Un armadio sostenibile passa attraverso alcune regole che allungano la vita dei nostri abiti preferiti e soprattutto aiutano a conciliare l’amore per per la moda con un’attitudine eco-friendly. Oggi le tentazioni di comprare anche quello che non ci serve si sono moltiplicate: se prima c’erano solo i classici saldi che si “bruciavano” in pochi giorni, adesso troviamo mille offerte online, molte all’insegna del fast fashion usa e getta.
Armadio sostenibile con la regola delle 7R
La moda però è uno dei settori più discussi per l’enorme impatto che ha sulle risorse (acqua, energia, materie prime animali e non) e per la produzione di materiali di scarto, che ne fanno una delle industrie più inquinanti. La guida, facile, semplice e divertente per conciliare voglia di moda e rispetto dell’ambiente arriva dalla regola delle 7R, un mini-decalogo messo a punto dall’organizzazione canadese Fashion Takes Action e che si può provare a mettere in pratica, punto per punto.
Riduci
La prima regola: ridurre. Questo vuol dire non cedere all’acquisto compulsivo e quindi all’impulso di comprare molti capi, spesso mediocri. Il consiglio è di privilegiare la qualità: l’ideale è un capo che duri a lungo, di buona fattura e che si possa davvero mettere molte volte. Ognuno ha il suo stile ma secondo le “closet organizer” (moltissime da seguire anche su Instagram) ci sono alcuni capi che non devono mancare: gonne e pantaloni facilmente abbinabili, jeans (pochi), maglioni e camicie basic e cappotti non troppo eccentrici. Si possono anche creare “mini-capsule” cambiando solo gli accessori: è un modo di variare senza sovraccaricare l’armadio.
Riusa
Quante volte mettiamo in media un capo di abbigliamento? Non più di 7, secondo le statistiche. L’obiettivo è allora usare i capi almeno 30 volte (che non è un obiettivo sconvolgente). Qualcosa non ci piace proprio più? Cediamolo attraverso una App di usato. Il second-hand è una scelta sostenibile che negli ultimi due anni ha avuto un’incredibile impennata, soprattutto fra i più giovani. La più popolare in questo momento è Vinted dove basta fotografare e postare qualsiasi capo, abito, T-shirt o pantalone per rivenderlo ovunque ma ci sono anche App dedicate sono alle borse come Rebag o allo streetwear come StockX. E non dimentichiamoci dei classici mercatini come Vinokilo o negozietti che a volte nascondono veri tesori, magari originali anni ’70 o ’60, unici ed eco-friendly.
Ricicla
Buttare un capo di abbigliamento significa alimentare un problema globale che penalizza soprattutto il sud del mondo. Nei paesi più poveri esistono enormi discariche in cui tonnellate di vestiti diventano rifiuti. Pensiamo, ad esempio, a quella nel deserto di Atacama in Cile. Molte catene di abbigliamento promuovono la raccolta di vecchi capi di cui riutilizzare le materie prime, specialmente se si tratta di fibre naturali, come il cotone e la lana, e non miste. In alternativa ci sono le apposite campane per depositare scarpe e indumenti usati. E non dimentichiamoci del packaging: dalle etichette, alle buste tutto può diventare carta o plastica riciclata e magari venire usata in tutto o in parte anche in nuovi capi di abbigliamento, come fanno già moltissimi brand sportivi.
Ripara
Imparare a cucire ti sembra un hobby un po’ vintage? Errore: oggi grazie ai tutorial in Rete è diventato molto più facile. E perfino più tecnologico grazie a “toppe” già pronte e altre piccole astuzie. Piuttosto riparare è una delle basi dell’economia circolare e dell’upcycling. Se poi davvero ago e filo ci sembrano al di fuori della nostra portata ci sono sempre i sarti professionisti, un mestiere antico ma che si candida a essere uno dei “lavori green” del futuro.
Rent (noleggia)
Il fashion ranting, ovvero l’affitto di vestiti, è una delle ultime frontiere del vivere e vestire eco. Se abbiamo bisogno di un abito particolare per una serata o un’occasione più formale è anche la soluzione più economica. Oltre ai negozi specializzati ci sono anche in questo caso molte App (come dressyoucan o drexcode) che consentono di portarsi a casa il vestito dei sogni per una sera e poi restituirlo il giorno dopo. Così Cenerentola lascia il campo a una strategica eco-consumatrice…
Rinnova
Ogni capo può dare vita a un altro diverso se sappiamo reinterpretarlo con creatività. In inglese si chiama Repurpose. Un esempio classico sono le borse e gli zainetti realizzati con i vecchi jeans ma l’“upcycling clothes” è potenzialmente infinito: dai vecchi maglioni che si trasformano in guanti alle gonne corte che si arricchiscono con balze boho-chic ricavate da abiti e bluse ai vestitini effetto pathwork supercolorati. Su Pinterest moltissime idee da copiare e personalizzare e perfino da proporre in vendita su Etsy.
Ricerca
Ovvero informati. Trova informazioni in rete e sui libri su come lavare, stirare i tuoi capi riducendo lo spreco di acqua ed energia. Da leggere per esempio il libro di Orsola De Castro “I vestiti che ami vivono a lungo” ed. Corbaccio. Sul web puoi trovare anche indicazioni che ti aiutano a comprare capi che provengono da produzioni e commercio “fair trade”, magari anche da piccole produzioni locali, che usano materiali riciclati e che reinvestono in vere iniziative di sostenibilità ambientale, al di là di un greenwashing di facciata.
Lucia Fino