La stellata Cristina Bowerman sul ruolo degli chef: «Siamo diventati riflettori di cultura, dobbiamo stare attenti ai messaggi che diamo ai consumatori»
«Per scegliere il cibo bisogna fidarsi del produttore». Questa è la regola principe di Cristina Bowerman. Quarantanove anni, una stella Michelin conquistata al Glass Hostaria di Roma, unica donna nel 2010 a Roma a potersi fregiare del riconoscimento della Guida francese, Cristina è stata ambasciatrice di Expo e nel 2016 le è stato assegnato il Premio Identità Nuove Sfide. Le sfide, nuove e antiche, Cristina le raccoglie ogni giorno al Glass e altrove, perché è sempre pronta a misurarsi quando le viene proposto di preparare menù con ingredienti particolari. La incontriamo alla presentazione del primo appuntamento dedicato al miele del ciclo “Campi da sapere”, iniziativa di Alce Nero che si propone di far conoscere ai consumatori i prodotti e gli agricoltori che li producono direttamente sui campi. Il suo compito, ça va sans dire, è quello di preparare un menù completo utilizzando il miele in ognuno dei piatti. Cristina, da sempre convinta sostenitrice della tutela delle api e dei benefici nutrizionali del miele all’interno di un’alimentazione equilibrata che non sacrifica il piacere della buona tavola, l’ha messo in una spuma di olio d’oliva, nei ravioli del plin con melanzane affumicate, in una variazione di vitello tonnato e nel budino di tapioca.
Quindi il miele può essere utilizzato in cucina che prescinde dalla sua natura di dolcificatore?
Il miele può essere utilizzato in sostituzione ogni qualvolta sia richiesto l’uso dello zucchero, tanto che si potrebbe evitare di tenere a casa il canonico zucchero bianco. Io lo paragono alla colatura di alici che utilizzo molto nella parte salata della mia cucina perché tendo spesso a usare ingredienti che diano sapidità al piatto, ma che siano più complessi del sale stesso. Lo stesso vale per il miele che aggiunge la dolcezza, ma con sapori aggiunti che in un piatto possono fare davvero la differenza.
Come si sceglie il miele di qualità?
Il problema è un po’ l’industria che gioca con la nostra ignoranza. Certo ci sono delle caratteristiche cui ci si può riferire come l’opacità e il colore, ma il problema è sempre conoscere chi lo produce. Se mi fido del produttore, so che si tratta di un miele buono. E questo vale per tutti i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento.
Quindi la fiducia quando si sceglie un prodotto alimentare è necessaria?
Sì e se c’è una cosa che non capisco è come i consumatori si dimentichino in fretta degli scandali delle industrie alimentari. Secondo me, invece, le aziende vanno punite soprattutto quando le “furbate” tendono ad approfittare della buona fede e dell’ignoranza, nel senso letterale del termine, del consumatore.
Qual è il ruolo degli chef nella trasmissione della cultura del cibo, e più in generale nell’aiutare i consumatori a conoscere gli ingredienti?
La cosa che mi fa molto piacere è che noi chef non siamo più soltanto quelli che cucinano, ma siamo diventati riflettori e contenitori di cultura, abbiamo una capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico e questa capacità va sfruttata al massimo cercando di non confondere i consumatori con operazioni che non rispecchiano i nostri pensieri».
Però capita che gli chef, in particolar modo quelli che vanno per la maggiore anche in tv, pubblicizzino di tutto…
È una questione di coerenza, quando si sceglie un’azienda si dovrebbe capire qual è il messaggio che si sta trasmettendo. Io, per esempio, ne aiuto una che è molto interessata al biologico e alla gestione corretta dei processi industriali, perché non si può pensare che tutti si possa andare a comprare direttamente dai piccoli agricoltori e oggi bisogna lavorare ai processi di miglioramento della qualità anche nelle aziende industriali.
Lei come fai la tua spesa per casa e per il tuo ristorante?
Per casa non la faccio mai, quando ho bisogno di qualcosa mi rivolgo al mio fornitore di fiducia. Se ho bisogno di pesce per mio figlio, per esempio, chiamo il pescivendolo e gli dico di mettermi da parte quello che mi serve fidandomi di lui. Per il ristorante, invece, tendo a farla personalmente al mercato. Poi al Glass, come dico sempre, l’unico problema e insieme l’unica virtù è la mancanza di spazio, quindi prendo gli ingredienti centellinandoli. Al Romeo, invece, che fa anche da negozio posso, io per prima, provare i prodotti.
Uno chef deve pensare più al gusto o alla salubrità del piatto?
Un piatto non può prescindere dal gusto e la perfezione si raggiunge quando entrambe le esigenze sono soddisfatte. Il cibo non può essere soltanto nutrizione, un buon piatto comincia dall’impiattamento che stimola la vista, occorre trovare un giusto mix: i ravioli con melanzane affumicate, acqua di pomodoro e ricotta rappresentano un punto d’equilibrio tra golosità e leggerezza.
Da donna a donna, cosa ti aspetti dalla nuova sindaca di Roma?
Non faccio mai riferimento al sesso di una persona. Oggi della politica mi spaventa la mancanza di capacità critica della gente, le dichiarazioni senza senso, demagogiche e populiste dei politici alla quale in molti abboccano.