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Settimio Grimaldi: attenzione a wi-fi e cellulari

di di Francesca Tozzi
24 Febbraio 2010

Gli effetti non sono accertati da indagini scientifiche. Ma l'esposizione alle onde emesse da sistemi wireless e di telefonia potrebbe causare danni biologici. Nel dubbio meglio seguire alcune regole. Ecco i consigli di un biofisico del CNR

Settimio Grimaldi, biofisicoViviamo sempre più immersi nei campi elettromagnetici: se non è il ripetitore vicino a casa, è la rete wi-fi dell’ufficio. O lo stesso cellulare, che emette onde. La telecomunicazione utilizza le microonde, radiazioni non ionizzanti che, in teoria, non sono in grado di rompere i legami chimici e di modificare il Dna. Le microonde si misurano in Hertz: il cellulare viaggia in un range tra i 900 e i 1800 MHz, il wi-fi tra i 200 e i 2200 MHz. La legge, si sa, ha fissato i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. Sul territorio italiano il Decreto Ministeriale del 10 settembre 1998 n.381 ha stabilitoi limiti nelle zone all’aperto a 60 volt/metro per le onde medie e di 20 volt/metro per le onde corte. Per quanto riguarda le antenne radio base del cellulare, nelle case non dovrebbero essere superati i 6 volt al metro.

«Si può dire che l’uomo si è evoluto nonostante fosse immerso in campi elettromagnetici», spiega Settimio Grimaldi, ricercatore dell’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche, «ma si tratta di campi molto più deboli rispetto a quelli che inquinano quotidianamente il nostro ambiente. La produzione di campi artificiali in radiofrequenza per le comunicazioni risale a Marconi e solo dalla seconda metà degli anni ’80 la tecnologia mobile ha portato a un aumento iperbolico dell’inquinamento elettromagnetico. Davvero poco tempo per poter affermare con sicurezza se questi campi elettromagnetici siano innocui. Dubbi ce ne sono e c’è da studiare ancora molto».

 

Ma studi sull’argomento saranno già stati fatti…

 

Certamente, ma la telefonia cellulare prima e il wi-fi dopo sono diventati un tale business per le multinazionali che il crescere dell’entusiasmo non è direttamente proporzionale alla velocità con cui queste ricerche vengono portate avanti. Penso a Interphone, uno studio che l’Unione europea ha finanziato per capire la pericolosità del Gsm. È partito nel 2002 e non si è ancora concluso. Alcuni dati emersi fanno sospettare una correlazione fra un forte utilizzo del cellulare e un certo tipo di patologie ma il problema di queste ricerche è che esiste sempre una discordanza nei risultati, tra chi riscontra il danno e chi no, quindi alla fine non si sa come dimostrarlo. In laboratorio abbiamo visto che esponendo le cellule a onde di una certa intensità si può indurre un danno, ma manca la prova sull’uomo: non sappiamo quando si ammala e come. Ci vuole più cautela.

 

Che lei non riscontra…

 

Direi di no. La cosa più grave è che pur non conoscendo ancora bene l’impatto delle onde emesse dai ripetitori della telefonia mobile, che sono comunque situati in zone all’aperto, abbiamo già installato a tutto spiano reti wi-fi – le cui antenne, ricordiamo, si trovano dentro la struttura che ospita la rete – non solo negli uffici e negli aeroporti ma perfino in ambienti come le scuole e gli ospedali! Non servono grandi studi per capire che i bambini e i malati, anziani e comunque debilitati, sono soggetti deboli che rischiano di più e dovrebbero essere salvaguardati da questo tipo di esposizione. Non voglio demonizzare il wi-fi, ma nel dubbio dovrebbero sempre valere i principi di massima cautela e di precauzione.

 

In pratica?

 

Se esiste una tecnologia alternativa meno impattante sull’uomo e la natura, andrebbe sempre utilizzata quella. Nelle scuole, per esempio, per Internet si può usare un sistema cablato ovvero collegare i pc dei bambini via cavo, sistema più sicuro, meno inquinante e che garantisce lo stesso servizio. Il wi-fi non è indispensabile così come non è necessario stare sempre con il cellulare attaccato all’orecchio soprattutto quando si ha un fisso a disposizione.

 

Come funziona il discorso della distanza di sicurezza?

 

Lei si immagini il movimento dell’acqua intorno al motore di un motoscafo: per un certo raggio d’azione il moto dell’acqua sarà caotico poi le onde allontanandosi diventeranno più coordinate e regolari. Così nella zona vicina al ripetitore che irradia il campo elettromagnetico le onde si muovono in modo caotico e l’assorbimento da parte del corpo è massimo, a una certa distanza questo rischio non si annulla totalmente ma si abbatte molto. La legge regola l’intensità dell’esposizione – ovvero individua quella zona caotica dove l’uomo non deve essere esposto – ma si riferisce alle antenne esterne, i ripetitori radiobase, e non alle onde emesse da cellulari e reti wi-fi. Se no sarebbero fuori uso entrambi i sistemi. È difficile, comunque, che si stia dentro i 6 volt al metro previsti come limite dalla legge.

 

Al di là dell’antenna, lo stesso cellulare è un emettitore di onde…

 

Infatti, quando si telefona, bisognerebbe tenere il cellulare a una distanza di minimo 40 cm dalla testa il che, ovviamente, non è possibile. L’auricolare non risolve il problema in quanto di solito il cellulare rimane comunque a contatto con il corpo o si tiene in mano: la pelle è un organo e assorbe le onde. Per minimizzare l’esposizione non rimane che usare il cellulare solo se non c’è un altro modo e comunque evitarne l’abuso soprattutto i bambini che hanno gli organi non ancora del tutto formati. Non è stato ancora dimostrato ma niente esclude che potrebbero sviluppare nel corso del tempo delle patologie neoplastiche.

 

Che dice la scienza su questo aspetto?

 

Sono i grandi numeri che hanno valore. Su numeri limitati è stata riscontrata una maggior incidenza del neurinoma del nervo acustico e a livello cognitivo è possibile una diminuzione dello stato d’attenzione. Il cervello funziona elettricamente quindi un campo elettromagnetico esterno può creare con il corpo umano un’interferenza elettromagnetica; non succede solo fra gli elettrodomestici. Il surriscaldamento corporeo che si genera passando la soglia dei 20 volt/metro è pericoloso e infatti la legge riconosce questi effetti termici e fissa dei limiti che valgono però solo per le antenne radio base e non per gli apparecchi. Non viene riconosciuto invece il potenziale danno biologico: l’esposizione a un campo magnetico potente potrebbe portare a una degenerazione delle cellule e a problemi alle cornee e alle gonadi, gli organi più sensibili ai campi.

 

Non esistono dei sistemi per schermarsi dalle radiazioni elettromagnetiche?

 

Il campo magnetico è impossibile da schermare, quello elettrico sì ma solo a una distanza superiore alla lunghezza d’onda, quando cioè i due campi sono coordinati fra loro per cui se blocchi l’elettrico, blocchi anche il magnetico. Una tenda alla finestra di un’abitazione posta alla giusta distanza, per esempio, scherma la radiazione ma se si trova nella zona caotica blocca solo il campo elettrico e non il magnetico che a sua volta genererà un altro campo elettrico. Se in casa si lavora con un sistema wireless basta tenere il modem – che emette onde a una frequenza di 2000-2200 MHz – a una distanza di almeno 20 cm per minimizzare l’esposizione; negli uffici che collegano tutti i pc tramite rete wi-fi, ma anche nelle scuole e negli ospedali, il discorso è diverso perché si sta a lungo immersi nel campo e quindi si è più esposti al rischio elettromagnetico.

 

 

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