Il gesuita padre Fabrizio Valletti ci racconta l'attività del Centro che si è aggiudicato i 50.000 euro del premio "Nati per proteggere"
Alberto Hurtado non è uno di quei santi di cui si sente parlare spesso in Italia. Al gesuita cileno, che ha dedicato la sua vita a sostenere le fasce più deboli della sua popolazione, canonizzato nel 2005 da papa Benedetto XVI, è intitolato a Scampia il Centro di formazione culturale e professionale diretto da padre Fabrizio Valletti che si è aggiudicato i 50.000 euro del concorso “Nati per proteggere” di Axa Italia. «Il lavoro di Alberto Hurtado che s’è ispirato al Vangelo per ridare dignità alla gente attraverso iniziative di edilizia popolare e progetti lavorativi per noi è stato un modello», racconta padre Fabrizio che utilizzerà il premio, alla cui assegnazione hanno concorso 351 progetti, «per rendere ancora più feconda l’attività produttiva dei laboratori di sartoria, cartotecnica e restauro del libro antico della Cooperativa La Roccia che operano nel nostro Centro».
IL CENTRO HURTADO – Fondato nel 2005 il “Centro Hurtado” di Scampia prende le mosse dall’affidamento da parte del Comune di Napoli di uno spazio di 600 metri quadri ai padri Gesuiti che già da qualche anno operavano nel difficile quartiere partenopeo tristemente noto per le faide di camorra, lo spaccio di stupefacenti e altre storie di criminalità. «Oggi nel laboratorio di legatoria lavorano tre artigiani che abbiamo formato con un corso biennale finanziato dalla Fondazione Vodafone che ci ha aiutato anche nell’acquisto dei macchinari. Nella sartoria, invece, lavorano sei persone con l’ausilio di altre nei maggiori periodi di produzione, a loro si affianca chi lavora in amministrazione e nella gestione delle vendite. Non è molto – osserva il religioso -, ma è tantissimo a Scampia dove non esistono altre attività commerciali».
SCAMPIA STA CAMBIANDO? – «Purtroppo nulla è cambiato nella sostanza. Le attività del quartiere, in assenza di altro, rimangono sempre le stesse: droga, estorsione, contrabbando – ammette padre Valletti -. Di sicuro qualcosa sta cambiando nella forma perché l’attività repressiva delle forze dell’ordine si fa sentire. Di diverso c’è la costante attività delle associazioni di ispirazione religiosa e laica che operano a Scampia e favoriscono altri tipi di modelli di aggregazione». Questi ultimi, però, continua il gesuita non possono eliminare fenomeni come l’abbandono scolastico e l’emigrazione dei giovani. «A Scampia c’è una forte dispersione scolastica e una grande percentuale di giovani che abbandonano gli studi. Questo crea una fascia consistente di ragazzi che rimangono fuori dal mercato del lavoro ai quali fanno da contraltare quelli che, essendo riusciti invece a conseguire una qualifica da spendere, lasciano Scampia».
LA CULTURA A SCAMPIA – «Allenare la gente di Scampia alla cultura, alla legalità, mettere a disposizione dei bambini un luogo per fare i compiti, abituarli alla lettura, al rispetto degli altri è fondamentale in un quartiere come questo nel quale il 90% degli uomini che vi abitavano sono in galera», dice Serena Gaudino, responsabile delle attività culturali del Centro Hurtado e autrice del libro “Antigone a Scampia”. «Libro che – spiega la giornalista/scrittrice e musicologa – racconta la realtà delle donne del quartiere, nello stesso tempo vittime e carnefici, attraverso una lettura collettiva del mito di Antigone, ma che non ho mai presentato a Scampia perché accusata di portare discredito al quartiere». Ciononostante questo non ha impedito a Serena Gaudino di continuare a impegnarsi. Al Centro Hurtado c’è un caffè letterario, un doposcuola, un’aula di informatica, una biblioteca e un’attività musicale gestiti da Aquas, l’Associazione Animazione Quartiere Scampia. A questi si aggiunge il lavoro dell’Agesci con il gruppo scout.
SCAMPIA E NAPOLI – Esiste un ponte tra Napoli e Scampia? «Stiamo cercando di sperimentarlo facendo crescere l’attenzione per la valorizzazione delle attività del Centro Hurtado», dice ancora padre Valletti alla costante ricerca di risorse economiche. «È importante – continua – sensibilizzare chi può contribuire alla responsabilità sociale di sollevare le periferie dal disagio. Ci siamo rivolti anche alle forze militari molto presenti a Napoli coinvolgendoli in alcune iniziative. Quello che manca, invece, a Scampia come in altri quartieri disagiati, è un investimento per lo sviluppo di attività produttive al quale, per esempio, l’Università di Napoli potrebbe dare un contributo». A fare male a padre Fabrizio, abituato all’opposizione in qualsiasi attività nella quale si era impegnato, è «il disinteresse da parte di chi dovrebbe, anche solo per vocazione, della dignità dell’uomo che nel lavoro esprime il meglio della propria natura. Probabilmente sia da parte degli intellettuali, sia dalle comunità cristiane – conclude – ci vorrebbe una maggiore coscienza che l’uomo se non lavora non è uomo».