Il progetto del fondatore di Cuisine sans Frontière ha l'obiettivo di insegnare agli indigeni come attrarre i visitatori attraverso la cucina e di risolvere conflitti tra le comunità
Un battello-cucina dove imparare ad attrarre turisti e a risolvere conflitti. Questo battello cucina si trova a Quito, in Ecuador ed è l’ultimo progetto in ordine di tempo dell’infaticabile chef svizzero David Höner, fondatore di Cuisine sans Frontière, l’associazione umanitaria che offre a popolazioni in situazioni di precarietà alimentare la possibilità di ristabilire una cultura della pace e della condivisione attraverso il cibo.
Dopo aver girato il mondo in lungo e in largo e sperimentato i lavori più disparati, David Höner, 62 anni, vive ormai in Ecuador da 20 anni e ha acquisito una conoscenza profonda dello stile di vita e delle dinamiche relazionali delle popolazioni locali – da Kichwa ai Waorani, passando per gli Shuar, i Siona, i Secoya, e i Cofán. Il progetto “battello” ha un obiettivo importante: creare turismo sostenibile nella regione orientale dell’Ecuador proprio attraverso la cucina. Sulla sua cucina galleggiante, come raccontato in un articolo pubblicato su Swissinfo.ch 18 allievi Kichwa hanno appreso come attrarre visitatori stranieri (europei possibilmente) grazie al cibo dell’Amazzonia, ma anche cose più semplici come il dialogo di base in inglese e i segreti per calcolare i prezzi del menu.
Un progetto, quello di Höner, che vuole offrire agli indigeni un’alternativa attraverso l’ecoturismo comunitario, mira, soprattutto, a far acquisire alla popolazione un modo diverso di approcciarsi ai turisti, specialmente per quel che riguarda il cibo, facendo loro capire che anche la tipica cucina semplice (dai fagioli al riso), sfruttando le tante potenzialità della terra può diventare un’attrazione.
Il sogno di David Höner è quello di riuscire davvero a creare una regione turistica sostenibile gestita dagli stessi gruppi indigeni. Oltre al lavoro di formazione, al momento, Höner sta lavorando per mettere in piedi una rete di eco-residenze e alberghi dove gli allievi della cucina-battello potranno mettersi alla prova e cominciare a lavorare. Ma c’è di più: lo chef ha anche intenzione di aprire un centro per la gestione delle prenotazioni in modo che i progetti eco-turistici vengano direttamente proposti dalla gente locale e non cadano presto nella mani delle multinazionali. E per farlo, al momento, l’unica strategia veloce ed efficace pare sia un’accelerazione nella globalizzazione, perché, secondo lo chef, se gli indigeni non cercano di assecondare la globalizzazione, saranno praticamente spazzati via.
Turismo e pace, in questo progetto. Il battello, infatti, non è solo una “scuola” di economia sostenibile, ma anche un “ponte” di pace. Lo scopo dello chef svizzero è infatti anche quello di risolvere conflitti fra la gente dell’Oriente e per questo motivo lavora sempre con almeno due villaggi nello stesso momento. Appena un mese fa, ad esempio, ha organizzato un primo pranzo sul battello con i rappresentanti de gruppi indigeni Kichwa e Waorani.