Lara Gilmore, moglie di Massimo Bottura e presidente di Food for Soul, racconta i progetti dell'associazione non profit che facendo tesoro dell'esperienza di Expo2015 ha moltiplicato i suoi Refettori solidali nel mondo
Food for soul, letteralmente “cibo per l’anima”, è l’associazione non profit fondata nel 2015 da Lara Gilmore e dallo chef tristellato Massimo Bottura per combattere lo spreco alimentare a supporto dell’inclusione sociale e del benessere individuale. A oggi sono 5 i progetti attivi, 95 le tonnellate di cibo recuperate, 52450 gli ospiti accolti e i pasti serviti per 157.350 portate, 2.620 i volontari e 245 gli chef coinvolti. «Quando Massimo seppe che il tema di Expo 2015 era “Nutrire il pianeta” cominciò a riflettere su come avrebbe potuto davvero dare un senso a quella filosofia. Nacque così il Refettorio Ambrosiano, progetto avviato a Expo 2015, un luogo dove oltre 70 grandi chef sono passati per preparare pasti per i bisognosi utilizzando le tonnellate di scarti dei padiglioni ed evitare così ogni spreco», racconta Lara Gilmore, americana di Washington, moglie di Massimo Bottura, e presidente della onlus “Food for Soul”, che è stata una delle ospiti di Care’s, The ethical chef days.
Un’esperienza che non si è esaurita con Expo 2015. Che è accaduto in quei sei mesi?
Quando abbiamo iniziato eravamo armati solo di buone intenzioni e dei valori delle nostre idee, non sapevamo nulla della gestione di una mensa. Poi, molto semplicemente, abbiamo capito che il meccanismo che avevamo creato non aveva bisogno di Bottura per funzionare e che sarebbe stato possibile replicare l’iniziativa. È così che, mettendoci tutte le nostre buone intenzioni, abbiamo deciso di far nascere Food for Soul.
Quali valori vi hanno guidato?
Il valore delle idee degli chef che s’impegnano in cucina con energia per elaborare ricette con ingredienti di scarto, di seconda, terza e quarta scelta o messi via dai supermercati trasformandoli in piatti sani e gustosi. Il valore dell’ospitalità che da 20 anni fa parte del Dna dell’Osteria Francescana e abbiamo voluto applicare al contesto diverso di una mensa per i poveri: è importante nutrire le persone con dignità. Infatti i nostri volontari servono a tavola, riconoscono le persone, chiedono loro come è andata la giornata. Infine il valore della bellezza alla quale tutti hanno diritto: ospitare chi sta passando un momento difficile della propria vita in un luogo bello ricco di arte e design invitandolo a sedere su sedie comode, comunica un messaggio importante. Del resto, come diceva Dostoevskij,«la bellezza salverà il mondo».
Dopo il Refettorio Ambrosiano ci sono quelli di Rio e Londra: qual è il ruolo di “Food for Soul”?
Ogni Refettorio è costituito con gruppi di persone diverse. Come Food for Soul ci occupiamo dei contratti con i partner, gettiamo le basi, invitiamo artisti e chef, favoriamo i legami con i mercati e i supermercati e le associazioni.
Chi gestisce i Refettori?
A Milano la Caritas, a Rio Gastromotiva, onlus che organizza anche una scuola di
cucina per chi non può permettersi corsi costosi, gli studenti lì imparano e cucinano in mensa. A Londra collaboriamo con un’associazione che da 25 anni opera come mensa per gli homeless, ma era in difficoltà. Il prestigioso Studioilse ha sposato la causa e il Refettorio Felix è partito. A breve sarà inaugurato un altro Refettorio sotto la Chiesa de La Madeleine di Parigi: qui abbiamo trovato la collaborazione di Jean-François Rial, presidente del gruppo Voyageurs du Monde, e dell’artista francese JR per gli allestimenti. Entro il 2018 dovremmo aprire un refettorio negli Stati Uniti.
Quando i Refettori sono avviati come si sviluppa il legame originario?
Food for soul rimane partner e ogni Refettorio entra in un circuito di learning network. Ai tre Refettori, poi, abbiamo affiancato altri due piccoli progetti: le socialtables Antoniano di Bologna e Ghirlandina di Modena che accolgono famiglie con bambini in difficoltà ogni lunedì per cena. A Bologna ai fornelli ci sono alcuni chef dell’Associazione cuochi dell’Emilia Romagna che preparano pasti dal surplus alimentare donato da supermercati, produttori e artigiani; a Modena, invece, si lavorano il surplus delle bancarelle del mercato Albinelli. In Italia, poi, stiamo lavorando a piccoli progetti di Torino e Napoli.
In ogni Paese dovete fare i conti con una legislazione diversa sul recupero degli alimenti…
Ovviamente. Ci sono buone leggi in Italia (la 166/16 o “Legge Gadda”, ndr) e in Francia dove addirittura i supermercati vengono multati se gettano via il cibo. In Brasile invece gli accordi vengono fatti con le aziende che quando consegnano il fresco devono portare via i prodotti non più vendibili. Purtroppo, oggi si recupera poco in casa, c’è una grande ignoranza in tema di economia domestica, ci vorrebbe maggiore educazione in questo senso e sapere che si può cucinare sano anche con pochi ingredienti.
Da questa esperienza è nato il libro “Il pane è oro”…
Il sottotitolo è “Ingredienti ordinari per piatti straordinari”. È il nostro modo per incoraggiare le persone a tornare a cucinare. Ci sono ricette che alcuni degli chef invitati ai Refettori hanno realizzato: il falso magro di Pino Cuttaia che è un gran piatto di recupero, la pasta al forno di Viviana Varese fatta con gli avanzi, gli gnocchi di patate e pane secco di Antonia Klugmann e la sbrisolona povera di Fabrizio Mantovani.
Vi è capitato che qualcuno si avvicini a “Food for Soul” solo per ottenere visibilità?
Non fino a questo momento. Io credo nel buon cuore della gente. Oggi abbiamo tutto, ma se non cominciamo adesso a pensare a contrastare lo spreco e usare le risorse nel migliore dei modi fra 20 anni avremo problemi. Spero che i giovani, i nostri figli rendano questo mondo più etico e sostenibile perché nessuna società ha avuto un futuro buttando via risorse, prodotti e ingredienti.
Lei crede nei giovani?
Ci sono dei giovani molto determinati a fare la differenza, sono pronti a ereditare il mondo. Noi ne vediamo tanti, non sempre sono italiani, arrivano da tanti Paesi, bisogna dare loro possibilità di fare esperienze, stage, impegnarli nel volontariato che è qualcosa che cambia la vita. Poi in tutte le società ci sono anche i pigri.
I giovani italiani sono in ritardo?
Nelle scuole superiori italiane dovrebbero dare più valore alle attività extra curriculari, negli Stati Uniti per esempio per l’ammissione al College viene valutato anche l’impegno nel mondo del sociale. Potrebbe essere un’idea anche in Italia: crediti in cambio di questo tipo di impegno.