Wise Society : Superare il digital divide per contrastare le disuguaglianze sociali

Superare il digital divide per contrastare le disuguaglianze sociali

di Lucia Fino
5 Maggio 2022

C’è qualcosa che crea una grande distanza fra uomini e donne, giovani e anziani, poveri e ricchi. È il gap digitale o digital divide, ovvero la possibilità di accedere e la capacità di usare le tecnologie dell’informazione. Una differenza e una distanza che, alla fine, non sono affatto “virtuali” perché si traducono, molto concretamente, in opportunità lavorative e sociali diverse, in salari più o meno alti e perfino in un contatto con il mondo difficoltoso e poco inclusivo. L’analfabetismo digitale in Italia è ancora molto presente: tanti non sanno come utilizzare internet, in tutte le sue forme, e moltissimi stentano anche a procurarsi gli strumenti “base” per poterlo fare. Qualcosa però sta cambiando e l’alfabetizzazione informatica è la nuova sfida che il nostro Paese sta per affrontare, anche con i fondi del PNRR per la transizione digitale.

Digital gap

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Cos’è il gap digitale?

Il divario digitale o gap digitale è una realtà ben presente in tutto il mondo e anche in Italia: è la distanza che esiste fra chi ha l’accesso a Internet e chi invece non può accedervi perché gli mancano i device (tablet, pc, smartphone) o una connessione valida o non ha le competenze necessarie per usare le tecnologie.

Di divario digitale si parla ormai da molti anni: la prima definizione di digital divide è del 1996 ed è assolutamente autorevole: la diedero l’allora presidente degli Sati Uniti Bill Clinton e il suo vice Al Gore, parlando del progetto di scolarizzazione K 12 Education. Da allora il problema del gap digitale si è ingigantito, di pari passo con l’evoluzione di internet e la sua diffusione globale. Insomma mentre il web prende spazio nelle nostre vite il gap digitale si allarga e si creano fasce sempre più ampie di persone “svantaggiate”.

Chi colpisce il divario digitale?

Quando si parla di divario digitale o di digital devide la conclusione (piuttosto amara) è sempre una: che finché esiste un gap digitale esistono degli “emarginati digitali” cioè persone che lavorano con più difficoltà, guadagnano meno, vivono peggio perché non riescono a inoltrare una richiesta telematica, firmare un documento, pagare una bolletta sul web. Insomma degli esclusi. Sicuramente il divario digitale ha molti aspetti e riguarda categorie diverse.

A creare digital divide può essere la provenienza geografica (e quindi conta dove si nasce e si vive), le differenze nel livello di istruzione, i problemi economici. Ma ci sono anche altre categorie “a rischio”: gli anziani, che spesso si ritrovano smarriti davanti a un PC e ancora, le donne, perché, tristemente, anche il gap digitale rientra in un più generale “gender gap” che penalizza le donne, soprattutto in campo lavorativo.

Gap digitale: digitale versus analogico

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Nativi digitali: chi sono e perché sono diversi

A fare da spartiacque fra il mondo “prima del web” e il mondo “dopo il web” ci sono loro, i nativi digitali. Ma chi sono i nativi digitali e perché sono diversi dalle generazioni che li hanno preceduti? La definizione di nativo digitale è dello scrittore americano Mark Prensky che già nel 2001 tracciava una linea di confine fra chi è venuto in contatto fin dalla nascita con le tecnologie e i device digitali ed è quindi a tutti gli effetti un “nativo” che non ha mai visto un mondo senza internet e gli altri, gli immigranti digitali che hanno conosciuto internet solo in età più adulta.

Idealmente la data di passaggio è il 1985: sono nativi digitali tutti quelli nati dopo la metà degli anni ’80. La differenza però per i sociologi è molto profonda anche a livello comportamentale. I nativi digitali sono molto portati al multitasking: chattano mentre parlano, ascoltano musica mentre scrivono, guardano un film ma nello stesso tempo seguono anche un video sui social. Sono naturalmente interattivi e multimediali. Tendenze comportamentali e modi di vivere, studiare e lavorare che diventano sempre più accentuati via via che si scende come età, fino ad arrivare alla generazione Z e alla generazione Alpha, quelle dei giovanissimi e addirittura dei bambini (con il tablet in mano fin dalla culla…).

Anziani e digital divide

In Italia l’alfabetizzazione informatica è sotto molti aspetti ancora tutta da portare a termine. Molti italiani ancora non sanno come utilizzare le potenzialità di internet, a partire dalla connessione che è ancora una realtà molto limitata: secondo l’ultimo rapporto di Auditel Censis 2,3 milioni di famiglie (il 10%) nel nostro Paese non sono ancora connesse e 7,2 milioni di famiglie (che rappresentano il 30%) si connette invece solo attraverso lo smartphone.

La povertà educativa e il digital devide in Italia sono ancora più forti se parliamo di anziani: è nella fascia di età più alta che saper usare i device elettronici e accedere nel modo giusto ai servizi informatici è ancora un miraggio. Gli ultimi dati Istat aggiornati al 2020 disegnavano un quadro sotto certi versi allarmante: il 67,4 delle famiglie formate da persone con più di 65 anni non sa usare internet, percentuale che sale all’82% quando l’età è più di 75 anni.

Secondo Eurostat il divario digitale peggiorerà con l’introduzione del 5G: il gap digitale degli anziani paradossalmente diventerà più esteso, tagliando fuori ancora più persone dalle nuove reti tecnologiche. Questo, però, vuol dire, scendendo nella quotidianità, che molte persone anziane stentano a padroneggiare da sole i servizi sociali di cui hanno bisogno. Oggi internet è una necessità non solo per videochiamare figli e nipoti (fra l’altro importantissimo se soltanto si pensa ai periodo di isolamento Covid) ma anche per fare la spesa online con meno fatica, controllare la propria posizione previdenziale, inoltrare richieste alle amministrazioni o chiedere un documento attraverso SPID. Per gli anziani è difficile accedere da soli a quella “vita virtuale” che alleggerisce e semplifica la vita reale. Per questo sono nate anche start up che danno una mano ai senior, mettendoli in contatto con le “giovani generazioni” che possono guidarli nel mondo di internet.

Gap digitale: un anziano e un bambino

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Alfabetizzazione informatica: perché è utile a tutte le età

Alfabetizzazione informatica vuol dire inclusione, nuove possibilità di vita sociale, opportunità lavorative. Superare l’analfabetismo informatico, colmare il gap digitale e vincere la povertà educativa è utile a tutte le età: per i più giovani per studiare meglio, utilizzando anche le piattaforme informatiche e gli strumenti multimediali che rendono più piacevole e più fruttuoso l’apprendimento (che si tratti delle lingue e o di una disciplina scientifica), alle persone adulte in età lavorativa per reggere il passo e superare il digital devide che li rende svantaggiati rispetto ai colleghi nativi digitali, agli anziani per poter utilizzare tutto quello che a loro serve nella vita di ogni giorno e per non rimanere isolati.

Una necessità recepita anche dal Consiglio dell’Unione Europea che il 9 ottobre 2020 il ha emanato un documento ufficiale per invitare gli Stati membri a facilitare l’accesso e l’uso dei servizi digitali (in particolare in ambito sociale e sanitario).

Gap digitale: il progetto per superarlo con i fondi del PNRR

Il nostro Governo ha un in mente un piano ambizioso (e su più livelli) per l’alfabetizzazione informatica che parte dalla digitalizzazione capillare della PA che è cominciata in era Covid con l’introduzione e la diffusione dell’identità digitale SPID e che continua con il progetto di mettere in rete le realtà locali, anche per agevolare il turismo e la fruizione dei beni culturali.

Il fondo Repubblica Digitale

Ma la novità che riguarda tutti è l’introduzione del fondo “Repubblica Digitale”, uno stanziamento di 350 milioni di euro per la formazione digitale e il superamento della povertà educativa in campo tecnologico e dell’analfabetismo informatico. Obiettivo raggiungere il target previsto dall’Europa e avere il 70% di cittadini digitalmente abili entro il 2026. Per realizzare questo progetto globale di alfabetizzazione informatica si prenderà esempio dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, selezionando progetti di formazione e inclusione digitale per i cittadini italiani che verranno finanziati tramite bandi a cui potranno partecipare soggetti pubblici, privati senza scopo di lucro e soggetti del Terzo settore, da soli o in partnership. Insomma un opera di educazione digitale che coinvolgerà singoli, famiglie, imprese. È questa la sfida per un futuro che sia sempre più connesso ma veramente inclusivo, aperto a tutti, senza distinzioni.

Lucia Fino

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