Secondo un accurato studio USA tra gli studenti universitari la spinta alla perfezione - nella mente, nel corpo e nella carriera - è aumentata in maniera significativa rispetto a trent’anni fa.
Vogliono essere magri e, possibilmente, con l’addome scolpito: almeno i maschi. Intelligenti tutti, ragazzi e ragazze, perché altrimenti negli studi non si andrà troppo avanti: e nemmeno nella scala sociale, di conseguenza. Aggiornati e dotati dei device tecnologici di ultima generazione. In una sola parola: perfezionisti, all’ennesima potenza. Basta guardarli, buona parte degli adolescenti con cui incrociamo le nostre vite: in casa, per strada, grazie al proprio lavoro. Sono alla spasmodica ricerca dell’eccellenza, da quando si svegliano finché non vanno a letto: e anche lì non si può perdere un colpo, perché la vita sui social network va avanti anche quando si sta sotto alle coperte. Ma la continua ricerca del perfezionismo non spinge soltanto alle stelle l’asticella della competizione. O meglio: sì, ma con il rischio di favorire l’aumento di incidenza di disturbi di natura psichiatrica, come l’ansia e la depressione.
NESSUN LIMITE ALLE AMBIZIONI – È questo lo scenario che emerge da una ricerca statunitense pubblicata sulla rivista «Psychological Bulletin». Gli autori hanno analizzato i dati di oltre quarantunomila studenti americani, canadesi e britannici: identificati e intervistati tra la fine degli anni ’80 e il 2016. I risultati finali non hanno lasciato spazio ai dubbi: tra gli studenti universitari la spinta alla perfezione – nella mente, nel corpo e nella carriera – è aumentata in maniera significativa rispetto a trent’anni fa. Una conclusione a cui i ricercatori sono arrivati dopo aver misurato tre tipi di perfezionismo: quello richiesto alla propria persona (il desiderio irrazionale di essere sempre al top), quello sociale (ovvero percepito dagli altri) e quello verso l’altro (la considerazione che ognuno ha di chi gli sta vicino). Tutti e tre i parametri – quando si cerca il massimo da se stessi, lo si pretende pure dagli altri: rischiando di compromettere relazioni sentimentali e rapporti di amicizia duraturi – sono risultati in crescita: rispettivamente del 10, del 33 e del 16 per cento. Fa riflettere il secondo dato, che testimonia come in realtà la ricerca del perfezionismo non derivi tanto da un aumento delle ambizioni individuali, quanto dal desiderio di essersi al passo con una società sempre più esigente, anche nei confronti dei più giovani. Di fatto ai ragazzi oggi non è (quasi) più concessa l’opportunità di sbagliare, in un’età in cui anche gli errori avrebbero invece una valenza formativa. Su questa metamorfosi stanno incidendo anche i social network, che aumentano la competizione e al contempo pure l’isolamento sociale.
LA COMPETIZIONE È SPINTA ANCHE DALLE UNIVERSITÀ – Ma gli autori hanno anche puntato l’attenzione su un altro aspetto: l’elevata competitività che oggi viene innescata dall’avvio del percorso di studi universitari. Un atteggiamento che, se da un lato può determinare un innalzamento dei livelli di preparazione delle future classi dirigenti, dall’altro «inculcano nei giovani delle aspettative educative e professionali sempre più irrealistiche», hanno messo nero su bianco i ricercatori. Da qui il rischio di ripercussioni psicologiche per gli studenti: confermate da numeri di ansia, depressione e tendenze al suicidio più alti oggi rispetto a un ventennio addietro. I giovani di oggi, dunque, sono tutt’altro che «Sdraiati»: come li definisce il libro di Michele Serra e il film della Archibugi. Se i loro coetanei in passato sono cresciuti con l’idea di avere sempre e comunque una rete di protezione, nelle orecchie dei ventenni di oggi riecheggiano vocaboli di significato opposto: difficoltà, merito, competizione, traguardi. Il filo conduttore è la fretta, che porta ad anticipare tutto e a rendere la quotidianità una corsa contro il tempo che non ammette gli imprevisti. Ma gli esperti avvertono: «Chi vive in questo modo, è portato a provare ansia ogni qual volta subentra un contrattempo». Vale allora la pena di essere meno perfezionisti e più sicuri di sé: vivere coi piedi per terra ci aiuterà a diventare adulti con le spalle più larghe e meno fragili.
Twitter @fabioditodaro