La giustizia climatica passa anche per le aule dei tribunali di tutto il mondo, e il diritto all'ambiente sta trovando nuovi modi per esprimersi con l'obiettivo di salvaguardare il Pianeta e il futuro dell'umanità
I contenziosi climatici o climate litigations sono un modo alternativo e nuovo per difendere in prima persona l’ambiente, combattere il cambiamento climatico e porre le premesse per leggi che difendano i cittadini ma anche l’aria che respirano, il paesaggio, il verde pubblico e l’acqua (risorsa comune sempre più preziosa). La partita per il Pianeta questa volta si gioca in tribunale: le cause legali vedono da una parte gruppi di persone e associazioni che si battono per l’ambiente e dall’altra imprese e Governi. Le climate litigations, la giustizia climatica e il diritto dell’ambiente saranno sempre più importanti in futuro: vediamo come e perché.
Climate litigation: sempre di più in tutto il mondo
Di climate litigations e di giustizia climatica si parla (soprattutto all’estero) già dalla fine degli anni’80 ma è dal 2015, anno dell’Accordo di Parigi (il trattato internazionale stipulato tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che le cause legali di questo tipo si sono moltiplicate in tutto il mondo fino a raddoppiarsi rispetto al periodo precedente. Secondo i dati provenienti dal database Climate Change Laws of the World (Cclw), gestito dal Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment, ripresi dai rapporti annuali della London School of Economics (LSE), sono attualmente in corso climate litigations in ben 39 Paesi, presso 13 tribunali internazionali o regionali. Il diritto dell’ambiente sta trovando quindi nuovi modi per esprimersi.
Cosa sono i contenziosi climatici e il diritto dell’ambiente
Secondo l’analisi di LSE, molti dei contenziosi climatici recenti riguardano il rispetto degli Accordi di Parigi e nascono con intenti strategici, ovvero che i governi rispettino gli impegni vincolanti presi sul clima a livello internazionale. Altre climate litigations chiamano in giudizio aziende private anche solo per la comunicazione insufficiente o inappropriata che hanno avuto sul cambiamento climatico e cercano di guidare i mercati finanziari e le imprese verso strategie più virtuose di prevenzione e mitigazione dei danni climatici.
Ci sono anche cause legali climatiche che partono dalla difesa di un diritto umano come il diritto alla vita o alla libertà di parola, quando questi vengono messi in pericolo dall’inquinamento, dalle calamità provocate dall’uomo o dal mancato accesso alle informazioni ambientali.
Infine in diverse climate litigations i ricorrenti cercano argomenti legali per chiamare i governi e le aziende a rispondere del loro contributo (in negativo) al cambiamento climatico. Anche lo Stato italiano è stato citato con l’accusa di inadempienza climatica dopo la campagna “Giudizio Universale”, che ha raccolto le firme di 203 ricorrenti e di 24 diverse associazioni: la prima udienza del processo si è tenuta nel dicembre dello scorso anno e la causa è tuttora in corso.
Quanto sono efficaci le cause legali climatiche
Ma le cause legali climatiche quante probabilità hanno di risolversi con una vittoria per il clima? Non poche. Sempre secondo quando riportato dal Climate Change Laws of the World il 58 % dei contenziosi climatici ha avuto esito positivo per i ricorrenti. Senza contare gli effetti indiretti, ma importanti, che le cause legali climatiche hanno sulle politiche degli Stati, anche a livello di nuove leggi, e sulle decisioni delle aziende in tema di misure a salvaguardia dell’ambiente.
Climate litigations: i casi più famosi
Dal 2015 in poi le climate litigations si sono moltiplicate in tutti i paesi del mondo: questa data non è casuale, il 2015 è l’anno dell’Accordo di Parigi sul clima, legato alla COP21, il primo a imporre obblighi legali ai Paesi firmatari. Solo alcuni mesi dopo, infatti, la fondazione Urgenda si è fatta promotrice di un contenzioso climatico nei confronti dei Paesi Bassi: obiettivo chiedere al governo di ridurre del 25% le emissioni di gas serra fino al 2020. La causa, vinta anche in Corte d’Appello, è stato un esempio positivo che ha segnato il passo per iniziative simili, successive, in altri Paesi Europei.
Nel 2017 è stata la volta dell’Irlanda con la causa climatica promossa da Friends of the Irish Environment, anche questa vittoriosa, che ha costretto lo stato irlandese a promulgare una nuova e più severa legge sulle emissioni inquinanti. Anche il Belgio, dopo ben 6 anni di battaglie in tribunale, è stato costretto ad ammettere che le sue leggi climatiche attuali non sono del tutto efficaci nel proteggere il diritto alla vita sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in prima persona è attualmente coinvolta in ben 8 cause climatiche e di queste quelle promosse da Svizzera, Portogallo e Norvegia sono già in fase avanzata. Da queste sentenze, come ha precisato il Presidente della Corte, si potrà anche evidenziare se la Convenzione Europea dei Diritti Umani è uno strumento giuridico in grado di garantire il diritto a un ambiente sano oppure se invece si dovrà pensare a un nuovo e più efficace protocollo sull’argomento, come chiesto già nel 2021 dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Più variegata la situazione dei contenziosi climatici negli Stati Uniti d’America: solo nel 2020 erano più di mille le cause climatiche avviate nei diversi Stati, fra cui quella che vedeva il Connecticut contro la compagnia petrolifera ExxonMobile Corp. Negli USA le leggi che vengono invocate per difendere il diritto di Stati e cittadini a un ambiente sano sono diverse: il NEPA (The National Environmental Protection Act), il Clean Air Act e l’Endangered Species Act. Quest’ultimo, proprio perché prende in considerazione le specie animali messe in pericolo dal cambiamento climatico, si è rivelato uno strumento molto flessibile e in continua evoluzione.
Lucia Fino