Wise Society : Geoff Mulgan: «Solo il capitalismo creativo può salvarci»
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Geoff Mulgan: «Solo il capitalismo creativo può salvarci»

di Sara Hejazi
29 Settembre 2014

L'eclettico intellettuale britannico, autore del saggio "L'ape e la locusta", spiega perché il futuro dipende dai più giovani che devono diventare insetti laboriosi

«Ci troviamo a un bivio storico, economico, etico, che ci si è rivelato durante la crisi del 2007-2008. È una questione di vita o di morte. O privilegiamo i creativi, quelli che diffondono, sviluppano, potenziano idee di ogni genere a beneficio di tutti e che sono l’equivalente umano delle api industriose. Oppure lasciamo sempre più terreno a chi lavora per un profitto immediato, che non vede oltre al proprio naso, che privilegia una strettissima cerchia di amici, a cui lo lega a sua volta una qualche forma di interesse personale: questo è l’equivalente umano delle locuste». Così esordisce Geoff Mulgan, talmente eclettico che è difficile incasellarlo in qualche categoria sociale: oggi è direttore di Nesta (National Endowment for Science Technololgy and the Arts), professore alla University College London, ma è stato anche direttore dell’unità strategica di Tony Blair, nonché monaco buddhista in Sri Lanka. A wisesociety.it spiega come questo possa essere il migliore dei mondi possibili, a patto che nell’eterna lotta tra api e locuste, siano le api a vincere, come argomenta nel suo libro “L’ape e la locusta” (edito per Codice, 2014)

Nel suo libro, l’economia globale – apparentemente complessa – in realtà si divide semplicemente in due: da una parte ci sono le api, dall’altra le locuste…

Gli effetti delle scelte economiche a livello globale sono complesse, ma il comportamento economico dell’individuo contemporaneo è molto semplice. Le locuste aderiscono al capitalismo predatorio: devastano l’ambiente, si appropriano di tutto ciò che è disponibile nell’immediato. Le api invece sono l’anima creativa del capitalismo: lavorano per costruire, lavorano anche per gli altri, migliorano la vita di tutti. L’uomo economico può essere ape o locusta, ma sta alle scelte del governo privilegiare le api, piuttosto che le locuste.

Api - Foto Flickr by Umberto SalvagninStaccandosi da una certa tradizione intellettuale di critica, nei suoi scritti il capitalismo è un sistema potenzialmente positivo. In che senso?

Non ci può essere un giudizio neutro e universale sul capitalismo: il capitalismo è la nostra cultura, ed essendo divenuto la cultura di una grande moltitudine di individui, la sua riuscita dipende esclusivamente da come esso è messo in pratica.

Quindi c’è un capitalismo “felice”?

Certo. Quando comprate dei beni, per esempio tecnologici, e vi accorgete che non funzionano, vi sentite delusi. Quando comprate un prodotto buono e durevole, siete soddisfatti. Nel primo caso, siete stati vittime delle locuste, nel secondo, avete in mano il frutto del lavoro delle api.

Eppure lei scrive che il capitalismo non durerà per sempre. Perché?

Fino al 1989 davanti agli occhi della gente vi erano possibilità alternative al capitalismo. Dopo quella data, le alternative al capitalismo sono sembrate molto meno probabili. Ma nel frattempo, il capitalismo è andato trasformandosi, al punto che adesso naturalmente non è più quello che era all’inizio del Novecento. Per esempio, oggi c’è una forma di capitalismo che dipende esclusivamente da risorse rinnovabili, o che si fonda sulle relazioni tra persone. Si tratta di fenomeni ancora marginali, ma reali. Quindi, non durerà per sempre il capitalismo delle origini, perché in realtà esso è già finito.

Che ruolo possono avere le tecnologie nel nuovo corso del capitalismo?

Le tecnologie rappresentano delle possibilità straordinarie e contraddittorie per gli esseri umani. Internet allarga la partecipazione democratica all’economia, alla cultura, al sapere. Può fornire tutto ciò che serve alle api per vivere. Allo stesso tempo, però la tecnologia permette, per esempio, di mandare droni in Siria, cliccando un pulsante; oppure mette in mano ad aziende monopoliste come Facebook la possibilità di gestire i dati privati di milioni di individui. Metaforicamente parlando, il mondo digitale rappresenta, per eccellenza, il campo di battaglia tra locuste ed api.

Sta dunque al settore pubblico tutelare le api e combattere le locuste. Qual è il punto di partenza pratico?

Studio School (foto dal sito http://www.studioschoolstrust.org)Il sistema educativo. I bambini e i giovani che vanno a scuola non imparano a vivere nel mondo che li attende. Loro stessi ne sono consapevoli, per questo l’Europa è afflitta da un così alto tasso di abbandono dello studio, di demotivazione giovanile, e anche di crisi adolescenziali. Mi sono chiesto a lungo come poter uscire da questa situazione. Abbiamo iniziato a intervistare milioni di ragazzi tra i 14 e i 19 anni, genitori, insegnanti, presidi. Abbiamo consultato le ricerche universitarie condotte sull’argomento. E alla fine siamo emersi con un progetto: Studio School. Si tratta di una scuola nuova, forgiata sul modello rinascimentale della scuola laboratorio. Si impara dalla pratica, e non dai libri, attraverso progetti, lavoro di squadra, attività che vedono la nascita e la realizzazione di un’idea, come la creazione di un robot, di un tavolo o di un videogioco. Siamo partiti con una sola scuola, oggi ce ne sono in tutta la Gran Bretagna, e funzionano. Vogliamo insomma educare i ragazzi a diventare api, solo così potremo salvare il capitalismo “buono”.

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