Il biologo e ricercatore Fabrizio d'Adda di Fagagna parla delle nuove scoperte sul fronte della senescenza. E conferma l'importanza di contrastare l'azione dei radicali liberi
Fabrizio d’Adda di Fagagna, uno dei maggiori esperti dei fenomeni cellulari legati alla senescenza, è un “ex-cervello in fuga”, fortunatamente tornato da qualche anno a lavorare in Italia. Già in passato, con le sue ricerche, aveva contribuito a chiarire come funzionano i processi di invecchiamento nel caso di cellule che normalmente proliferano. È di qualche mese fa una nuova importante scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati a marzo 2012 dall’autorevole rivista scientifica Nature Cell Biology. Nella nuova ricerca d’Adda e le sue ricercatrici, Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello, hanno portato alla luce nuovi elementi che aiutano a capire i meccanismi legati all’invecchiamento anche in quelle cellule del nostro corpo che non proliferano. Qui lo scienziato ci spiega perché invecchiamo e quali strategie possiamo mettere in atto per arrivare alla terza età e viverla nel modo migliore possibile.
Qual è il meccanismo che sta alla base del processo di invecchiamento?
Ci sono meccanismi, noti da qualche anno, che riguardano le cellule dell’organismo che proliferano con intensità, come quelle della pelle o del tratto digestivo. Ogni volta che queste cellule si replicano, le estremità dei cromosomi, chiamate telomeri, diventano progressivamente più corte e quando sono troppo corte assomigliano a un DNA rotto.
Questo non è un risultato accettabile per la cellula: quando una cellula realizza che il suo DNA è danneggiato (ovunque ciò accada), lancia un allarme, si ferma e cerca di ripararlo. Ma arriva un momento in cui non riesce più ad aggiustarlo. Detto molto semplicemente, le cellule invecchiano quando hanno proliferato troppo e non sono più in grado di continuare a farlo.
Quando tutte o la maggioranza delle cellule, incominciano a essere incapaci di riparare il danno ai telomeri e duplicarsi, l’organismo diventa sempre più debole e invecchia.
E qual è stata la sua recente e importante scoperta in questo campo?
Il meccanismo di invecchiamento cellulare che ho descritto interessa le cellule che proliferano, ma ci siamo posti la domanda: che ne è di quelle tante cellule che non proliferano, come ad esempio quelle del cervello, e che quindi non proliferando non hanno neppure telomeri più corti che causino invecchiamento?
Abbiamo scoperto che anche queste cellule hanno un processo di invecchiamento legato ai telomeri, e sono avvertite del danno che non si può riparare. Non perché i telomeri si accorciano, ma perché accumulano comunque DNA telomerico danneggiato e quindi non possono proliferare. Sto parlando di un danneggiamento naturale e del tutto fisiologico, non connesso a uno stato di malattia. Ma, entrambi i casi ci indicano che i danni alle cellule a un certo punto diventano irreparabili.
Che cosa ne possiamo dedurre?
Da un punto di vista direi filosofico, questi risultati suggeriscono l’ineluttabilità dell’invecchiamento. Quando il DNA si rompe, non c’è niente da fare perché, arrivati a una certa fase di vita, abbiamo visto che il danno non si può riparare. Quello che però noi tutti possiamo fare è ridurre l’accumulo di danno al DNA cercando così di prevenire l’invecchiamento precoce.
Questo significa che ci sono rimedi che possiamo mettere in atto per arrivare il più possibile sani alla vecchiaia?
Ci sono sicuramente strategie per evitare lo “stress ossidativo” delle cellule, in altre parole l’insorgere dei cosiddetti radicali liberi che possono causare danno al DNA all’interno della cellula. E quindi l’unico modo è agire sulla prevenzione al danneggiamento del DNA, adottando tutti gli elementi antiossidanti a disposizione, come l’olio d’oliva, la frutta e le verdure nella nostra alimentazione (per sapere di più sulle proprietà dei cibi vedi l’articolo “Dodici alimenti per la nostra bellezza“). O stili di vita più sani. Ad esempio evitando il fumo, che è un ottimo metodo per creare radicali liberi e stressare il nostro DNA…
La ricerca come ci può aiutare ad arrivare a una vecchiaia più sana?
Comprendere a livello scientifico i meccanismi che portano all’invecchiamento ci può sicuramente aiutare. La mortalità si sta riducendo in tutto il mondo, viviamo più a lungo e l’aspetto fisico delle persone è migliore e più giovanile in genere, grazie all’alimentazione e a comportamenti di vita più salutari, ai progressi della medicina partendo dagli antibiotici per arrivare alla prevenzione delle due patologie killer di oggi: mi riferisco al cuore e ai tumori.
A questo proposito, la ricerca che lei conduce sui processi di senescenza, come ci può essere utile in campo oncologico?
Un tumore insorge quando un gene cellulare viene danneggiato e alterato nella sua funzione facendo proliferare le cellule. E qui tornano i telomeri: abbiamo scoperto che gli eventi che fanno insorgere lo sviluppo tumorale sono intrinsecamente associati anche alla generazione di telomeri danneggiati. L’invecchiamento cellulare, che solitamente è vissuto da noi tutti come qualcosa di negativo, può quindi avere un effetto positivo.
Ci può spiegare meglio?
Riporto un’anticipazione di alcuni risultati che stanno per essere pubblicati e che abbiamo ottenuto insieme a un gruppo di ricerca americano dell’Università di Newark in New Jersey. Mi riferisco ai nei, che possiamo definire dei melanomi mancati perché invecchiati precocemente.
I nei sono un caso eclatante di DNA danneggiato, ma è una fortuna perché, se avessero continuato a proliferare, si sarebbero trasformati in tumori, in melanomi. Questa è una scoperta recente e che ci dice cose interessanti.
Vista la quantità di nei che solitamente ci ritroviamo sulla pelle, possiamo avere consapevolezza di quanto siamo tremendamente esposti all’insorgenza tumorale ma per fortuna ne siamo difesi dall’invecchiamento precoce di queste cellule che frenano la proliferazione cellulare e quindi l’insorgenza tumorale. Il caso dei nei è un esempio visibile e comune che ci aiuta a capire la “fortuna” dell’invecchiamento precoce delle cellule.
L’accettazione della vecchiaia è una sfida impegnativa per tutti. Ma da quello che lei dice, in qualche modo l’invecchiamento cellulare assume anche una valenza quasi positiva. È così?
C’è giustamente una forte attenzione da parte di noi tutti per difenderci dalle conseguenze della vecchiaia con l’adozione di stili di vita più sani, ma non dobbiamo certo ossessionarci alla ricerca del limite estremo. Perché c’è un paradosso scientifico in questa ricerca della perenne giovinezza: se in futuro la scienza arrivasse a scoprire il modo per riparare o addirittura azzerare i danneggiamenti alla cellula, avremmo sicuramente un aspetto più giovane ma allo stesso tempo dovremmo constatare un incremento dei tumori.
L’invecchiamento dell’organismo, che facciamo così fatica ad accettare, a livello cellulare è un fattore positivo perché fa invecchiare le cellule cattive…in verità insieme a quelle buone. Certo in futuro sarebbe bello poter distinguere e far invecchiare solo quelle cellule per noi dannose. Ma al momento questo non è realisticamente possibile.