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Il pensiero influenza la realtà: fisica quantistica applicata alla mente

di Francesca Tozzi
20 Ottobre 2011

Secondo la fisica quantistica tutti noi siamo parte di una realtà che creiamo man mano che la osserviamo. Per questo possiamo modificarla. Paolo Scarpari, fisico quantistico, ci spiega come

Se già il filosofo Immanuel Kant sosteneva che è la mente che modella la realtà attraverso le forme tramite cui la percepisce, c’è da chiedersi: perché continuiamo a considerare il reale come qualcosa di estraneo a noi e, ancora, potremmo avere un ruolo nel produrlo? In questa direzione va la fisica quantistica, considerata ancora una teoria, sebbene, fra tutte le teorie alternative sulla realtà, sia quella che fornisce maggiori possibilità di comprensione dell’esistenza.

Per chiarirci le idee abbiamo incontrato, all’ultima edizione di SaporBio, Paolo Scarpari, Life and Business Coach, studioso dei processi di determinazione e di sviluppo della realtà, il cui sistema di pensiero apre notevoli spazi alle possibilità umane di operare un cambiamento attraverso un cambio di paradigma.

pensare

Foto Geralt / Pixabay

Quando nasce tutto questo?

Nel 1909 con i primi esperimenti sul comportamento dei fotoni svolti in un laboratorio di fisica da Geoffrey Ingram Taylor. Proiettate contro una barriera con due fori, le particelle, invece di transitare per i due fori una alla volta li attraversarono simultaneamente, cosa che non rispondeva alle attese della fisica tradizionale: si comportarono cioè come se sapessero ciò che sapeva solo lo scienziato che conduceva l’esperimento. La conclusione fu che l’osservatore aveva influenzato la particella attraverso il semplice fatto di essere presente all’esperimento. L’informazione presente in lui aveva fornito le istruzioni della nuova forma da assumere dovendo muoversi in presenza di due fenditure.

Questo esperimento, ripetuto nel 1998 presso il Weizmann Institute di Israele con apparecchiature più sofisticate e sensibili, confermò il risultato dimostrando inoltre che più le particelle venivano osservate, più erano influenzate dall’osservatore.

In sintesi, l’esperimento significa che la realtà è la risultanza fra osservatore ed osservato. Secondo l’interpretazione elaborata nel 1927 da Niels Bohr e Werner Heisenberg, ambedue Premi Nobel per la Fisica rispettivamente nel 1922 e 1932, nota come l’Interpretazione di Copenaghen, l’universo esiste in quanto numero infinito di possibilità sovrapposte tutte presenti contemporaneamente come possibili. L’atto di una persona che osserva quei potenziali determina l’attivazione di quello sul quale è focalizzata: in altri termini, quello che pensa o si aspetta di vedere.

Paolo Scarpari

Paolo Scarpari

Cosa impedisce una completa accettazione di teorie che sono già state valorizzate ampiamente dalla comunità scientifica?

Sono teorie destabilizzanti, abituati come siamo a pensare a una realtà esterna e indipendente da noi. Nonostante questo pensiero affondi le radici nelle antichissime culture orientali, che consideravano la realtà come Maya (in sanscrito “illusione”), sono passati solo cento anni da quelle prime scoperte e, probabilmente, serviranno alcune generazioni affinché questo cambio di paradigma entri nella coscienza collettiva.

Oggi, anche la fisica quantistica afferma che la realtà è un’illusione. Le implicazioni di quanto detto sono notevoli: siamo parte di una realtà che creiamo man mano che la osserviamo. A partire dal lavoro del neurochirurgo Karl Pribran, si è studiata l’attività del cervello in termini olografici, ovvero l’ipotesi che il nostro cervello processi la realtà come se fosse un ologramma: come la luce laser attiva una memoria statica che prende forma, così noi, che siamo un insieme di cellule che emette energia, osservando e pensando attiviamo l’ologramma del reale, ovvero le memorie presenti non solo nel nostro campo morfogenetico personale, bensì anche quelle registrate nel più ampio campo elettromagnetico di cui siamo parte.

E questo cosa implica nel quotidiano di ognuno di noi?

Dal fatto che quello che vedo lo sto costruendo nel mio cervello consegue che non c’è realtà su cui non si possa intervenire: attraverso il mio pensiero, che è il laser che fa emergere l’ologramma, io posso cambiare la realtà. Un’esperienza comune è quella di pensare intensamente a qualcosa che poi accade: visualizzare un parcheggio e focalizzarci su dei posti liberi che poi troveremo o immaginare nel dettaglio una serata con un certo tipo di ambiente e persone e trovare poi una situazione molto simile nella realtà. Chi la prova, sperimenta il potere dell’immaginazione capace di creare un pezzo di realtà che poi si ripresenta fuori.

immaginazione e potere della mente

Foto di Max Felner / Unsplash

Perché allora la realtà non corrisponde sempre a come vorremmo che fosse?

Perché il cervello, attraverso i suoi diversi campi elettrici detti “stati mentali”, elabora i dati e crea ciò che percepiamo come realtà a diverse velocità: Beta per elaborare principalmente il piano cosiddetto esterno-oggettivo e il pensiero razionale, Alfa per elaborare principalmente i piani più interiori, incluso l’emozionale e il mentale inferiore, Theta per elaborare principalmente il subconscio, la parte dell’inconscio collettivo alla quale, consapevolmente e non, abbiamo aderito, determinando ciò che percepiamo come il nostro senso di esistere, Delta per elaborare principalmente l’inconscio collettivo, Gamma per elaborare principalmente la realtà multidimensionale. Al momento si suppone che ThetaDelta elabori la realtà 500.000/1.000.000 di volte più veloce di Beta. Ciò significa che il nostro conscio è troppo lento per accorgersene e, per questo, essendone inconsapevole, lo chiamiamo inconscio, nel senso che è a lui sconosciuto. Per quanto ne sappiamo il conscio rappresenta solo il 10/15 percento dell’elaborazione, per cui non siamo consapevoli di ciò che stiamo elaborando realmente.

E quindi?

Noi creiamo la realtà in riflesso al sentimento profondo che abbiamo di noi stessi. Ciò significa che il mondo che osserviamo esterno a noi è il riflesso di ciò che, inconsapevolmente, processiamo a livello del subconscio e dell’inconscio collettivo. Non corrisponde a ciò che desideriamo a livello del conscio poiché influisce in minima parte. Per questo crearci una realtà come il trovare un parcheggio e passare una serata gratificante è più facile che cambiare realtà più complesse come il lavoro e il rapporto con il partner.

Le prime situazioni sono gestite a livello completamente conscio ma se io, pur desiderando guadagnare molti più soldi, ho radicata in me la convinzione che fare soldi è una cosa sporca, se desidero una promozione ma ho instillato in me l’idea di non potercela fare mai, se cerco il colpo di fortuna ma mi sento perseguitato dalla sfortuna, nulla potrà il mio desiderio elaborato in Beta se Alfa e Theta si stanno muovendo in direzione contraria. Sciogliere il velo di separazione tra questi diversi aspetti dell’elaborazione di noi stessi e del mondo rappresenta l’unica via per creare volontariamente e consapevolmente il mondo, la vita e il noi che vorremmo essere.

E come si fa?

Si possono fare vari tentativi. Per le cose più semplici può essere sufficiente la visualizzazione, perché mentre il pensiero si focalizza su una situazione immaginata si attivano dei processi anche in Alfa e Theta. Un altro sistema è lavorare, ad esempio, sul retro pensiero a livello del subconscio: attraverso tecniche di meditazione, di rilassamento profondo e di mind control si possono attivare gli stati di Alfa e Theta rimanendo vigili per orientare consapevolmente il subconscio verso la direzione desiderata.

meditazione in montagna

Foto di Simon Migaj / Unsplash

Questo tipo di meccanismi sono alla base della teoria che la qualità del pensiero determini la qualità delle situazioni che attiriamo. La scienza stessa ha dimostrato che pensare spesso in negativo può indebolire il sistema immunitario: pensare in continuazione “sto per ammalarmi” attiva nel cervello l’emissione di neuropeptidi, informazioni chimiche inviate a tutte le cellule, che metteno in moto meccanismi di allerta, determinando già una situazione di debolezza e disagio nell’organismo. La convinzione di essere malato porta già a cominciare a esserlo. Così accade con il pensiero “sono sfortunato, la gente non mi ama, non ce la farò mai” che tenderà sempre a creare situazioni negative, di rifiuto e delusione.

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