Wise Society : Dermoecocompatibilità: la nuova frontiera dei cosmetici “green”
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Dermoecocompatibilità: la nuova frontiera dei cosmetici “green”

di Francesca Tozzi
20 Agosto 2013

Basta con i prodotti, poco sostenibili, derivati dal petrolio. Sì invece all'approccio dell'associazione scientifica Skineco per nuove formulazioni amiche della pelle e dell'ambiente

Riccarda SerriI consumi di prodotti cosmetici in tutta Europa hanno ormai raggiunto livelli molto alti: si parla di più di due milioni di tonnellate all’anno. E ogni giorno ne vengono immesse nell’ambiente oltre cinquemila tonnellate. Questo perché la normativa europea vigente non considera ancora la biodegradabilità delle sostanze utilizzate nei cosmetici. Nel frattempo, nonostante il mercato proponga prodotti dalle formulazioni sempre più sofisticate e, a detta del marketing, sempre più efficaci, i problemi della pelle sono in aumento. La soluzione è la dermoecocompatibilità, un nuovo approccio ideato da Skineco, associazione scientifica internazionale di eco dermatologia, per favorire lo studio e lo sviluppo di formulazioni cosmetiche amiche sia dell’ambiente sia della pelle. Ma l’associazione, presieduta dalla dermatologa Riccarda Serri, nasce anche per supportare a 360 gradi tutte le aziende pronte ad assumersi la propria responsabilità ecologica lungo tutto il ciclo di vita del prodotto, dalla formulazione fino allo smaltimento finale.

Più attenzione per la membrana che riveste l’organismo

Come opera Skineco?

LogoIn questo momento stiamo lavorando per creare consumatori consapevoli: la gente deve capire l’importanza di tutto quello che entra in contatto con la propria pelle perché è l’interfaccia tra l’organismo umano e l’ambiente esterno. Tutto questo, dai cosmetici ai tessuti ai detergenti, dovrebbe essere, nell’ottica di Skineco, il più possibile dermoecocompatibile quindi compatibile sia con l’ecosistema cutaneo sia con l’ambiente. Pensiamo a cosmetici sostenibili nell’intero ciclo produttivo, non solo quindi biodegradabili ma anche fatti con ingredienti il più possibile ecologici, ben tollerati dalla pelle umana ed efficaci nelle loro funzioni. L’ecologia fino ad ora ha sempre trascurato gli aspetti dell’efficacia funzionale e della dermocompatibilità concentrandosi solo sull’ambiente. D’altra parte le grandi multinazionali cosmetiche tendono a privilegiare nelle formulazioni ingredienti poco sostenibili perché sono più economici, perché rendono meglio, e perché sono alla base di formulazioni collaudate.

Per esempio?

I derivati dal petrolio, come per esempio la vaselina, e i siliconi. Questi ingredienti sono massicciamente presenti nella cosmesi classica e sono ammessi dalla legge perché non sono tossici per la pelle, anzi sono inerti e stabili, non irrancidiscono, non provocano allergie, danno una bella consistenza al cosmetico; hanno insomma un sacco di qualità. I consumatori sono abituati ai prodotti che le contengono perché sono queste sostanze che ne determinano le caratteristiche di gradevolezza. Non sono, però, ecocompatibili perché provengono da fonti non rinnovabili: l’olio di paraffina, per esempio, deriva dal petrolio. Inoltre, sulla lunga distanza, secondo me, non fanno bene. Una delle ragioni è che l’idratazione data dall’olio di vaselina e dalla paraffina è una idratazione per occlusione perché limita la perspiratio cutanea e tiene l’acqua in sede. Idratarsi sempre con cosmetici occlusivi non è una buona idea per la pelle.

Chimica verde alla riscossa

Esistono sostanze alternative sostenibili in grado di dare al cosmetico le caratteristiche di gradevolezza cui siamo così affezionati?

Crediti: ImageZoo/CorbisGrazie al lavoro sinergico fra chimici e dermatologi esistono già sostanze in grado di svolgere le funzioni dei petrolati in modo sostenibile. Stanno nascendo sempre di più prodotti da chimica verde: è un ramo in forte espansione. All’ultimo “In-Cosmetics”, importante fiera per addetti ai lavori, sono state presentate nuove molecole simil siliconiche, vaseline vegetali, e i polideceni che sono come la vaselina ma non derivano dal petrolio.

Derivano da piante?

Non solo da piante. È un luogo comune assurdo vedere nelle piante l’unica fonte di una cosmesi sostenibile così come è assurdo vedere sempre nel laboratorio un nemico della sostenibilità. Ci sono anche prodotti di sintesi amica. E così le piante possono essere utilizzate in modo non ecologico: se tu per ricavare degli oli essenziali vai a prendere una pianta in estinzione, per esempio il sandalo, o una pianta che sta dall’altro capo del mondo per cui per usarla devi fare attraversare a una nave tutti gli oceani la tua scelta non è più sostenibile. C’è grande richiesta di prodotti derivanti dal cocco ma le piantagioni sono così pompate dalla domanda che si rischia un danno da sovrapproduzione. Forse allora sarebbe meglio non avere tensioattivi che derivano sempre e solo dal cocco. Purtroppo in questo campo c’è ancora poca scienza e molta demagogia. In certi casi l’uso di un po’ di vaselina può essere una scelta migliore rispetto a quello di un olio vegetale di cui non si conosce la provenienza. Bisogna considerare sempre l’insieme. È un work in progress. C’è da studiare tutto un nuovo modo di fare i cosmetici, un modo che richiede costi superiori, almeno in una prima fase. In Italia c’è già la tecnologia per fare cosmetici efficaci sia eco sia dermocompatibili.

Ma le aziende cosmetiche sfruttano queste possibilità? A che punto siamo?

Diciamo che la richiesta di questo tipo di cosmetici è in crescita e quindi spero che questo induca le aziende a darsi da fare. Il problema è che i consumatori hanno spesso le idee confuse su questi argomenti e non sanno scegliere. Chi ha le idee chiarissime è la nostra pelle. Non è un caso che da una parte il marketing esalti cosmetici miracolosi mentre dall’altra la gente ha sempre più pruriti e dermatiti, e la pelle non risponde sulla lunga distanza bene come uno si aspetta. Ci sarà un motivo. Ci sono sempre anche maggiori problemi di pelle al sole nonostante i nuovi solari. È sempre la pelle che è sbagliata? L’informazione è oggi dominata dalle promesse del marketing. Invece noi vorremmo che fosse la pelle la protagonista, la pelle come nostro ecosistema. E vorremmo accompagnare le aziende nella svolta sostenibile.

La necessità di nuove norme legislative in materia

Le aziende che hanno scelto la strada della dermoecocompatibilità sono in qualche modo premiate o incentivate dal sistema economico e istituzionale?

Per il momento no. In Italia viene premiato chi dà soldi a chiunque e spesso i grandi gruppi cosmetici che vengono premiati sono gli stessi che hanno ideato i premi. Quanto agli incentivi, non c’è alcuna forma di certificazione ecologica relativa ai cosmetici che sia gestita e garantita dallo Stato. Ci sono marchi privati di ecologia ma non c’è nessuna legge che dica che il prodotto cosmetico deve avere un certo grado di biodegradabilità. C’è sui detersivi ma non c’è sui cosmetici. Come Skineco abbiamo portato avanti un progetto di legge che dice che bisogna anche valutare la sostenibilità del cosmetico nel suo intero ciclo produttivo. Forse noi siamo in anticipo rispetto alle norme che verranno ma tutto il mondo ormai va nella direzione della sostenibilità, necessariamente. Lo dimostra il fatto che anche grandi multinazionali come L’Oréal, Beiersdorf, Johnson & Johnson si stanno dotando di loro linee ecologiche e sostenibili. Per cui, secondo me, le aziende che già oggi cominciano a organizzarsi in questo modo saranno favorite nel momento in cui questa scelta diventerà un obbligo. E sarà soprattutto la domanda di un consumatore con le idee finalmente più chiare a sostenere questo nuovo mercato.

Foto di Gwen Harlow/flickr


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