Prima parte dell'intervista al giornalista e scrittore Daniele Biacchessi, sempre impegnato nella ricerca della verità con strumenti e linguaggi diversi. Ora di nuovo sul palco con "Aquae Mundi", premio Unesco 2011
Daniele Biacchessi, è giornalista, (vice-caporedattore di Radio24-Il Sole 24 Ore) scrittore, autore, regista e interprete di teatro civile, sempre impegnato nella ricerca della verità con strumenti e linguaggi diversi. Per la sua attività ha ottenuto numerosi riconoscimenti: dal premio Cronista 2004 e 2005 per il programma Giallo e nero al “Raffaele Ciriello” 2009 per il libro Passione reporter, fino al premio Unesco 2011 per lo spettacolo Aquae Mundi, l’acqua è un bene comune, prodotto da Coop, musiche di Gaetano Liguori e immagini di Godfrey Reggio, tratte dal film Koyaanisqatsi. (Per date tour e altre info: www.danielebiacchessi.it)
Si è fatta piena luce sugli anni della strategia della tensione o ci sono ancora ombre?
Tutto ciò che è accaduto in Italia, dal 1969 a oggi, come stragi e omicidi politici, non è avvolto dal mistero. Conosciamo con precisione quegli avvenimenti. Le carte però ci rimandano una verità storica. Manca quella giudiziaria.
Qualche collega che è stato un modello per lei?
Tra gli altri, Giorgio Bocca, Marco Nozza e Gianni Flamini. Li chiamavano “pistaroli”, erano come gli indiani, seguivano delle piste. E quando un questore, un prefetto o un procuratore capo della Repubblica organizzava una conferenza stampa e raccontava la sua verità, loro tendevano a non credergli anche se magari dicevano il vero. Io e tanti altri colleghi, nella lunga e paziente ricerca della verità, abbiamo trovato un muro di gomma, siamo stati spesso isolati. Come nel caso dell’abbattimento del DC-9 nei cieli di Ustica la sera del 23 giugno del 1980, in uno scenario di guerra. Non ci fu alcun crollo strutturale dell’aereo, come invece accreditato inizialmente dalle fonti ufficiali. E se noi avessimo creduto a questa versione, avremmo dovuto scrivere per anni che si trattava di un cedimento strutturale. Ciò che ci ha fatto andare avanti è la ricerca della verità. La differenza è tra il giornalista che consuma le suole delle scarpe e quello che sta davanti a internet e crede di avere capito tutto. Insomma, tra chi vuole vedere le cose con i propri occhi e chi si accontenta di uno schermo, di una realtà diciamo “virtuale”.
Lei va a raccontare le storie del nostro passato nelle scuole, ai ragazzi. Perché lo fa?
Sono originario della zona di Monte Sole, in provincia di Bologna. Il sabato ci si riuniva a fare delle gran mangiate in famiglia, durante le quali noi bambini “rompevamo” e per farlo avevamo bisogno di una controparte, che era il nonno. Alla fine di queste abbuffate incredibili, dove ognuno portava qualcosa, lui si piazzava davanti al camino, anche d’estate. Caricava la pipa di tabacco e ci chiamava a raccolta con un “Allora!” imperioso. Noi accorrevamo sull’attenti, come soldatini, e iniziava a raccontarci una storia. Sempre quella, sempre la stessa: la vicina Marzabotto, dove i nazisti in ritirata uccisero 1830 persone, il 29 settembre 1944. Allora noi ci ribellavamo: “Ma nonno, perché ancora questa, dove muoiono tutti questi ragazzini?” Ogni volta però cambiava qualche dettaglio: o pioveva o c’era il sole oppure la luna piena. Ora capisco cosa faceva. Teatro civile. La storia sembrava uguale, invece era diversa. Come lo era lui che raccontava e noi che ascoltavamo. Servono gambe buone su cui fare camminare queste storie.
Se non si continua a raccontarle, muoiono. E in Italia sono tante. Mentre pochi quelli che le riprendono. Noi “cantastorie” lo facciamo. Nelle scuole, nei teatri, nelle piazze.
Il referendum sull’acqua. Crede che ci sia l’intenzione di applicarne gli esiti?
In Italia sono tanti i referendum i cui esiti sono andati disattesi. Ma resta comunque un istituto importante di democrazia. Il problema è sempre la sua traduzione attraverso la politica. La mia impressione è che la gran parte dei nostri politici fossero a favore della privatizzazione e si siano trovati di fronte a una forte maggioranza di popolazione contraria. La politica oggi ha la chance di riavvicinarsi ai cittadini, facendo una cosa semplice: attuare il risultato del referendum che ha detto “no” alla privatizzazione perché l’acqua è un bene comune, pubblico.
A proposito, con Aquae mundi ha vinto il premio Unesco 2011. Perché questo tema?
Soprattutto per sottolineare l’utilizzo sbagliato che l’uomo ha fatto dell’acqua e che ha portato tragedie. Poi per raccontare i Paesi sottosviluppati, dove questo bene primario manca o non è sufficiente. Nazioni che sono sottosviluppate a causa dello sviluppo sbagliato dei Paesi ricchi. Ma anche per dire che oggi abbiamo la possibilità di cambiare. Perché c’è maggiore consapevolezza e le tecnologie possono darci una mano. Spero che le nuove generazioni mettano in pratica un consumo consapevole.
Tappe del 2012, dove il pubblico potrà vedere lo spettacolo?
Il 23 marzo a Vigevano, al Cine Teatro Odeon (ore 21) e il 20 maggio a Modena, al Teatro Tempio (ore 21)