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Essere genitori oggi: come affrontare le paure del nostro tempo e aiutare i nostri ragazzi a crescere meglio

di Vincenzo Petraglia
17 Aprile 2025

I consigli del professor Andrea Spatuzzi, psicologo e psicoterapeuta, specializzato proprio nel delicato rapporto genitori-figli...

Viviamo in un’epoca segnata da incertezze, instabilità e cambiamenti rapidi che mettono alla prova anche gli adulti più equilibrati. In questo scenario, essere genitori è diventata una delle sfide più complesse ma anche più delicate del nostro tempo. Come possiamo proteggere i nostri figli senza soffocarli e come possiamo affrontare le nostre paure senza trasmetterle loro?

A queste domande cerca di rispondere il professor Andrea Spatuzzi, psicologo, psicoterapeuta e formatore con una lunga esperienza accanto a genitori, educatori e bambini. Lo fa nel suo libro “Genitori oggi. Come affrontare le paure del nostro tempo e dare serenità ai nostri figli” (FrancoAngeli, 2025), un testo che è al tempo stesso una riflessione profonda e una guida concreta per chi ha a cuore la crescita sana ed equilibrata delle nuove generazioni.

Andrea Spatuzzi

Andrea Spatuzzi è psicologo, psicoterapeuta e formatore.

Essere genitori oggi è più complesso e difficile rispetto al passato?

Essere genitori è da sempre uno dei compiti più complessi, e oggi lo è ancora di più a causa di diversi fattori che ostacolano la genitorialità e rendono più difficile raggiungere obiettivi fondamentali, come crescere un figlio felice e realizzato. Rispetto al passato, le difficoltà attuali derivano da un modello educativo incentrato sull’espressività più che sulla regola, che limita l’apprendimento di confini e limiti; l’isolamento e l’individualismo, che riducono il supporto di una comunità di riferimento; la connettività, che rende più difficile monitorare le esperienze dei figli; e gli impegni lavorativi, che sottraggono tempo alla relazione genitore-figlio.

Forse, più che in passato, oggi ci si può sentire inadeguati…

Oggi, molti genitori vivono un forte senso di inadeguatezza, poiché non dispongono più di un modello educativo chiaro da trasmettere ai figli. In passato, la voce dei genitori e dei nonni offriva una direzione precisa, fornendo una guida – giusta o sbagliata – su come crescere i figli. Oggi, invece, questo riferimento è scomparso. Il genitore si ritrova a svolgere il proprio ruolo senza una “scuola di pensiero”, senza modelli educativi consolidati a cui attingere, in un mondo in continua trasformazione, carico di rischi e incertezze, e spesso in totale solitudine. Non sorprende, quindi, incontrare genitori che si sentono inadeguati: stanchi, con poco tempo, incapaci di ascoltare e comprendere i propri figli, emotivamente distanti, schiacciati dal senso di colpa e, spesso, con figli che a loro volta non stanno bene.

Nel suo libro, parla di un “genitore spaventato”. In che modo questo stato d’animo può influenzare la relazione con i figli?

Quando un genitore è spaventato, significa che fatica a gestire le proprie paure, e questa difficoltà si riflette inevitabilmente nella relazione con il figlio, rischiando di danneggiarlo. Attraverso parole, atteggiamenti ed emozioni, il genitore trasmette al bambino un senso di insicurezza, facendogli percepire il mondo come un luogo pieno di minacce. In questo modo, però, non riesce a soddisfare uno dei bisogni fondamentali del bambino e dell’adolescente: sentirsi al sicuro e protetto. 

Un genitore spaventato tende a vedere pericoli ovunque e a reagire in modo difensivo, evitante, eccessivo o irrazionale, anche nel rapporto con il figlio. Ad esempio, se teme i fallimenti scolastici, vivrà con ansia ogni difficoltà del bambino, trasmettendogli questa paura. Il rischio è che il figlio, interiorizzando tale ansia, sviluppi a sua volta un atteggiamento fobico verso la scuola, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Spesso sono le nostre paure a far crescere i nostri figli pieni di quelle stesse paure…

Esattamente. Sono i genitori a determinare se i figli cresceranno coraggiosi e capaci di gestire la paura, oppure spaventati e in balia di essa. Nei primi dieci anni di vita, i bambini vivono in un mondo che è rappresentato e costruito dai genitori. Se in questo mondo viene inserita una dose eccessiva di paura, il bambino svilupperà inevitabilmente un approccio fobico alla realtà

Le paure si trasmettono in modi diversi. Un genitore spaventato, per esempio, potrebbe non riuscire a offrire al figlio un legame costante e rassicurante, perché troppo impegnato a gestire le proprie ansie o perché sperimenta timori nella relazione stessa con il bambino. Oppure, potrebbe manifestare paura, ansia ed evitamento di qualsiasi rischio in modo evidente, diventando un modello che insegna al figlio a percepire il mondo come minaccioso e a reagire attraverso la fuga o l’evitamento.

Lei parla di una doppia paura del genitore.

Sì, il genitore sperimenta una doppia paura: quella legata a sé stesso come individuo e quella nei confronti del figlio. Queste due paure si amplificano a vicenda e, se non vengono gestite adeguatamente, possono trasformarsi in un senso di insicurezza profondo.

Le paure genitoriali sono il risultato di un effetto moltiplicatore e si dividono tra timori antichi e nuove ansie, il tutto all’interno di un contesto sociale sempre più individualista e caratterizzato dall’isolamento, che aggrava ulteriormente la situazione. Tra le paure storiche ritroviamo il timore della guerra, della sofferenza, delle pandemie, del terrorismo e della tecnologia. Le nuove paure, invece, includono l’ansia per gli effetti della crisi climatica, la diffidenza verso gli esseri umani (antropofobia) e la panfobia, ovvero una paura generalizzata che, in Italia, colpisce circa il 10% della popolazione. 

Soffermiamoci sulla paura della sofferenza e su quella della tecnologia…

Sì, la prima è presa in esame per la sua irrazionalità, considerando i progressi della medicina; la seconda, per il suo impatto trasformativo e il potenziale effetto ansiogeno che il rapido sviluppo digitale sta avendo, soprattutto sui giovani. 

copertina libro genitori oggi di Andrea Spatuzzi

Il libro di Spatuzzi è un interessante e utile viaggio nel mestiere più difficile del mondo, quello di genitori.

Se un genitore è dominato da queste paure e non riesce a gestirle, il loro effetto si rifletterà sul figlio, interferendo con la relazione di accudimento ed educativa. In questo modo, la paura diventa l’emozione dominante nella relazione genitore-figlio, trasmettendogli insicurezza e timori.

Ad esempio, un genitore eccessivamente preoccupato dalla sofferenza tenderà a impedire al figlio di andare in bicicletta, usare i pattini o affrontare esperienze che comportano anche il minimo rischio. Potrebbe inoltre evitare di imporgli regole o dirgli di no, per paura di causargli disagio. 

Accanto a queste paure legate ai grandi cambiamenti sociali, esistono anche quelle più dirette e intrinseche al ruolo genitoriale: la paura che il figlio possa fare uso di droghe, avere difficoltà nello studio, essere isolato o non riuscire a realizzarsi.

Tuttavia, nel libro l’attenzione è posta sulle paure dei genitori nel contesto attuale, segnato da trasformazioni profonde e inarrestabili, come il cambiamento climatico e lo sviluppo tecnologico, fenomeni destinati a influenzare sempre più il futuro delle prossime generazioni.

Come si può affrontare nel migliore dei modi, senza rimuoverla, la paura?

La paura è un’emozione fondamentale per la sopravvivenza: preziosa, necessaria e da non eliminare. Tuttavia, come tutte le emozioni, va gestita, compresa e utilizzata a proprio vantaggio. Affrontare la paura significa porsi l’obiettivo di essere coraggiosi, ovvero riuscire ad agire per il bene nonostante la paura stessa. In altre parole, il modo migliore per affrontarla è sviluppare il coraggio. 

Per diventare persone e genitori coraggiosi, è essenziale lavorare sui propri traumi personali, che spesso influenzano negativamente le emozioni. Ma non basta: è altrettanto importante avere una buona conoscenza di sé e costruire un’immagine positiva e solida di sé stessi, capace di motivare ad affrontare sfide e difficoltà. 

A questo si aggiungono altre esperienze che rafforzano il coraggio, come ampliare le proprie conoscenze, migliorare il locus of control (ovvero la percezione di controllo sugli eventi della propria vita), assumersi maggiori responsabilità, adottare uno stile di vita equilibrato, coltivare la gentilezza e l’accoglienza, e molto altro ancora.

Riuscendo in questo percorso, si diventa non solo più sereni, ma anche più coraggiosi. E con più coraggio, si sarà in grado di tollerare le inevitabili paure che accompagnano il ruolo di genitore e, più in generale, il vivere quotidiano.

Quali sono i maggiori problemi dei ragazzi di oggi? Quali le maggiori insidie per loro poste dal mondo contemporaneo?

Dal punto di vista clinico, i problemi più diffusi tra i giovani di oggi sono l’ansia e la depressione, a volte distinte, ma spesso intrecciate. Come gli adulti, anche bambini e ragazzi vivono — direttamente o indirettamente — le difficoltà della società in cui crescono. Se il contesto attuale è segnato da cambiamenti rapidi, individualismo, isolamento, competizione esasperata, incertezza e violenza, e se le istituzioni perdono autorevolezza e valore, tutto questo si riflette inevitabilmente anche sulle nuove generazioni. 

Il risultato è un ambiente carico di insidie per i giovani, tra cui spiccano l’impatto della tecnologia, l’isolamento dovuto alla trasformazione delle modalità di relazione, l’esaltazione dell’espressività a discapito di limiti e regole e, non da ultimo, la presenza di genitori spaventati. Nonostante il loro amore, questi ultimi spesso faticano a proteggere i figli da queste sfide e a trasmettere loro sicurezza e protezione.

La maggiore violenza fra minori quanto è legata alle paure e alla conseguente fragilità dei ragazzi?

Non credo che oggi ci sia più violenza tra bambini e ragazzi rispetto al passato. Negli anni Settanta, ad esempio, la violenza tra i giovani non era certo meno diffusa di oggi, seppur spesso giustificata da ideologie. Quello che è cambiato, invece, è la percezione della paura, strettamente legata a un crescente senso di fragilità che ci rende vulnerabili anche di fronte a rischi minimi. Questo spiega perché, in un Paese in cui i crimini comuni sono in costante calo — e spesso confinati all’ambito familiare — ci sia comunque una forte richiesta di maggiore sicurezza nelle strade. 

Questa fragilità amplifica la percezione del rischio e porta a interpretare molte situazioni come atti di abuso, ingiustizia o violenza, senza possibilità di confronto o crescita, ma solo come fonti di sofferenza da respingere

Un effetto significativo di questa vulnerabilità è la scomparsa dei momenti di iniziazione, fondamentali per il passaggio all’età adulta. Un tempo, l’educazione passava anche attraverso le esperienze vissute fuori casa, per strada, dove si imparava a confrontarsi con la realtà, con i suoi aspetti positivi e quelli più difficili, sviluppando coraggio e costruendo legami con i coetanei, che rappresentavano una vera rete di supporto. Oggi, la paura che permea la società – e che coinvolge sia giovani che genitori – impedisce di vivere questi momenti di crescita, privando i ragazzi di esperienze essenziali per il loro sviluppo e il loro ingresso nell’età adulta.

adolescenti

Foto: Aedrian Aalazar / Unsplash

Prima accennava all’ecoansia e alla paura della tecnologia. Più nel dettaglio, come questi fenomeni influenzano i genitori e i bambini di oggi?

Un genitore in preda all’ecoansia non riesce a gestire in modo equilibrato la paura legata agli effetti della crisi climatica. Di conseguenza, sviluppa un timore eccessivo, irrazionale e sproporzionato nei confronti degli eventi climatici estremi. Nel rapporto con il figlio, questa visione distorta del problema si riflette inevitabilmente, trasmettendogli ansie e insicurezze. Il bambino assorbe questa paura non solo attraverso i racconti del genitore, spesso carichi di apprensione, ma anche percependo il suo stato emotivo. Se il genitore è spaventato, il bambino si sentirà vulnerabile e privo di protezione – “Se mamma o papà hanno paura, chi potrà rassicurarmi?”

Oltre a influenzare il figlio emotivamente, un genitore con ecoansia modificherà anche il proprio comportamento: eviterà di uscire se il cielo è nuvoloso per paura di temporali, fulmini o vento forte e imporrà severe punizioni se il figlio non segue uno stile di vita ecologico. 

Allo stesso modo, un genitore che teme la tecnologia sviluppa ansia ogni volta che si confronta con essa. La sua reazione può essere di evitamento o di ostilità, e nel libro distinguo tre livelli di questa paura, da moderata a forte. Un genitore tecnofobico trasmetterà inevitabilmente questa paura al figlio ogni volta che la tecnologia entrerà nelle loro interazioni, influenzando il suo approccio.

Il bambino potrebbe sviluppare una reazione fobica verso la tecnologia oppure, al contrario, esserne attratto in modo eccessivo e dipendente. In questo ambito ci potrebbero essere genitori con un atteggiamento permissivo nei confronti della tecnologia, lasciandolo senza guida e aumentando il rischio di un uso eccessivo. In altri, potrebbe imporre restrizioni rigide o vietarne l’uso, creando conflitti e alimentando frustrazione e curiosità del figlio, che potrebbe cercare di compensare la limitazione con un uso incontrollato appena possibile.

In definitiva, paure incontrollate come l’ecoansia o la tecnofobia si insinuano in ogni aspetto della relazione genitore-figlio, influenzandola profondamente, anche quando il genitore cerca di mascherarle o agisce con le migliori intenzioni.

Importanti alleati dei genitori e dei ragazzi di oggi potrebbero essere gli insegnanti, con i quali però, purtroppo, non sempre “corre buon sangue”, anzi…

Gli insegnanti sono sempre stati alleati dei genitori e degli studenti, ma oggi questa alleanza si è incrinata a tal punto che non è raro leggere di episodi di aggressione da parte di genitori o studenti nei confronti dei docenti. Questo deterioramento è riconducibile ad almeno due grandi fattori. Il primo è l’eccessiva mole di responsabilità attribuite alla scuola, spesso senza il supporto di risorse adeguate.

Oltre all’istruzione, le viene richiesto di occuparsi dell’educazione, dell’integrazione, dell’educazione alla sessualità, del recupero dei soggetti fragili, della prevenzione delle dipendenze, dell’educazione civica e alimentare, generando aspettative spesso irrealistiche. Quando queste aspettative vengono disattese, la frustrazione si trasforma in rabbia verso l’istituzione scolastica

Il secondo fattore è la crescente paura dei genitori ad accettare le difficoltà e gli insuccessi dei figli. Questo porta a un atteggiamento sempre più aggressivo nei confronti degli insegnanti, accusati di non aver valorizzato o premiato adeguatamente gli studenti. Perché la scuola possa tornare a essere un vero alleato di bambini, ragazzi e genitori, è necessario un cambiamento profondo. Servono politiche che valorizzino l’istituzione scolastica e il lavoro degli insegnanti, insieme a un rinnovato approccio culturale che restituisca centralità alle regole e ai limiti, elementi essenziali per il benessere individuale e collettivo.

In conclusione, che consigli possiamo dare ai genitori di oggi?

Il consiglio è di leggere il libro “Genitori Oggi”, dove esploro il tema della paura dei genitori e propongo diverse strategie per migliorare il suo controllo. La paura non deve essere demonizzata, poiché è un’emozione fondamentale, ma è essenziale ridimensionarla e imparare a gestirla a proprio favore. Solo così possiamo evitare che ci danneggi, sostenendoci nell’adattamento e nell’autoconsapevolezza. Se si riesce a fare questo, i genitori vivranno in serenità e felicità, e cresceranno figli altrettanto sereni e felici.

Vincenzo Petraglia


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Andrea Spatuzzi

Psicologo, psicoterapeuta e formatore
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