Il fotografo e creativo porta ancora una volta all’attenzione pubblica il progetto di denuncia sociale sull’imbruttimento del paesaggio italiano
Oliviero Toscani torna a parlare di paesaggio. Di quello italiano, maltrattato da anni e anni di brutture varie. Proprio per testimoniare il degrado del Belpaese porta avanti da trent’anni il progetto “Nuovo Paesaggio Italiano” illustrato in occasione del Milano Arch Week, la settimana di eventi dedicati all’architettura e al futuro delle città.
Un futuro a tinte fosche, sottolinea il fotografo e creativo: «Credo che gli architetti italiani siano stati i più importanti al mondo nella storia. Tuttavia il paesaggio italiano, quello dipinto da Leonardo, Raffaello, da Giorgione viene violentato ogni giorno». È critico con quel Belpaese che, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, perde la sua bellezza, deturpata da cemento, condoni, e dal degrado che dilaga. La lista degli orrori quotidiani lo mette in mostra attraverso una raccolta di foto in cui tutti ci ritroviamo: è l’Italia «delle villette a schiera, dei centri commerciali, delle spaghetterie, delle autostrade, tangenziali, sopraelevate… con questo non voglio essere né nostalgico né conservatore, anzi a me piace la costruzione: però se gli ideali di un’epoca del nostro Paese dovessero essere giudicati in base alla sua architettura, forse gli ultimi settant’anni rappresentano il punto più basso mai raggiunto dall’Italia». Come in ogni parte del mondo, «il cosiddetto progresso ha portato il degrado. Oggi in Italia si viene per fare shopping, non per ammirare la nostra architettura. E l’estetica del brutto avanza». La politica ha la sua parte in tutto questo: «la ricerca ossessiva del consenso, la paura dell’insuccesso conduce dritto alla mediocrità». Ma non è la sola responsabile. «Il fatto è che la battaglia tra creatività ed economia è stata persa dalla creatività, soprattutto quella architettonica. Il problema è che i detentori del potere sono anche detentori della ricchezza, ma non si vede alcun mecenate illuminato all’orizzonte. La gestione della creatività è delegata ad amministratori e politici tra le cui fila l’illuminazione è purtroppo molto rara». La creatività allora «deve essere sovversiva e a meno che non si incontri con un mecenate o con un’istituzione intelligente è destinata a restare fuori dagli schemi precostituiti e dalle autorizzazioni burocratiche» prosegue. Da qui l’importanza di fare architettura «che non è solo costruzione: è filosofia, sociologia… L’architettura esige grande talento, grande coraggio».
Toscani, chi o cosa ci salverà dal degrado?
«La cultura. Bisogna insistere, rompere le scatole ai giovani, insegnando loro bene, dargli entusiasmo. Dovrebbe essere normale costruire bene, senza abusi, senza speculazioni: non capisco perché ciò non avvenga. C’è un’umanità che ci aspetta».
Quali interventi sono necessari per cambiare questo scenario?
«Non bisogna farsi comprare: la ricerca del consenso, del denaro tutto questo è un disastro».
E la fotografia che ruolo deve avere?
«Deve provocare, come pure l’architettura e come tutto ciò che è arte: deve provocare l’interesse a tutto ciò che è nuovo, deve provocare la conoscenza, il cambiamento di mentalità, di visione».
La causa di questo degrado è legata alla politica?
«Non do colpe solo alla classe politica. L’Italia non ha subito un colpo di Stato, è un Paese democratico. La classe politica rispecchia esattamente ciò che ci governa, la stessa architettura moderna. Ci sono le eccezioni, grandissime eccellenze in tutti i campi».
Internet, le nuove tecnologie: saranno loro a essere determinanti per una migliore qualità della vita?
«Non saranno loro a salvare il mondo. Lo sarà il cervello umano, che sarà sempre più avanti di qualsiasi computer. Ed è lì che bisogna lavorare: perché sarà proprio il cervello a costruire il nuovo computer. Ma ancora meglio è pensare che una matita è più potente di un computer: è necessario cominciare a immaginare. Finché si guarda un monitor acceso non si immagina niente, si guarda ciò che è già stato fatto.»
Ma a tutto questo degrado come reagisce l’opinione pubblica?
«Siamo molto comodi, ma tutto ciò che è facile e comodo è stupido. E noi cerchiamo proprio questo».