, senza dubbio, il marketing che determina il desiderio nei confronti delle nuove creazioni. Tutto questo si ottiene promuovendo la moda come qualcosa di veloce, a basso prezzo e facilmente sostituibile con altri capi di tendenza.

Le aziende fast fashion godono di margini di profitto più elevati grazie, soprattutto, a tre fattori cruciali: tempi di mercato, costi e ciclo di acquisto. Tutti fattori che, di fatto, vengono ricercarti a spese della sostenibilità.

L’insostenibilità della moda veloce

Vari studi dimostrano come i paesi occidentali, e soprattutto gli Stati Uniti abbiano moltiplicato l’acquisto, e quindi la produzione,  di vestiti (addirittura, gli americani acquistano una quantità di abiti cinque volte superiore a quella di 30 anni fa).

Un aumento di consumo che contribuisce in modo significativo all’inquinamento causato dalla fast fashion, oltre che all’aumento della quantità di tessuti scartati ogni anno. L’industria tessile occupa, infatti, circa il 5% delle discariche globali. Inoltre, l’abbigliamento che viene gettato in discarica è spesso costituito da materiali sintetici o inorganici che non si degradano completamente.

L’impatto ambientale

Ma quella dei rifiuti non è l’unica ricaduta sull’ambiente determinata dall’industria della fast fashion. L’industria tessile occupa il secondo posto come industria più inquinante al mondo, soprattutto per via del metodo fast fashion che usa procedimenti di lavorazione poco attente all’ambiente.

E’ innegabile, infatti, che in tutte le fasi della produzione tessile, gli ecosistemi acquatici, terrestri e atmosferici subiscano danni ambientali duraturi: dal rilascio di gas serra nell’aria alla somma tra il trasporto globale e l’utilizzo di macchinari pesanti, che genera emissioni di biossido di carbonio, fino al rilascio di gas pericolosi, vari pesticidi e coloranti rilasciati nell’ambiente acquatico.

Moda veloce

Foto di Hannah Morgan / Unsplash

L’insostenibilità sociale

Oltre a un impatto negativo sull’ambiente e sulle risorse naturali, il modello difettoso di business della fast fashion ha anche danneggiato i lavoratori della sua filiera.

Con il termine sweatshop si intende una fabbrica nella quale gli operai (anche minorenni) vengono sfruttati in pessime condizioni di salute e sicurezza, con stipendi estremamente bassi. Nonostante le aziende della fast fashion abbiano delineato dei requisiti fondamentali – come degli standard salariali equi a cui devono attendersi i loro fornitori – è abbastanza difficile rintracciare comportamenti di questo tipo nei paesi molto corrotti.

Tuttavia, i proprietari delle fabbriche sarebbero tenuti a rispettare i codici di condotta, così da evitare di perdere preziose collaborazioni commerciali. Dopo l’incidente del Rana Plaza nel 2013, i marchi hanno acquisito un maggior potere d’influenza e sono in grado di collaborare per cofinanziare investimenti che garantiscano l’adozione di precauzioni sanitarie e di sicurezza efficaci.

Verso una moda più sostenibile: le inziative di alcuni marchi

Se nel complesso, il settore fast fashion dell‘industria della moda sta inquinando il pianeta, è anche vero, però, che diverse aziende produttrici e distributrici – a partire, per esempio, da H&M – stanno lavorando per ridurre l’impronta ambientale del settore, creando programmi che incoraggiano il riciclo da parte dei consumatori, ad esempio fornendo loro dei contenitori che consentono di smaltire i loro indumenti  indesiderati, che verranno trasformati in materiale isolante e imbottitura per tappeti.

Queste iniziative hanno riscontrato un notevole successo per il pubblico, soprattutto perché il consumatore ha la possibilità di acquistare nuovo abbigliamento, mentre le catene di distribuzione smaltiscono le loro collezioni di Fast Fashion consentendo di tenere sempre in moto un mercato che deve viaggiare, per sua stessa natura, a velocità molto elevata.

Le grandi catene di distribuzione si stanno impegnando per produrre in modo più sostenibile, ma il rischio di greenwashing, in questo settore, è sempre dietro l’angolo. 

Moda sostenibile - Less is more

Foto di the blowup / Unsplash

Lotta alla fast fashion: scegliamo una moda più green

Negli ultimi 30 anni, la filiera tessile della fast fashion ha causato danni ambientali e sociali incalcolabili. Invertire la rotta è, però, possibile: scegliendo una moda più green e sostenibile.

Oltre al suggerimento di utilizzare i vestiti fino a quando e possibile, prediligendo la qualità e magari ricorrere anche al second hand di qualità, al vintage e al fashion renting ci si può muovere nell’ambito della moda green e sostenibile.

Il movimento della moda sostenibile che spinge verso il concetto di Zerowaste coinvolge tutti i designer di moda che progettano gli indumenti per non creare scarti durante la lavorazione (o prevedendo il loro riutilizzo). E c’è anche chi utilizza proprio tessuti ottenuti dai rifiuti destinati alla discarica, come reti da pesca, etichette e i bottoni in materiali riciclati.

Una delle riflessioni da cui partono gli stilisti della green fashion è quella della scelta di materiali che prevedono l’utilizzo di materie prime provenienti da coltivazioni biologiche, fibre e tinture naturali a basso impatto ambientale. E così’, oltre al cotone e al lino, via libera a fibre naturali ottenute dalla lavorazione della canapa, del bambù o del mais.

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