Il managing director di Eso ci racconta come le sneakers si trasformano in pavimentazione di piste di atletica o di parchi gioco per i più piccoli. Ma non tutto è semplice come sembra...
C’erano una volta i “giardini di Betty”, parchi giochi per bambini realizzati con una pavimentazione in materiale di recupero ricavato dal riciclo delle scarpe da running usate. Giardini che continuano a crescere e a essere dedicati alla memoria di Elisabetta Salvioni Meletiou, moglie di Nicolas Meletiou, managing director di Eso (acronimo di Ecological Services Outsorcing) scomparsa nel 2011. A questi si affiancheranno presto le “piste di Pietro”, piste di atletica intitolate all’indimenticato Pietro Mennea realizzate con materiale proveniente dallo stesso materiale di riciclo grazie all’incontro tra Nicolas Meletiou e Manuela Olivieri, vedova dell’indimenticato Pietro Mennea, campione olimpico detentore per quindici anni del record mondiale dei 200 metri piani.
Nicolas come è nato il progetto delle “piste di Pietro”?
Ho avuto la fortuna di conoscere Paolo Masini, che è stato assessore alla Cultura e allo Sport a Roma, comune nel quale abbiamo siglato un accordo per la raccolta e il riciclo delle scarpe da running usate. È stato lui ad avere l’idea di coinvolgere Manuela Olivieri Mennea in questo progetto. Con lei ci siamo intesi subito e abbiamo subito deciso che sarebbe stato perfetto utilizzare il materiale da riciclo ottenuto dalle sneakers per fare delle piste da atletica. È stato naturale decidere che queste piste vengano dedicate a Pietro Mennea. Con lo stesso materiale realizziamo gadget il cui ricavato della vendita va in beneficenza alla Gogreen e alla Fondazione Pietro Mennea.
Quante paia di scarpe occorre riciclare per fare un campo o giardino?
Per un metro quadrato di pavimentazione servono dalle 40 alle 60 paia scarpe, va da sé che per una pista di atletica servono molti metri quadri.
Come funziona la raccolta delle scarpe? Chiunque può mandarvele?
Purtroppo no. Le scarpe usate seguono il processo dei rifiuti, e possono essere raccolte separatamente soltanto in seguito a una convenzione di ritiro siglata con l’amministrazione comunale responsabile territorialmente della raccolta. Quindi non può esistere alcun tipo di raccolta autonoma, anche se qualcuno volesse inviarci le proprie scarpe usate noi non potremmo riciclarle.
Come nascono i vari “Giardini di Betty” e, adesso, le “Piste di Pietro”?
Il Comune firma una convenzione con Esosport, azienda della galassia Eso che procede alla raccolta delle scarpe, al ritiro e alla lavorazione. Poi restituisce all’amministrazione il materiale per la pavimentazione. L’unico costo per l’amministrazione è quello del ritiro. Poi sarà il Comune a decidere se fare un “Giardino di Betty” o una “Pista di Mennea”, noi chiediamo solo l’intitolazione: al momento abbiamo accordi con 57 amministrazioni, tre giardini inaugurati e sette in costruzione. Le cose, però, potrebbero cambiare: stiamo parlando con il ministro dell’Ambiente per facilitare la raccolta».
Com’è cominciato tutto?
Nel 2009 mentre ero a Firenze per una gara di atletica il mio allenatore Fulvio Massini mi presentò il maratoneta Marco Marchei, che ha partecipato due volte alle Olimpiadi ed è un uomo molto pratico. Avendo saputo che mi occupo di raccolta rifiuti mi parlò di tutte scarpe da ginnastica consumate che non aveva il coraggio di gettar via e così è nata Esosport che si occupa del riciclo trasformando la materia prima in materia seconda.
Quindi parliamo di economia circolare…
Sì, avremmo potuto anche ritirare le scarpe, riconfezionarle e distribuirle ai Paesi poveri, Ma dietro tutto questo c’è un business enorme, così abbiamo deciso di fare altro: con il materiale plastico triturato realizziamo pavimentazione, quello che resta per l’interno di palloni da pallacanestro e pallavolo.
Eso, invece, che tipo di rifiuti raccoglie?
Ritira e smaltisce rifiuti da ufficio, da quelli elettronici alle pile, dai toner all’indifferenziato, fa consulenza aziendale sul tema e, soprattutto, anche come azienda siamo molto vigili sul trattamento successivo dei rifiuti. Considerato il grosso business dietro questo tipo di rifiuti, in particolare quelli tecnologici spesso acquistati per recuperare materiali preziosi con gli scarti poi gestiti in Africa o Cina, noi utilizziamo impianti modello in Norvegia e Svezia.