Attenzione e sostegno ai giovani, ma anche governance di ampio respiro e valori di riferimento. La ricetta di Matteo Marzotto per risollevare le nostre sorti
Sono molteplici i campi d’azione di Matteo Marzotto, spesso connotati da una forte impronta sociale. A partire dal suo impegno per la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, di cui è vicepresidente, passando per Mittelmoda, incubatore per giovani talenti del fashion system, ed Enit, all’interno della quale ha fortemente voluto un progetto dedicato al turismo accessibile.
Rampollo di una famiglia di imprenditori da generazioni, Marzotto è anche presidente della maison Vionnet SpA, che sta fortemente rinnovando. Con lui Wise Society ha parlato anche di sistema Italia, difficoltà dell’economia, ripresa.
Il periodo che stiamo vivendo non è facilissimo, anche per la crisi del sistema economico globale. Secondo lei, riusciremo, soprattutto nel nostro Paese, a trasformare questa difficoltà in un’occasione di vero cambiamento?
Basterebbe fare tesoro della storia recente per interpretare il proprio futuro in funzione degli errori già fatti. Il problema è che l’uomo non sembra molto dotato di memoria e di volontà di osservare il proprio passato. Detto questo, che non è pessimismo ma realismo, io rimango un ottimista e penso che soltanto un maggiore senso dell’etica possa risollevare le nostre sorti. Questo vale sia a livello globale che per l’Italia, dove i nostri amministratori pubblici avrebbero bisogno di un senso di temporaneità di più ampio respiro. Dovrebbero cioè amministrare non pensando solo ai loro cinque anni di legislazione ma alle conseguenze che le loro decisioni e azioni avranno nell’arco di trent’anni, quindi sulla generazione successiva alla nostra.
L’estate scorsa lei ha partecipato all’iniziativa “7 mosse per l’Italia”, insieme con altri protagonisti della vita pubblica italiana, per individuare strategie utili a risollevare le sorti del Paese. Quale ha priorità su tutte le altre?
Non ce n’è una in particolare perché sono tutte importanti ma, se dovessi scegliere, a pari merito direi il senso etico nell’affrontare la vita e l’investimento sulla scuola e sulle generazioni future. Perché il mio timore più grande nella fase storica che stiamo vivendo è proprio la mancanza di esempio positivo che diamo ai giovani. Fondamentale diventa, quindi, la formazione all’interno della famiglia e nella scuola, dove secondo me c’è un’eccessiva liberalità che può diventare dannosa.
Uomini e donne under 30 cui si pensa poco come a una risorsa per il Paese. Eppure di recente Mario Draghi è stato chiaro, affermando che “senza i giovani non c’è crescita”. Le cosa ne pensa?
Sono sempre d’accordo sul fatto che i giovani stiano vivendo una stagione difficile, però non sono d’accordo su tutta la linea. Ci sono stati altri periodi storici in cui la generazione che stava per prendere il comando della società, quindi coloro che erano giovani nel momento della grande discontinuità, avevano più punti interrogativi che certezze. Non è la prima volta, quindi, che ciò avviene ed è per questo che direi ai giovani di oggi non soltanto di lamentarsi ma anche di dimostrare di avere grande determinazione nel trasformare i loro punti interrogativi in delle certezze. Cosa che non sempre vedo, purtroppo. Quindi, piena attenzione e sostegno ai giovani, a cui credo di aver dimostrato e dimostrare tutti i giorni di dare fiducia, però è importante che quella fiducia venga poi anche ripagata.
Un’iniziativa per dare fiducia ai giovani è Mittelmoda, di cui lei è presidente: è una sorta di incubatore per giovani talenti aspiranti stilisti?
Mittelmoda è un concorso internazionale per scuole di moda e di design nato vent’anni fa a Gorizia e coloro che vi partecipano non sono ancora stiliti e di loro non sappiamo prima se siano o meno dei talenti, ma posso dire con certezza che chi lo vince è probabile che diventi sia l’uno che l’altro. Sono vent’anni che seleziono, infatti, ragazzi che sono poi quasi subito pronti ad entrare a lavorare nei team creativi della moda e la nostra responsabilità è innanzitutto quella di dare a a questi giovani l’idea che possano rincorrere i loro sogni inserendosi nell’ambito di lavoro che hanno sempre desiderato.
La moda e la creatività sono strettamente legate a un’altra delle nostre grandi risorse, il turismo. Da presidente Enit cosa pensa del fatto che il turismo non sia ancora abbastanza sfruttato come volano dell’economia nazionale?
Sono pienamente d’accordo perché in Italia c’è un potenziale enorme ancora da cogliere dal punto di vista turistico. Il Paese è visitato ogni anno da circa 41 milioni di stranieri, il 47 per cento dei quali viene in Italia principalmente per le città d’arte. Di questi oltre il 60 per cento esprime un forte interesse anche per l’enogastronomia e, quindi, per il buon vivere. Abbiamo fatto una ricerca di mercato in questo ambito ed è emerso che, considerata l’importanza dei vini e della nostra cucina, l’enogastronomia italiana viene percepita un po’ come una forma d’arte. C’è, dunque, un certo modo di percepire l’Italia del bello e del ben fatto che attira moltissimo gli stranieri. D’altronde, se è vero che purtroppo anche in Italia, come negli altri Paesi che si sono sviluppati velocemente nel secondo dopoguerra, abbiamo molto deturpato il nostro paesaggio, è anche vero che arte, bellezza e cultura sono profondamente insiti nel territorio.
Tuttavia alcuni monumenti anche molto importanti sono in condizioni disastrose…
Il nostro patrimonio è enorme e smisurato, c’è un ruolo dello Stato molto presente anche se non sempre, specialmente in questi periodi, è possibile intervenire su tutto. In media però quello che si può ammirare nel nostro Paese, anche nell’Italia “minore”, è di qualità eccellente e credo si stia riuscendo abbastanza bene a mantenere una grande ospitalità e a preservare l’eccezionalità e la straordinaria varietà del nostro territorio.