Wise Society : Chi sono i più felici del mondo?

Chi sono i più felici del mondo?

di Fabio Di Todaro
27 Aprile 2015

Secondo il rapporto annuale ONU Svizzera, Islanda e Danimarca. Ma per raggiungere la felicità è necessario mettere al centro i bambini.

L’ha spuntata la Svizzera, seguita da Islanda e Danimarca. Quarta la Norvegia, quinto il Canada e sesta la Finlandia. Non è la classifica di un mondiale a squadre di sci alpino, bensì l’ordine di arrivo nella speciale graduatoria dei Paesi più felici nel mondo. A stilarla, per la terza volta, è stata l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu). In una scala di valutazione da zero a dieci, soltanto cinquantesima s’è piazzata l’Italia (5,95). Il documento parte da un assunto: non basta avere il prodotto interno lordo più alto per essere in cima alla lista dei Paesi più felici.

SE L’ESEMPIO ARRIVA DAL BUTHAN – Il World Happiness Report, voluto per permettere alla felicità di diventare un indice di progresso sociale, è un’iniziativa che coinvolge esperti mondiali in diversi campi: dall’economia alla psicologia, dalla salute all’ordine pubblico. Obiettivo: descrivere come la felicità possa essere efficace nella valutazione del progresso di una nazione. Nata tre anni fa, l’iniziativa riprende il concetto di felicità interna lorda (Fil) introdotto agli inizi degli anni ’70 dal Re del Buthan. Nello Stato posto tra Cina e India, gli indicatori della qualità di vita della nazione sono la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione e la ricchezza dei rapporti sociali. Chi ha ideato questo indice, contrario al cinismo capitalistico, lo ha fatto perché convinto che il progresso passi anche dalla tutela ambientale, dal miglioramento dell’istruzione e dallo sviluppo delle comunità locali. La fede nel buddismo ha fatto il resto. Ripete sovente il Dalai Lama: «Il fine della nostra vita è superare la sofferenza e raggiungere la felicità, intesa come qualcosa di duraturo che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza».

LA CLASSIFICA – L’ultimo rapporto giunge in un anno particolare. Nel 2015, infatti, prenderà forma l’agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile, «un processo intergovernativo trasparente e aperto a tutte le parti interessate, finalizzato all’individuazione di obiettivi di sviluppo a livello mondiale» che saranno concordati nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in programma a New York dal 25 al 27 settembre. Due i temi “forti”: l’eliminazione delle disuguaglianze sociali e l’adozione di comportamenti mirati a rallentare le evoluzioni del clima sul pianeta. Si ripartirà anche da questo documento, che bolla come infelici i Paesi da tempo alle prese con una recessione economica: dalla Spagna (36esima) all’Italia (cinquantesima), dalla Grecia (102esima) all’Egitto (135esimo). In Europa se la passano meglio Gran Bretagna (ventunesima), Germania (26esima) e Francia (29esima). Nemmeno gli Stati Uniti sono nella top ten: quindicesimi. Tra i Paesi in fondo alla classifica, otto su dieci si trovano nell’Africa sub-sahariana: Ruanda, Benin, Siria, Burundi e il fanali nodi cosa Togo. «Se l’obiettivo della politica è quello di aumentare la felicità della popolazione, chi ne è responsabile dovrà rivalutare il loro operato. Un approccio che miri a valutare il grado di soddisfacimento dei cittadini in base agli investimenti sostenuti ridurrà i problemi esistenti nei Paesi in cui il denaro finora è stato l’unica misura del beneficio», scrivono gli esperti nel capitolo 4 dell’ampio dossier.

AL CENTRO I BAMBINI – Fondamentale, per favorire questa svolta, è una nuova educazione per i più piccoli del pianeta, pari a un terzo della popolazione mondiale. Il futuro del pianeta è nelle loro mani e, se come molti studi mostrano, lo sviluppo emotivo – più di quello comportamentali e dei risultati scolastici – è quello che incide di più sulla vita del futuro adulto, occorrerà ridurre la quota di duecento milioni di bambini che soffrono di disturbi mentali, nel mondo. Per avere un mondo più felice, è necessario innanzitutto puntare al benessere dei più piccoli.

Twitter @fabioditodaro

 

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