Elettrica, connessa, condivisa, autonoma: mai come oggi si può parlare di mobilità sostenibile e intelligente. In questi ultimi dieci anni, lo sviluppo dell’emobility è ormai realtà. Ma lo stesso concetto di mobilità è cambiato drasticamente. Si parla sempre più di elettrificazione, di car sharing e persino la guida autonoma sta iniziando a prendere piede.
Nel frattempo sta diventando sempre più urgente la necessità di decarbonizzare il settore dei trasporti, tra i più energivori e impattanti dal punto di vista delle emissioni di gas climalteranti. Ecco che serve gestire al meglio le strategie di mobilità, non solo a livello cittadino, ma anche aziendale. Occorrono capacità, competenze e una abilità di leggere le tendenze in atto per farsi trovare pronti. In poche parole, servono mobility manager. Come farsi trovare pronti non solo a gestire la mobilità presente, ma conoscere anche le tendenze di quella del prossimo futuro, le cui indicazioni sono già attuali? A questo risponde il corso lanciato dal MIP Politecnico di Milano (Graduate School of Business) avviato a partire dal prossimo mese di maggio e che permette di acquisire gli strumenti e le competenze per ottenere la certificazione di mobility manager.
Identikit del mobility manager
Se vogliamo definire chi è il mobility manager, possiamo partire dalla sua attività: promuovere forme di “mobilità sostenibile, da un punto di vista ambientale, economico e sociale”, spiega il Ministero della Transizione ecologica. Non solo: il mobility manager si attiva per cambiare atteggiamenti e abitudini degli utenti.
Questa figura non solo è strategica, ma in certi ambiti è anche obbligatoria. Secondo il Decreto 12 maggio 2021 del MiTe, infatti, questa figura deve essere prevista per legge in tutte le città capoluogo di provincia o in quelle con oltre cinquantamila abitanti e nelle imprese con più di cento dipendenti che operano in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia o in un Comune con più di 50mila abitanti.
Come si possono affrontare le nuove sfide della mobilità presente e futura? «Di fronte alle mutate necessità ed evoluzioni del trasporto, pubblico e privato, il mobility manager deve possedere una visione olistica dell’impatto strategico ed organizzativo derivante dalla manifestazione dei trend abilitanti la smart mobility. A tal fine, è necessario possedere specifiche competenze manageriali, oltre che una profonda conoscenza dei trend emergenti nel settore della mobilità e delle opportunità connesse. In questo contesto in rapida evoluzione, la corretta gestione della mobilità delle persone e delle merci che caratterizzano un’azienda può rappresentare sempre più una fonte di vantaggio competitivo, in virtù dei suoi molteplici impatti dal punto di vista economico, sociale ed ambientale», spiega Simone Franzò, direttore del nuovo percorso di formazione, illustrando i motivi per cui iscriversi al corso.
Il percorso formativo
Il percorso formativo sulla gestione della mobilità sostenibile e intelligente inizia con un primo set di corsi introduttivi che mettono a fuoco cinque principali aspetti: emobility, idrogeno e i carburanti alternativi, mobilità as a service, veicoli connessi, veicoli a guida autonoma.
Nel primo caso si intende mettere a fuoco l’elettrificazione dei veicoli e l’infrastruttura di ricarica, cercando di comprendere le variabili tecnico-economiche, normative e di mercato. C’è poi l’aspetto della X-sharing, che comprende la mobilità “as-a-service” e l’integrazione della mobilità nel tessuto urbano. La mobilità a idrogeno e gli alternative fuels sono un’altra tematica da conoscere, anche per comprendere le opportunità connesse e le sfide per la decarbonizzazione dei trasporti. I veicoli connessi sono un tema decisamente smart: in questo caso si intende far comprendere il ruolo delle tecnologie digitali nel contesto della smart mobility. Infine, il futuro mobility manager conoscerà meglio i veicoli a guida autonoma e le modalità che porteranno al superamento dell’intervento umano nella conduzione di un veicolo. Seguono poi due specializzazioni alternative, una relativa ai modelli di business abilitanti la smart mobility (con particolare riferimento al trasporto di persone), una relativa alla logistica smart (con particolare focus sul last mile delivery).
Il futuro della mobilità è già sulla strada
Quando si parla di mobilità del domani occorre già guardare a quanto accade oggi. L’attualità mette in luce come l’emobility e il mercato delle auto elettriche sono un fenomeno in crescita sostanziale già da qualche anno. Seppure ancora con numeri di nicchia (a febbraio le immatricolazioni pure elettriche e ibride plug-in sono state 8.592, rispetto alle 111.262 auto endotermiche), il segmento BEV e PHEV è in crescita anche nell’ultimo mese monitorato, malgrado la situazione incentivi sia ferma e il contesto geo politico e i conseguenti rincari energetici hanno ulteriormente messo in difficoltà il segmento auto tradizionale.
In Europa, i veicoli elettrici rappresentano il 10% delle vendite di veicoli a motore. E poi ci sono i bus elettrici e a idrogeno e lo stimolo del PNRR. La Conferenza Unificata lo scorso dicembre ha approvato lo schema di decreto che assegna ai grandi Comuni 1,9 miliardi di euro per acquistare autobus ecologici elettrici o a idrogeno.
Oltre ai veicoli di proprietà e al trasporto pubblico locale va anche considerato che sempre più si tende a muoversi, specie nelle grandi città, con mezzi non di proprietà, contando su più opzioni e sulla possibilità – offerta dalla digitalizzazione – di avere sotto mano e con l’aiuto di uno smartphone la possibilità di disporre di diversi veicoli. Così è nato il concetto di mobility as a service e di X sharing per esprimere un nuovo modo di spostarsi. Un modo che segna uno spartiacque rispetto al passato, fatto di mezzo come proprietà personale: oggi la mobilità è sempre più condivisa e come servizio di cui usufruire a seconda delle necessità.
Tra mobility manager e auto a guida autonoma
Il futuro si prefigura con l’avvento delle auto connesse e a guida autonoma. Nel primo caso già oggi le connected car sono un mercato in piena crescita. Un esempio: Carlos Tavares, l’amministratore delegato di Stellantis – la quarta più grande casa automobilistica del mondo – prevede di avere 34 milioni di veicoli connessi per il 2030, ma già oggi ne conta su 12 milioni. Non solo: l’azienda attualmente genera 400 milioni di euro all’anno dai servizi connessi all’auto.
Nel caso delle auto a guida autonoma, già nel 2018 in Italia è stato emanato il Decreto Smart Road per incentivare lo sviluppo di infrastrutture dove potessero circolare, in modo sperimentale, le self driving car. E ultimamente è stata autorizzata, per la prima volta in Italia, la sperimentazione di una flotta di navette a guida autonoma su strada a Torino, su un percorso di 5 km. Tutto questo è possibile grazie a “Sperimentazione Italia” che permette a startup, imprese, università e centri di ricerca di sperimentare un proprio progetto innovativo, per un periodo limitato di tempo attraverso una deroga temporanea alle norme vigenti.
Andrea Ballocchi