Wise Society : Gabriele Basilico: un architetto con un obiettivo. La lentezza
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Gabriele Basilico: un architetto con un obiettivo. La lentezza

di di Maria Vittoria Capitanucci
7 Febbraio 2011

Il fotografo milanese da poco scomparso, noto a livello internazionale soprattutto per le sue ricerche sul paesaggio urbano, raccontava in questa intervista a WiseSociety.it come e dove nascevano i suoi scatti. Un modo per ricordare il suo rapporto con la fotografia e il territorio

Gabriele Basilico, fotografoGabriele Basilico milanese, classe 1944, è uno dei maggiori fotografi europei, noto  a livello internazionale, soprattutto per le sue ricerche sul paesaggio urbano. Gli studi di architettura (si laurea nel 1973 al Politecnico di Milano) lo hanno avvicinato da subito all’ambiente dell’editoria di settore, per cui realizza un’ampia serie di lavori: ricerche sulle aree urbane, sul territorio, sull’architettura. Nel 1983 è invitato dal governo francese a far parte del gruppo di fotografi impegnati nella Mission Photographique de la DATAR (Délégation a l’Aménagement du Territoire et à l’Action Regionale) la vasta campagna fotografica tesa a documentare le trasformazione del paesaggio transalpino. Seguono anni di intenso lavoro in cui si alternano commissioni pubbliche e ricerche sul territorio raccolte in libri “culto”: da Italia & France (Jaca Book), a Paesaggi di Viaggi (AGF) da Scambi (Peliti), a L’esperienza dei luoghi fino alla “sconvolgente” serie realizzata su Beirut bombardata e ferita (Basilico/Beirut 1994).

 

Basilico Gabriele, Beirut 1991Le sue opere, per le quali ha ricevuto numerosi premi fanno parte di collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei, istituzioni e gallerie italiane ed europee. Tra queste lo Studio Guenzani di Milano (via Eustachi 10) che ospita, fino al 12 febbraio, una personale di Gabriele Basilico attraverso una selezione di 26 vintage prints (stampe originali) che racchiudono tre diversi momenti della sua opera. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa di più.


Cosa ha scelto di presentare in questa mostra?

 

È una mostra di fotografie fatte parecchi anni fa, che corrispondono a due momenti importanti della mia storia professionale: due progetti impegnativi, due diverse committenze. Si tratta di immagini che, in un certo senso, un po’ si assomigliano per tipo di fotografia, anche se, in effetti, tra le due occasioni c’è una distanza di 7-8 anni.La prima è una selezione di immagini “vintage print”, stampate all’epoca e questo è dimostrato anche dal formato piccolo (20×40) mentre da parecchi anni faccio formati più grandi.

Nella sala grande della galleria viene presentato il lavoro corrispondente a due viaggi lunghi fatti in zone portuali tra il 1982 e il 1988 e che sono diventati, alla fine, il libro e la mostra Porti di Mare (1988). Una ricerca fatta in momenti e luoghi diversi nell’arco di sei anni.

L’altro lavoro, mescolato in parte al primo, anche perché si corrispondono nella forma, nella tipologia e nella scelta dei luoghi, ha invece il titolo Bord de mer. Si tratta di un viaggio nel nord della Francia: un itinerario lineare dal confine del Belgio vicino ad Abuquerque, proseguendo poi verso ovest, attraversando ben tre regioni, fino poi ad arrivare a Mont Saint Michel che segna il confine tra Normandia e Bretagna.

Gabriele Basilico Merlimont plage, 1985 vintage print cm 30 x 40 Courtesy l'Artista e Studio Guenzani, Milano

In che modo le differenti occasioni le permettono di ripensare il suo rapporto con la fotografia e il paesaggio?

 

Bord de mer per me è stato un lavoro molto importante perché aldilà dei risultati positivi, ci sono delle belle foto, onestamente, o dei momenti speciali, l’esperienza più forte in questo caso è stata quello di cambiare il rapporto di sensibilità con il luogo. Lì, in quella circostanza, ho capito cosa era il paesaggio, cosa era la pittura fiamminga, cos’era l’infinito e cosa è lontano.

Abituato ad una fotografia moderna e quindi veloce, quella descritta da Carter Bresson come “l’istante decisivo”, sono riuscito lentamente a stabilire con la realtà, anche grazie all’utilizzo di una camera grande con cavalletto, un rapporto diverso di lentezza dello sguardo, di attenzione. Così facendo sono stato costretto a vedere con gli occhi, con il corpo, camminando, percependo il calore del sole. Tutte cose alle quali possiamo applicare le più ampie retoriche poetiche possibili, ma che di fatto sono un modo differente, più antico e più lento, di capire dove sei, anzi direi meglio, di avere l’illusione di capire dove sei e che cosa stai facendo…

San Francisco

 

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