Un viaggio tra i celeberrimi versi della Divina Commedia, alla scoperta dei luoghi che l’hanno ispirata: tra città d’arte, paesaggi suggestivi e itinerari dell’anima, sulle tracce del “pellegrino smarrito”.
Dal 2020, il 25 marzo si festeggia il Dantedì – la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. Quale miglior modo di celebrare la data d’inizio del viaggio nell’Aldilà raccontato nella Divina Commedia, se non parlando del Cammino tra i sentieri e le vie plausibilmente percorse dal Sommo Poeta ai tempi del suo esilio, periodo in cui terminò la celeberrima opera? Si tratta del percorso che già nel basso Medioevo univa Firenze, città natale di Dante, con la bizantina Ravenna, dove morì: alcuni tratti coincidono con antiche strade etrusco-romane, altre sono più recenti, necessari raccordi tra i vari punti d’interesse. Le vie di Dante si sviluppano attraverso un anello di circa 400 chilometri, per un totale di 21 tappe fisse, i cui due estremi sono rappresentati dalla Tomba di Dante a Ravenna, e il Museo Casa di Dante a Firenze. E allora andiamo a scoprire di più sul cosiddetto Cammino di Dante.
Le vie del Dante esule, tra Toscana e Romagna
Sappiamo che durante l’esilio il “pellegrino smarrito” girovagò tra il Casentino, la Lunigiana, la Romagna, visitò Verona – “lo primo refugio” – Forlì, Bologna, Padova, fino ad approdare a Ravenna dove terminò la Divina Commedia sotto la protezione di Guido Novello da Polenta, discendente di quel Guido il Vecchio che fu il padre di Francesca.
Il Cammino di Dante per ovvie ragioni logistiche non può toccare tutte le città in cui Dante girovagò esule, ma ripercorre comunque territori e luoghi che hanno in qualche modo influenzato il poeta durante la sua vita, rappresentando anche un viaggio nell’anima. L’itinerario si snoda quindi attraverso luoghi citati nella Commedia, o dove il Poeta visse durante gli anni in cui provò “come sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.”
Le vie di Dante, un viaggio dell’anima
Il Cammino di Dante non è solo un percorso di trekking, ma anche un percorso culturale, artistico, filosofico e spirituale tra Ravenna e Firenze. La Divina Commedia trova corpo tra queste strade: i suoi personaggi così ricchi di umanità sono stati ispirati da questi luoghi, in questa dimensione intrisa di fauna, castelli, paesaggi, e dei dubbi che ogni uomo si pone nel proprio cammino.
Attraverso il Cammino di Dante si possono riscoprire i meravigliosi paesaggi della Romagna e del Casentino, rivivere i fasti dei Conti Guidi e dei loro castelli ricchi di storia e di misteri, ci si bagna nelle acque dolci e limpide dell’Acquacheta, ammirando la maestosa e sconosciuta bellezza delle foreste Casentinesi e respirando l’aria fresca e tersa dei suoi eremi.
Le tappe del Cammino di Dante: da Ravenna a Firenze, andata e ritorno
Il percorso comincia idealmente dalla fine perché di Ravenna è l’associazione no-profit – costituita da appassionati di trekking e studiosi della Divina Commedia – che ha dato vita nel 2012 a questo poetico cammino, individuando le antiche strade medievali e al contempo i luoghi tra Romagna e Toscana che contengono rimandi a Dante e alla sua Opera.
Naturalmente è possibile anche partire da Firenze, ma la particolarità di questo percorso è che è puntellato da pannelli tematici che riportano la parafrasi dei versi dei 100 canti danteschi, adornati dalle suggestive illustrazioni di Gustave Doré, pittore e incisore francese dell’‘800 che con la sua straordinaria opera ha di fatto avuto una notevole influenza sul nostro modo di figurarci i personaggi della Commedia.
È così possibile camminare in totale immersione tra il Mugello, il Casentino e l’Appennino Tosco-Romagnolo, senza il rischio di “smarrirsi” nella “selva oscura”, ma seguendo la tipica segnaletica bianca e rossa, arricchita per l’occasione con le iniziali CD (Cammino Dante), alla ricerca di suggestioni letterarie e guidati dalle parole del Poeta: da Ravenna a Firenze, nella prima parte del viaggio, si troveranno quindi i canti dell’Inferno, da Firenze a Forlì quelli del Purgatorio e da Forlì a Ravenna il Paradiso.
Qui non tratteremo tutti i dettagli del percorso, ma solo i passaggi a nostro avviso più interessanti, per i loro legami col nostro celebre “pellegrino”.
Ravenna: prima tappa tra la Tomba di Dante e la casa natale di Francesca
Ravenna rappresenta l’ultimo rifugio di Dante, punto di partenza e di arrivo del cammino. Qui il Sommo Poeta terminò la terza cantica, prima che la malaria contratta tra le paludi del delta del Po lo stroncasse nel 1321. Il viaggio comincia proprio dalla Tomba di Dante, un sepolcro in stile neoclassico, per poi visitare il Museo di Dante, a pochi passi di distanza, e la Basilica di San Francesco, sede del rinnovato centro didattico dantesco dei frati minori: il Poeta era solito frequentare questa chiesa, tanto che qui vennero celebrate le sue esequie.
Tra i numerosi luoghi danteschi della città, sicuramente è da non perdere la “Casa dei Polentani” dove pare sia nata quella Francesca protagonista del tragico amore con Paolo Malatesta, raccontato in uno dei più famosi e amati canti dell’Inferno. E tra quei versi c’è forse una delle più belle descrizioni del delta del Po: “Siede la terra dove nata fui su la marina dove ’l Po discende per aver pace co’ seguaci sui”.
Sempre in città, meritano forse più di una visita i famosi mosaici ravennati, dislocati in diverse basiliche e chiese, che sicuramente Dante vide e che sicuramente sono stati fonte di ispirazione per la stesura della Commedia. Tra le raffigurazioni che si possono riconoscere più facilmente nel testo dantesco, c’è sicuramente il mosaico dell’abside di Sant’Apollinare in Classe: un grande disco gemmato contiene un cielo trapuntato di 99 stelle d’oro e una croce gemmata, al cui centro si trova il viso di Cristo, che sembra proprio lo stesso del Canto XIV del Paradiso, dove le anime accolgono il pellegrino disponendosi a croce, e al centro campeggia Cristo: “ché quella croce lampeggiava Cristo”. Oppure le due cupole dei famosi battisteri, il Neoniano e quello degli Ariani, dove sono raffigurati i dodici apostoli in cerchio, che tanto ricordano la corona di dodici anime nel Paradiso X che circondano il Poeta e Beatrice. Senza poi dimenticare il ruolo di spicco che l’imperatore Giustiniano ha avuto nel Paradiso VI, il Canto politico della terza Cantica: impossibile credere che Dante non stesse pensando al ritratto musivo dell’imperatore nella Basilica di San Vitale mentre descriveva l’incontro.
Ma anche per il XXIX Canto del Purgatorio, dove Dante scrive di una grande processione che anticipa l’arrivo della sua amata Beatrice nel Paradiso Terrestre, di certo i mosaici bizantini gli sono venuti in soccorso per descrivere l’immagine dei ventiquattro signori vestiti di bianco coronati di fiordaliso. Come non pensare a Sant’Apollinare Nuovo ed alla sua processione di vergini e santi?! Leggere i versi danteschi guardando queste opere d’arte così luminose e perfette vale da solo il viaggio a Ravenna.
Pineta di Classe e la quercia sotto le cui fronde Dante si riposava assorto
A sud di Ravenna, nel Parco del Delta del Po, si trova la Pineta di Classe, “divina foresta spessa e viva” evocata da Dante nel XXVIII canto del Purgatorio: “Tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su ‘l lito di Chiassi, quand’Eolo scilocco fuor discioglie.”
Qui è possibile percorrere, a piedi o in bici, un ulteriore itinerario ad anello di circa 25 chilometri. Pare che Dante amasse passeggiare in questa pineta, tanto che esiste un punto particolare, noto come il “tondo di Dante”, con un vecchio tronco morto che si suppone possa essere stato un tempo la giovane quercia sotto la quale il Poeta amava riposare e magari pensare e progettare la parte finale della sua opera.
Brisighella, fondata da Maghinardo Pagani “che muta parte da la state al verno”
Brisighella è uno dei borghi più belli d’Italia, incastonato nel Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola. Le sue origini risalgono al XIII secolo, quando Maghinardo Pagani, signore di queste terre, fece costruire una torre di difesa per controllare i passaggi e i commerci dalla Romagna ghibellina verso la Firenze guelfa.
Le strade di Maghinardo e Dante si intrecciano quando entrambi presero parte alla battaglia di Campaldino del 1289. Il Poeta non apprezzava il fatto che il signore di Imola e Faenza tenesse di fatto due piedi in una scarpa, tanto da professarsi guelfo in Toscana e ghibellino in Romagna e per questo lo cita, senza nominarlo espressamente, come – cattivo – esempio nel XXVII Canto dell’Inferno, dove sono puniti i consiglieri fraudolenti, proprio per la sua abitudine a cambiare spesso le sue alleanze: “che muta parte da la state al verno”.
A lui si riferirà tra gli altri, sempre in modo per nulla lusinghiero, anche nel Purgatorio XIV, per bocca di Guido del Duca, gentiluomo romagnolo, che rimpiange gli antichi nobili della sua terra, i cui eredi, contemporanei di Dante, sono malvagi e viziosi.
Faenza: terra di dannati e santi
Altra tappa molto importante del Cammino di Dante è sicuramente Faenza: una delle città più note a Dante, di cui cita molti personaggi o in qualche modo ad essa collegati.
Tebaldello Zambrasi, appartenente a una famiglia ghibellina: lo troviamo in fondo, nell’Inferno XXXII, tra i traditori della patria, accusato di aver aperto a tradimento le porte della città (“ch’aprì Faenza quando si dormia”) ai bolognesi della famiglia Geremei e i loro alleati guelfi, permettendo loro di fare strage di ghibellini.
Frate Alberigo Manfredi, uno dei capi di parte guelfa di Faenza, l’ultimo dannato con cui parla Dante, condannato nel lago ghiacciato di Cocito per aver perpetrato col figlio e il nipote la strage del Pieve di Cesato, durante la quale fece trucidare due suoi parenti con cui era in profondo disaccordo e che aveva invitato a casa propria per un pranzo rappacificatore. Dopo la strage il Manfredi si rifugiò nel Castello di Oriolo, ad Oriolo dei Fichi, visitabile lungo il cammino.
Anche nel Purgatorio XIV vengono evocati alcuni romagnoli, di cui quattro sono in qualche modo ricollegabili a Faenza. Infine nel Paradiso XXI Dante incontra San Pier Damiani, che nacque a Ravenna ma morì a Faenza, dove aveva compiuto gli studi e dove è stato sepolto. Ai tempi di Dante le sue spoglie riposavano in Santa Maria Vecchia, mentre oggi da circa un secolo sono state spostate in Duomo.
Monte Romano e l’Osservatorio astronomico: “e quindi uscimmo a riveder le stelle”
Una tappa molto suggestiva è certamente quella di Monte Romano che, dai suoi 705 metri di altitudine, offre viste straordinarie sulle valli dell’Appennino Romagnolo, ma non solo: è infatti possibile accedere all’Osservatorio Astronomico e, come Dante, uscire “a riveder le stelle”. Un rapporto molto stretto quello del Poeta con gli astri: basti pensare che “stelle” è l’ultima parola utilizzata in tutte e tre le cantiche.
La Cascata dell’Acquacheta e il frastuono infernale della cascata del Flegetonte
Proseguendo lungo il Cammino di Dante si arriva a San Benedetto, paese di origini antichissime che sorge nel punto in cui confluiscono i fossi dell’Acquacheta, Troncalosso e Rio Destro. Nel Canto di Ulisse (Inferno XXVI), Dante paragona il fragore della cascata dell’Acquacheta nei periodi di piena – “rimbomba là sovra San Benedetto dell’Alpe” – con i rumori assordanti della cascata del Flegetonte, il fiume infernale che separa il settimo dall’ottavo cerchio: “così (…) trovammo risonar quell’acqua tinta, sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa”.
Quasi certamente Dante fu ospitato, durante l’esilio, nell’antico eremo dei Romiti e in seguito presso il monastero benedettino, lungo il percorso che porta allo spettacolare belvedere che apre sulla cascata, ma è molto probabile che conoscesse già queste zone, per averle visitate da turista, in tempi antecedenti alla stesura della prima Cantica.
Il Ponte del Cicaleto e il Dante Ghibellino
Proseguendo lungo le vie di Dante, si giunge a San Godenzo dove si trova il Ponte del Cicaleto, che fu testimone del passaggio dell’illustre viandante, che qui passò per incontrare i Ghibellini. Il ponte mantiene tutt’ora l’aspetto originario: una sola arcata ribassata in pietra, con vertice leggermente acuto. A San Godenzo, ormai da più di 30 anni, si celebra nella prima metà di luglio la rievocazione storica del Dante “Ghibellino”, che ricorda il convegno delle nobili famiglie cacciate da Firenze, tra guelfi bianchi e ghibellini, nell’Abbazia di San Godenzo nel giugno del 1302, dove le due fazioni meditarono vendetta e tramarono per tornare in patria. Pare inoltre che Dante si ispirò proprio a questa zona per la sua famosa “selva oscura”.
Pontassieve e l’amore di Dante per Beatrice
Durante gli anni della gioventù pare che Dante abbia trascorso molto tempo nelle colline intorno a Firenze. Uno dei posti che particolarmente amava era la tenuta della sua famiglia a Pagnolle, nelle colline intorno Pontassieve. E pare che proprio la sua chiesa parrocchiale sia stato lo scenario in cui ci fu il famoso incrocio di sguardi all’uscita della messa, di una delle storie d’amore più famose al mondo, quella di Dante e Beatrice. La chiesa di San Miniato a Pagnolle si trova a circa trecento metri dalla Villa della famiglia Portinari e a circa cinquecento dal “resede” degli Alighieri.
Tappa nella Firenze ai tempi di Dante
Siamo finalmente giunti a Firenze, città natale di Dante che pullula di targhe con i suoi versi immortali. Quando il Poeta passeggiava per queste vie, il centro era il Battistero di San Giovanni e Santa Maria del Fiore non esisteva ancora: il cantiere è stato aperto quando Dante era giovane e sicuramente lui avrà visto i lavori iniziali. In centro si può cercare il “sasso di Dante”: la leggenda narra che il Sommo Poeta era solito venire qui a pensare, e magari a guardare l’avanzamento di lavori della cattedrale.
Tra l’attuale piazza della Signoria e Santa Maria del Fiore ci sono tutti i luoghi in cui è cresciuto: la torre dove passò due mesi per adempiere ai suoi doveri di priore; la Torre dei Donati, una delle famiglie più importanti di Firenze, a cui apparteneva anche la moglie del poeta; la sua casa, che ora non c’è più, ma che viene ricordata da una targa con i famosi versi dell’Inferno XXIII: “Io fui nato e cresciuto sovra il bel fiume d’Arno alla gran villa”.
In sostituzione, esiste una finta casa di Dante che è stata ricostruita agli inizi del ‘900 secondo le caratteristiche architettoniche medievali e dove ora è possibile visitare il Museo di Dante.
La chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, detta Chiesa di Beatrice, è famosa per essere stata luogo di sepoltura della famiglia Portinari, ma è molto probabile che le spoglie della donna angelicata non siano qui. Invece qui, molto probabilmente, Dante sposò Gemma Donati. Vicino alla chiesa, c’erano sia la casa di Dante, sia la residenza della famiglia Portinari.
Dante non ha visto il Palazzo Vecchio, ma prima che nascesse, in piazza della Signoria c’era la casa della famiglia degli Uberti, di quel Farinata incontrato tra gli eretici epicurei dell’Inferno X che, ghibellino, ebbe un ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi da Firenze. Gli Uberti furono poi esiliati e le loro case vennero distrutte e Dante bambino deve aver visto quelle macerie per molto tempo. Quando il Poeta aveva 18 anni, i corpi di Farinata e di sua moglie vennero riesumati e sottoposti a processo postumo con l’accusa di eresia: per questo Dante lo colloca tra coloro che “l’anima col corpo morta fanno”, cioè che non credono nell’immortalità dell’anima.
Dal Ponte Santa Trinita è possibile ammirare il Ponte Vecchio in tutta la sua magnificenza, ma non è questo l’unico motivo per cui vale la pena passare da qui: questo è il ponte su cui il pittore preraffaellita Henry Holiday ha immaginato si siano incontrati da giovani Dante e Beatrice e, che sia vero o no, quel quadro, con Dante con la mano sul cuore a indicare una forte emozione, è impresso nella memoria di tutti.
Proseguendo oltre il ponte Vecchio si incrocia la casa dei Bardi, a cui appartiene quel Simone de’ Bardi, sposo di Beatrice, nonché uno degli uomini più influenti della città. Prima di loro nel 1211 qui passò Francesco D’Assisi, figura fondamentale nella vita di Dante e nella stesura della Commedia. Si arriva infine in Piazza Santa Croce: qui, nella chiesa omonima, nel cui chiostro probabilmente è sepolta Beatrice, c’è un sepolcro dedicato a Dante, rimasto vuoto, e, sulla piazza, il famoso monumento dall’aria corrucciata dedicato al Sommo Poeta.
Informazioni pratiche sul Cammino di Dante: costi e dove dormire
Il periodo migliore per intraprendere il Cammino di Dante è sicuramente quello che va da maggio fino a ottobre, per non avere problemi legati al cattivo tempo. Con una spesa irrisoria è possibile tesserarsi e ricevere la mappa e la Credenziale del Cammino, cioè il passaporto tramite il quale il viandante potrà usufruire degli sconti e delle agevolazioni nei rifugi e nei punti di ristoro danteschi convenzionati. È consigliabile prenotare 2 o 3 settimane prima di partire (2 mesi prima se si intende intraprendere il cammino tra luglio e agosto) in quanto i posti disponibili presso le strutture ricettive sono limitati.
Paola Greco