Wise Society : Rivestimenti edibili, così la ricerca rende utili gli scarti
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Rivestimenti edibili, così la ricerca rende utili gli scarti

di Andrea Ballocchi
28 Febbraio 2018

Annamaria Ranieri, dell’Università di Pisa, spiega i benefici ottenibili usando scarti di lavorazione di crostacei o funghi per proteggere gli alimenti in modo ecologico

Ogni anno in Italia si gettano in pattumiera qualcosa come 13 miliardi di euro in scarti alimentari, mentre, nel mondo, si raggiungono i 550 miliardi. Uno spreco enorme, che potrebbe tornare utile sotto diverse forme. Una di queste vede l’impiego di alcuni di questi scarti per la creazione di rivestimenti edibili (edible coating) derivati dal chitosano, un particolare composto ottenuto dal trattamento della chitina, ricavata dall’esoscheletro di crostacei o dai funghi, e dal collagene scartato dall’industria agro-alimentare e farmaceutica. Su questi e altri prodotti si concentra l’attività di ricerca da parte di Annamaria Ranieri, docente dell’Università di Pisa presso il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali e membro del Centro interdipartimentale di Ricerca nutraceutica e Alimentazione per la Salute “Nutrafood” che Wise Society ha incontrato ad un Convegno organizzato a Milano da Edizioni Green Planner.

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La professoressa Annamaria Ranieri dell’Università di Pisa, sta studiando i derivati dal chitosano, un particolare composto ottenuto dal trattamento della chitina, ricavata dall’esoscheletro di crostacei o dai funghi, e dal collagene scartato dall’industria agro-alimentare e farmaceutica per farli diventare rivestimenti edibili (edible coating), Foto: Andrea Ballocchi

Cosa sono i rivestimenti edibili?

Sono pellicole trasparenti e commestibili che possono essere rimosse dal semplice lavaggio con acqua: esse consentono di prolungare la vita sullo scaffale della frutta e verdura, limitare la contaminazione batterica e mantenere elevata la qualità dei prodotti alimentari.

Perché vi siete concentrati sul chitosano dagli scarti dei crostacei e sul collagene?

Ogni anno in Italia si consumano circa 445 mila tonnellate di crostacei, il 40% del quale è costituito dal carapace. Di collagene se ne produce circa 400 mila tonnellate, l’80% del quale, almeno in Italia, derivante dalla cotenna del maiale.

Cos’è il chitosano e quali caratteristiche virtuose ha?

Il chitosano è un polisaccaride lineare che deve essere sottoposto a un opportuno trattamento chimico o enzimatico se vengono utilizzati per questo processo particolari batteri. L’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, l’ha definito un novel food o, meglio, un componente che in farmacologia viene utilizzato perché è in grado di mantenere bassi i livelli di colesterolo LDL (quello “cattivo”) nel sangue. Se addizionato con altri componenti, anch’essi edibili, produce una soluzione che gelifica sul frutto, rivestendolo e aderendo come una pellicola. Grazie a questa pellicola, che si comporta come una barriera semi-permeabile, il frutto rimane maggiormente idratato e più consistente per maggior tempo, trattenendo più acqua e anidride carbonica e riducendo la penetrazione dell’ossigeno. Ottimi risultati si sono ottenuti, in Brasile, dal collagene ricavato da scarti dell’industria farmaceutica – utilizzati come rivestimenti di pastiglie – proveniente a sua volta dall’agroalimentare, quindi riciclato due volte.

Che benefici offrono gli edible coatings?

Svolgono un’importante funzione antibatterica. Se al collagene si aggiungono altri componenti, come ad esempio il succo di mirtillo, potente antiossidante, il rischio di contaminazione da Escherichia coli si riduce del 41%. Un’altra importante funzione degli edible coatings è la loro capacità di ritardare la maturazione dei frutti permettendo quindi una loro maggiore conservabilità e mantenendo inalterate le caratteristiche nutrizionali e nutraceutiche. I rivestimenti edibili non sono solo impiegabili per proteggere alimenti di origine vegetale, ma anche, ad esempio, alimenti di origine animale come i formaggi. Una sperimentazione è infatti in corso presso un importante caseificio della Toscana, la cui finalità è quella di sostituire l’antibiotico di sintesi pimaricina, che viene normalmente impiegato per evitare la proliferazione di muffe e batteri sulla crosta, con prodotti naturali come il chitosano che si è dimostrato fortemente inibente nei confronti di alcuni funghi filamentosi tossici.

Una funzione strategica dei rivestimenti edibili è anche quella di veicolare composti bioattivi, altrimenti assenti nell’alimento che, in questo modo, assumerebbe un valore aggiunto superiore a quello di base. A questo proposito una sperimentazione ha appurato, che un componente fenolico con proprietà antiossidanti, aggiunto nella soluzione dell’edible coating, rimane sul frutto di pomodoro anche dopo aver sciacquato via il rivestimento. Relativamente al costo, un tale trattamento di rivestimento su pomodori, risulta potenzialmente molto economico Infatti da un calcolo eseguito in seguito a esperimenti condotti a livello di laboratorio, il costo del trattamento risulterebbe soltanto di 3 centesimi per un chilo di pomodori.

Oltre che dai carapaci di crostacei il chitosano può derivare da altre fonti sostenibili?

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“I rivestimenti edibili svolgono un’importante funzione antibatterica. Se al collagene si aggiungono altri componenti, come ad esempio il succo di mirtillo, potente antiossidante, il rischio di contaminazione da Escherichia coli si riduce del 41%”, sostiene Annamaria Ranieri. Foto: Pixabay

Sì, possiamo ricavarlo anche dai batteri e funghi perché componente delle loro pareti cellulari. È potenzialmente molto interessante perché il prodotto che ne deriva è assolutamente non allergenico, offrendo quindi un valore aggiunto superiore.

Seguite altre linee di ricerca interessanti?

Stiamo studiando come utilizzare fenoli complessi (sostanze dagli impieghi molto vari) come i tannini, anch’essi potenzialmente ricavabili da scarti della produzione agro-alimentare quali i noccioli delle stesse olive o i ricci dei castagni. Quindi, anche gli scarti della castanicoltura potrebbero essere utilizzabili per il loro ricco contenuto di tannini impiegabili per prevenire la formazione batterica o di muffe sulla crosta di formaggi evitando così l’uso della chimica e permettendo di rendere edibile anche la crosta. Questa sperimentazione è stata possibile grazie ad un finanziamento ottenuto dalla Regione Toscana e che ha coinvolto, oltre al mio Dipartimento, anche l’Università degli Studi di Firenze e un caseificio toscano. La prima parte della sperimentazione è stata molto positiva: se gli sviluppi saranno altrettanto lusinghieri, come pensiamo, tale sperimentazione potrà entrare in produzione.

C’è interesse da parte dell’industria alimentare verso i rivestimenti edibili?

È tutto da verificare. Da ricercatrice noto che la ricerca di base, che è il presupposto per poter poi sviluppare una ricerca di tipo applicativo, non è sufficientemente supportata dagli enti adibiti al suo finanziamento. Inoltre l’applicabilità pratica delle ricerche portate avanti nei laboratori universitari sarebbe potenziata se potesse essere maggiormente sviluppato un sistema efficiente con il ruolo d’intermediario fra i laboratori di ricerca pubblici e il mondo dell’industria.

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