Non solo orientate al Profit: le nuove imprese valorizzano le Persone, rispettano il Pianeta nel nome della Prosperità e del bene comune.
Il fondatore del Terra Institute di Bressanone, centro internazionale di competenza per l’innovazione e la sostenibilità delle imprese e della società, è stato tra gli ospiti del Salone CSR che si è svolto a Milano l’1 e il 2 ottobre.
-In cosa consiste il concetto di Good Economy?
È un’economia basata su alcuni principi. In base ad un approccio sistemico cerchiamo di far capire alle aziende che non sono realtà a parte ma che sono inserite in un sistema. Se per esempio consumano energia, materie prime oppure risorse allora vuol dire che sono collegate ad altre aziende che producono materie prime. Legato a questo c’è un concetto di eco-effettività ed eco-efficienza che permette in maniera circolare di produrre senza nessun rifiuto e sfruttando energie rinnovabili.
-Come fa un’azienda a raggiungere il successo economico coniugando sostenibilità ecologica, equità sociale e consapevolezza di sé?
Non è una cosa che parte subito, c’è prima un processo per capire cosa fa l’azienda per poi intraprendere un percorso a medio o lungo termine. Ogni azienda nel dettaglio può fare il suo. Per esempio se un’azienda produce mobili è bene che si domandi da dove viene il legno e come è stato prodotto e che si interroghi su tutta la filiera di produzione. Bisogna poi cambiare la cultura e spesso la struttura dell’azienda. E’ ovvio che all’inizio di questo processo ci siano maggiori costi per l’azienda anche se sono compensati dalla riduzione degli sprechi. Ma poi, già nel medio periodo, ci sono i benefici a partire da quelli che derivano dalla motivazione delle persone che ci lavorano.
-Come è cambiato o come deve ancora cambiare il modo di fare impresa?
Deve cambiare l’approccio sull’obiettivo dell’impresa. Molte aziende sono prevalentemente orientate al profitto, alla crescita, alle quote di mercato. Criteri vecchi di linear economy in cui temi come l’ecologia sono secondari. Ma le aziende più all’avanguardia hanno un equilibrio giusto tra tutti questi fattori e non mettono al centro solo il posizionamento rispetto al competitor ma sviluppano il prodotto al giusto prezzo con la giusta comunicazione in base alle 4 P. Oltre al Profit, cioè, valorizzano le Persone, rispettano il Pianeta nel nome della Prosperità e del bene comune. Si rimettono al centro del fare i valori che l’azienda trasmette.
-Voi avete inventato il Terra Sustainable Company Concept (TSCC): che cos’è? A quali tipologie di imprese può essere applicato?
È un metodo di misurazione dello status quo dove si colloca l’azienda. Può essere applicato a tutte le imprese profit o non profit di qualsiasi grandezza.
-Ma come si può passare da un’azienda 2.0 a una 3.0 creando un valore aggiunto anche dal punto di vista ambientale e sociale?
Come dicevo prima in base al posizionamento dato attraverso 300 indicatori suddivisi in 15 tematiche diverse, facciamo una road map per portare l’azienda ad essere una good company. Il punto di partenza lo decide l’azienda e può riguardare la produzione di un nuovo prodotto legato all’economia circolare oppure può consistere nella revisione della sua strategia o addirittura della sua mission aziendale. Ma ci sono anche casi in cui le aziende sono a posto e chiedono di approfondire la Corporate Social Responsability. E allora partiamo da questo usando metodi come l’Iso 26000 oppure li facciamo abbracciare il modello del bene comune.
-Per rendere le aziende competitive per il futuro che importanza ha il capitale umano?
È la cosa più importante. Noi con il nostro metodo cerchiamo di sviluppare le risorse umane e gestire le persone. Non come fa l’economia lineare dove tutto è legato a concetti aziendali. Noi questa logica l’abbandoniamo. Se la persona lavora bene cerchiamo di inventare delle nuove mansioni adatte a lei e alla sua creatività. Spesso vediamo persone che fuori dal lavoro si dedicano ad attività importanti magari gestendo altre persone o organizzando eventi. A queste persone bisogna dare la possibilità di svilupparsi coinvolgendole nel sistema aziendale dove ora si limitano a lavorare e timbrano il cartellino.
-Ma che convenienza hanno le aziende ad abbandonare il proprio modello di business per abbracciare questo tipo di sistema?
Spesso nelle aziende la responsabilità di tutto ricade su poche persone, a volte anche su una sola soprattutto nelle imprese famigliari. Noi cerchiamo di renderli più felici facendogli vedere l’azienda sotto un altro aspetto che non è solo basato sul profitto ma anche sulla produzione di qualche cosa che è utile anche agli altri. Ogni colloquio ha una sua dinamica e delle volte gli imprenditori si tirano indietro davanti a questo progetto. Salvo poi tornare sui loro passi successivamente per riparlarne.
-Ci sono delle case history di aziende che hanno anteposto alla crescita del proprio fatturato quella del bene comune e delle quali ci vuole parlare?
Ce ne sono tante. Posso portare l’esempio dell’albergo La Perla di Corvara in Alta Badia che ha appena sposato il concetto del bene comune. Hanno rifatto il bilancio, hanno reso gli 85 dipendenti una parte integrante dell’azienda dove per esempio tutti sanno quanto guadagnano gli altri nell’ottica della trasparenza e dove tutto viene deciso in team. E questa azienda va molto bene e genera un enorme cash flow e vuole dare un esempio anche all’esterno.
Ma sono tante anche le aziende che hanno sede nel resto d’Italia. Imprese importanti di tanti settori che, soprattutto esportando all’estero, si rendono conto della presenza di altri valori (ecologia, fattori sociali) nei loro competitor oltrefrontiera. E ci sono anche banche locali che vogliono rivedere il loro modello di business. C’è sempre la possibilità di pensare con un altro paradigma.