L’associazione Veronica Sacchi promuove, forma e sostiene il volontariato giovanile attraverso l’insegnamento della clownterapia, la famosa medicina del sorriso del medico Patch Adams. Ce ne parla il fondatore
L’idea di Ettore e Claudia Sacchi è nata per ricordare Veronica, la figlia morta in un incidente stradale, che amava sorridere e aiutare gli altri.
Questo progetto è diventato un motore di allegria. Dal 2001 a oggi l’associazione ha formato 200 volontari clown che hanno portato i loro sorrisi in giro per il mondo. Incontriamo Ettore Sacchi, vicepresidente dell’Associazione, ora diventato anche clown.
Come si è evoluta l’associazione in questi anni?
È cresciuta molto, nonostante i nostri impegni di lavoro. Mia moglie è la presidente, io, quando posso, faccio anche il clown. Abbiamo iniziato a prestare servizio di volontariato in un ospedale, ora ne frequentiamo cinque a Milano, uno a Lodi e due case di cura in Lombardia. Teniamo corsi di clownterapia nelle scuole.
Da tre anni collaboriamo con il Telefono azzurro; ci chiamano perché riusciamo a rasserenare con giochi e scherzi situazioni difficili.
Con il progetto “Ah!Ah!Ah! Giovani volontari cercasi” portiamo i corsi di clown anche nelle scuole. L’obiettivo è riuscire a far capire ai giovani che dare è molto importante anche per loro.
Chi sono i volontari?
Ogni anno organizziamo un corso, della durata di 5 week end, a cui segue il tirocinio, in cui i neovolontari vengono affiancati ai clown più esperti. In quasi dieci anni sono usciti più di 200 ragazzi, che sono stati capaci di far sorridere nelle situazioni più delicate e difficili.
I partecipanti hanno in media dai 17 ai 35 anni. Spesso ci chiamano quelli over 40, ma abbiamo scelto di sensibilizzare al volontariato i più giovani e tendiamo a mantenere questa linea.
La clownterapia è un modo piacevole di avvicinare i ragazzi, per metterli alla prova. Ci sembra importante che possano imparare ad aiutare gli altri, in uno spirito di simpatia e coinvolgimento. Tra coetanei riescono a entusiasmarsi con maggiore impegno, e anche se molti si perdono, c’è uno “zoccolo duro” che resiste e trascina gli altri nelle uscite (la frequenza varia da una volta alla settimana a una al mes).
Come sono nati i viaggi all’estero?
Il naso rosso del clown può servire ovunque. Non solo in ospedale o nelle case di cura. Fare ridere è un’attività senza frontiere, il clown può comunicare facilmente in tutto il mondo. Nei paesi stravolti da eventi terribili come guerre, incidenti nucleari, terremoti, tsunami, il sorriso serve, eccome. Ecco perché siamo intervenuti in altre nazioni e continueremo a farlo.
Le missioni all’estero vengono fatte appoggiandosi alle Organizzazioni non governative locali. L’associazione finanzia il 50% del viaggio, il resto lo mette il volontario che, in questo modo, è anche più motivato a farlo. Siamo stati in Palestina, Romania, Albania, Ucraina e India.
E l’incontro con Patch Adams?
Ho conosciuto il famoso medico in Russia, dove ogni anno organizza un “tour” negli ospedali. Direi che Robin Williams lo rappresenta perfettamente nel film che racconta la sua storia.
È un uomo magnetico, carismatico, unico. Sono rimasto particolarmente colpito nel conoscerlo. E prima o poi andrò a trovarlo negli Stati Uniti.
Cosa vi ha dato l’associazione in questi anni?
I progetti hanno un’evoluzione e una continuità che da una certa soddisfazione. Direi che siamo sulla giusta strada.
E poi ci è sembrata il modo migliore per tenere vivo il ricordo di nostra figlia.
Non essendo un uomo di fede, quello che mi è successo non sono riuscito ad accettarlo, e forse non lo accetterò mai. Non riesco a leggerlo in virtù di un disegno soprannaturale.
Vedere crescere l’associazione, stare in contatto con giovani che hanno l’età che avrebbe avuto nostra figlia mi ha veramente aiutato. E penso che Veronica sarebbe contenta. All’inizio organizzavo solo i corsi, ora faccio anche il clown. C’è sempre spazio per un sorriso.