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Francesco Piccolo: la felicità va cercata nel quotidiano

di Lia del Fabro
18 Maggio 2011

Lo scrittore e sceneggiatore casertano invita tutti a guardare la realtà del nostro tempo con chiarezza ma anche con positività. Puntando sul senso di responsabilità personale e collettivo. Senza perdere di vista le piccole-grandi soddisfazioni della vita, che spesso trascuriamo in attesa di chissà quale gioia assoluta

Francesco Piccolo, credits di Musacchio&IannielloScrittore e sceneggiatore sagace e di successo, che ha lavorato a fianco di grandi registi italiani (da Paolo Virzì a Nanni Moretti), Francesco Piccolo ha la capacità di leggere le cose che lo circondano da una angolazione originale e personale. Non gli piacciono i toni apocalittici che molti usano per descrivere il nostro Paese, né il guardarsi sempre indietro a quando si stava meglio, e in questa Italia in fondo ci vede del buono. Per superare la crisi sarebbe sufficiente usare gli strumenti della democrazia che già esistono e sforzarsi di andare al di là di un Paese sempre più diviso in due. Per lo scrittore casertano, trapiantato a Roma, la responsabilità è un valore da recuperare sul piano  personale oltre che sociale e collettivo, rispetto alle cose che fai o, come nel caso dello scrittore, che narri agli altri.

Secondo lei oggi la gente ha bisogno di ascoltare una voce fuori dal coro?

Da quando scrivo di aspetti politici, mi sono reso conto che effettivamente c’è un’attenzione piuttosto forte rispetto a quello che racconto, e non credo sia tanto merito mio. C’è una tale divisione netta di posizioni ed esiste un’omologazione così diffusa, che spesso leggi quello che ti aspetti. E se non succede, ti sembra sorprendente.

Come le sembra sia la situazione del nostro Paese?

Mi sembra di notare una differenza selvaggia di opinioni, ma a me interessa guardare alle cose che mi appartengono, dentro la mia parte politica, piuttosto che condannare facilmente quella degli altri. Mi piace citare lo scrittore Goffredo Parise, quando negli anni ‘70 sulla sua rubrica del Corriere della Sera rispose a una lettera che conteneva un giudizio molto negativo sul Paese di allora e un rimpianto per l’Italia che non c’era più. Parise rispose che difendeva l’Italia del presente, e non voleva ricordare quella che non esisteva più. Anch’io sto con il Paese reale, non con il passato.

D’accordo. Ma cosa non le piace di questa realtà?

Non mi piace l’Italia divisa in due. E non mi piace che una parte di questo Paese non si ritenga coinvolta e responsabile rispetto a quello che succede. Mentre siamo tutti coinvolti. Quello che mi sembra necessario è il prendersi carico di quello che ci circonda e avere la capacità di stare dentro il presente e al mondo, con positività.

Bandiera italiana sulla cartina, Image by © Ocean/Corbis

Che cosa è per lei la positività?

Non ho uno sguardo apocalittico sul mondo di oggi e anzi lo ritengo un deterrente alla comprensione. Spesso non riusciamo a cogliere neppure i momenti della storia del nostro Paese oggettivamente positivi.  Penso a Pasolini che, nella sua indubbia grandezza, giudicava “conformista e consumista” la vittoria del divorzio ottenuta con il referendum.  Ecco perché scelgo Parise e di stare con la realtà del presente. Non condivido la posizione di quanti dicono che in fondo tutto quello che accade è orribile e allora non c’è alcuna speranza. A me pare di vivere in un mondo più complesso.

E la televisione come ha contribuito nel corso degli anni ai cambiamenti dell’Italia?

Credo che il punto di cambiamento sia avvenuto il 16 ottobre del 1984 quando, per ordine di alcuni pretori, furono oscurate le televisioni private che andavano in diretta attraverso il sistema delle cassette distribuite alle diverse Tv locali. Ecco, quello è stato il momento del cambiamento, quando la gente protestava perché voleva continuare a vedere Dallas, quei programmi e quella Tv. È da lì, da quella decisione e da tutto quello che ne è conseguito che è nata la televisione di oggi.

Su cosa possiamo far leva per uscire da questa situazione?

Sciascia diceva che le regole della democrazia sono sufficienti per combattere le mafie. Oggi le regole della democrazia sono sufficienti per rendere di nuovo questo Paese virtuoso. Non c’è bisogno di regole nuove, ma semplicemente c’è la necessità di avere attenzione per la democrazia, di curarla. Quello di cui ci si occupa poco è proprio il senso democratico del Paese.

Cover libroCi spiega meglio cosa sono i  “momenti di trascurabile felicità” che danno il titolo al suo ultimo e fortunato libro ?

Quelli che descrivo nel mio libro sono i momenti  “trascurati” da tutti noi, quelli che sembra non abbiano autorizzazione ad essere vissuti come autentici momenti di felicità, nella vita di tutti i giorni.

E rispetto alla felicità vera questi momenti in che rapporto stanno?

C’é  una specie di sovra-attenzione alla felicità assoluta, che è un’altra cosa rispetto a quello che descrivo io nel libro. Sono due cose completamente distinte. Io ho scelto di fare una raccolta personale di momenti che ho messo insieme nel corso degli anni su piccole cose che mi accadevano o situazioni quotidiane che mi colpivano. E credo fermamente che questi momenti  di trascurabile felicità abbiano un valore proprio perché fondano un essere umano nella sua quotidianità.

 

 

 

 

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