La tenace imprenditrice sarda, premiata proprio in questi giorni con il "Sodalitas Social Award 2013" racconta la sua "filosofia verde" e la sua mission: creare lavoro attraverso l'ascolto delle persone e dell'ambiente, realizzando innovativi prodotti per l'edilizia con lana ovina e scarti agricoli. A emissioni e km zero
Daniela Ducato, cagliaritana, 53 anni, è una delle protagoniste della green economy più conosciute e apprezzate in Italia e all’estero. Da anni vive e lavora a Guspini (entroterra sardo del Medio Campidano) dove ha fondato tra 2008 e 2009 Edilana ed Edilatte due aziende modello nell’ambito della bioedilizia, dell’architettura e dell’eco-design (cui si sono aggiunte anche Editerra e OrtoLana) che producono speciali materiali “glocal”, innovativi e di eccellenza, utilizzando sia 100 percento lana di pecora autoctona sarda, sia eccedenze e scarti di pastorizia, agricoltura e apicoltura, tutti certificati a emissioni zero.
La filosofia di vita e di lavoro di questa coraggiosa ricercatrice e imprenditrice sarda viene da lontano: dalla passione per la natura, l’arte, la condivisione. Ma anche dallo scambio di conoscenze e dall’importanza di fare “rete”. Già nel 1996 aveva deciso di partecipare alla fondazione della Banca del Tempo di Guspini, dove al posto del denaro si scambiavano monete di tempo, di saperi, di competenze che avrebbero poi aiutato a far nascere (tra il 1996 e il 2012) importanti iniziative sociali e imprenditoriali nel territorio, come la “Casa verde CO2.0” polo produttivo “carbon free” a zero consumo di territorio e risorse idriche, che oggi Daniela Ducato coordina.
Moltissimi i premi e i meritati riconoscimenti che sono arrivati alle sue imprese all’avanguardia per sostenibilità e CSR in pochi anni (da quello “Innovazione Amica dell’Ambiente” di Legambiente a quello di Ecomondo-Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile).
Ma tanto successo non è arrivato dal nulla. Il segreto c’è e si vede: aver creato una virtuosa sinergia di produttori, aziende, competenze e ricerche condivise, capaci di realizzare non solo materiali ma anche economie e progetti eticamente corretti, rispettosi delle persone e dell’ambiente, investendo sul lavoro di squadra e la valorizzazione di tutti, come spiega la stessa Ducato in questa intervista a WiseSociety.it.
Questo è il senso anche dell’ultimo, prestigioso premio ottenuto da Edilana proprio in questi giorni (1° posto tra 244 progetti innovativi nazionali) nella categoria “Consumo Sostenibile e Catena di Fornitura responsabile”. Si tratta del Sodalitas Social Award (in media partnership con Il Sole 24 Ore) promosso dalla Commissione UE insieme con CSR Europe e Business in the Community, in ben 28 Paesi, e che ogni anno viene assegnato ad imprese, associazioni imprenditoriali, distretti industriali ed organizzazioni che si siano concretamente impegnate in progetti di sostenibilità d’impresa.
Come le è venuto in mente di utilizzare un materiale diciamo “inflazionato”, come la lana di pecora in Sardegna, per prodotti dedicati all’edilizia così innovativi?
Siamo partiti dall’idea che l’uso di materiali coibenti per il risparmio energetico sta, paradossalmente, dilatando l’inquinamento e stanno crescendo in modo vertiginoso i consumi di prodotti petrolchimici: dall’isolante del tetto all’imbottito del divano al pacciamante agricolo. Viviamo dentro case-buste di plastica che chiamiamo efficienti e sostenibili. Confortati dalla parola “riciclabile” siamo, in realtà, sempre più immersi nel petrolio.
Qui in Sardegna abbiamo la fortuna di operare in un paesaggio sano, carbon free ad alto impatto emozionale che acuisce i nostri sensi. La nostra azienda è sita nel polo industriale di Guspini, immersa una campagna costellata di pecore e ovili, a 15 minuti dal mare potente e magnifico della Costa Verde e a 15 minuti dal massiccio del Monte Linas. E a seconda del vento abbiamo la fortuna di lavorare e respirare profumo di mare o essenza di montagna.
Siamo partiti da ciò che madre natura ci offre in abbondanza: la lana di pecora. Grazie alla lana possiamo restituire agli edifici un’anima senza petrolio e salvaguardare la salute del mare, delle montagne, della terra dell’aria. La nostra isola è la regione che vanta il 60 percento del patrimonio ovino nazionale. Ma questo non è sufficiente per produrre un eccellente prodotto fono-isolante. Ciò che conta di più è la materia grigia, ovvero l’intelligenza collettiva frutto di sinergia, di competenze scientifiche, tecniche, imprenditoriali che viene messa in atto e produce innovazioni reali.
Tutto questo si è tradotto per Edilana in una ingegnerizzazione industriale all’avanguardia. Ecco perché altri materiali isolanti, sempre in lana di pecora, non riescono a raggiungere i nostri stessi valori di isolamento termico e acustico, compresi quelli realizzati con l’aggiunta del polistirene. Edilana ha anche un altro primato ambientale: è l’unica industria italiana del settore a realizzare l’intero ciclo produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, a km zero senza importazioni.
Oltre a materiali per la bioedilizia vi occupate anche di ecodesign e agricoltura bio. Ci racconta di più su queste attività?
Dopo Edilana (2008) sempre con la medesima modalità di ascolto del territorio e delle sue materie prime sono nate Edilatte (2009) e Editerra (2011). La prima realizza pitture, intonaci, finiture a base di eccedenze agricole e sottolavorazioni di latte ovino, miele, olio di oliva, vinacce e altre 150 tipi di “scarti”. Si tratta della prima pittura nata in Europa 100 percento zero acqua. Edilatte nel 2010 ha bissato Edilana aggiudicandosi il premio “Innovazione Amica per l’Ambiente 2010” di Legambiente.
Editerra (2011) è invece una linea completa di termomattoni, intonaci rasanti, decorazioni e arredi per l’interior design a base di una innovativa fibra di terra. Tra le ultime innovazioni gli arredi leggeri e resistenti realizzati sempre con fibra di terra cruda, lana, miele, latte.
Poi c’è OrtoLANA (sempre nata nel 2011) che produce invece geotessili e termo pacciamanti 100 percento di pura lana vergine di pecora sarda, per il green design e per l’agricoltura biologica. Sia OrtoLANA che Edilana abbattono fino al 50 percento le immissione di CO2 rispetto agli isolanti o ai pacciamanti di importazione, fino al 70 rispetto a quelli a base di materiali riciclati e fino all’85 percento rispetto a quelli minerali e petrolchimici.
Qual è la vostra idea di sostenibilità e come la mettete in pratica?
Produciamo innovazioni e posti di lavoro dignitosi, in Italia, valorizzando il talento e facendo squadra. Ogni nostro prodotto riporta, oltre ai valori tecnici, la tracciabilità ambientale, sociale ed etica compresa la storia e la geografia di persone e territori coinvolti nella filiera. Produciamo ciò che siamo, 100 percento “made in Italy” dove siamo, con quello che abbiamo. Questo è per noi sostenibilità.
Per anni la Sardegna, in nome della creazione di posti di lavoro, ha agevolato un’economia fondata sull’assistenzialismo e sul sacrificio del paesaggio. Noi produciamo posti di lavoro sentendoci anche custodi del paesaggio.
Per Edilana è fondamentale produrre pulito e in modo non assistito con modalità autoportanti ed economicamente sostenibili quindi a km zero con materie eccedenti rinnovabili (la lana ricresce) abbondanti e locali. Rifiutiamo sistematicamente le proposte (che ci arrivano sempre più numerose) per produrre fuori dall’Italia a prezzi stracciati, attraverso progetti finanziati con denaro pubblico in nome della solidarietà sociale e di altre etichette ecofurbe solidal-green.
Nel nostro settore si tratta di una prassi in assoluta controtendenza rispetto alle leggi del green building, che per l’80 percento si basa su lavorazioni primarie e secondarie provenienti da delocalizzazioni e da catene di sfruttamento delle persone o di materie prime che cancellano i paesaggi e le economie da cui provengono.
Mi riferisco anche ai prodotti dell’edilizia “sostenibile” a base di ingredienti minerali o vegetali, che vengono ottenuti consumando terre agricole e risorse idriche, con abusi salariali, assenza del rispetto delle condizioni di lavoro in Paesi dove sono ancora negati i diritti fondamentali, e c’è un crescente sfruttamento delle donne (come in Cina).
Lei è anche coordinatrice del polo produttivo per la bioedilizia “Casa verde CO2.0”. Ci spiega meglio di cosa si tratta e qual è il vostro modo di declinare il “made in Italy”?
Nato senza denaro pubblico, il polo produttivo coinvolge 73 aziende in tutta Italia di cui 42 in Sardegna. Ha il suo cuore pulsante nella nostra isola, non per ragioni campanilistiche ma di disponibilità di materie prime. La Sardegna è infatti detentrice dell’importante primato mondiale di Regione Europea (e tra le prime 3 del Pianeta) col più ricco patrimonio di risorse minerali, vegetali e animali, eccedenti utili per realizzare un’edilizia sana 100 percento, carbon free, che non distrugge ma produce paesaggio.
Le aziende di Casa Verde CO2.0 operano in sinergia, scambio di competenze, trasferimento tecnologico in continuità di filiera e a km zero: dalle materie prime fino all’intero ciclo di produzione. “La casa verde CO2.0” è il più grande distretto produttivo italiano per tipologia di materiali che vengono realizzati (oltre 400, tutti carbon-free) con l’utilizzo di eccedenze agricole, boschive, geominerali, marittime apistiche e della pastorizia, con zero consumo di territorio e di risorse idriche. Sono prodotti 100 percento made in Italy: ogni azienda si attiene al medesimo protocollo, al momento unico nel suo genere.
Io credo che dobbiamo ritrovare un made in Italy a 360° con una economia della relazione parallela all’economia di produzione, dove le storie dei luoghi e i diritti delle persone siano visibili e ritornino a far parte delle agende politiche ed economiche.
Non credo ai distretti provinciali, al regionalismo: occorre dialogare, scambiare. Siamo italiani, è grazie allo scambio con gli imprenditori di Treviso, di Bergamo, di Taranto che possiamo creare innovazione, prodotti eccellenti e riconoscibili.
Che consigli darebbe ai giovani che volessero seguire le vostre orme nel mondo della green economy?
La Green Economy è un settore ampio e in rapida evoluzione, che richiede uno sguardo aperto e soluzioni semplici. Si può sviluppare con sistemi di comunicazione innovativi e spesso non costosi: per questo facilita l’attivazione di start up. C’è un libro bellissimo e prezioso che vorrei consigliare a tutti: Guida ai green jobs (di Tessa Gelisio e Marco Gisotti, Edizioni Ambiente).
Meno pagate, meno incentivate dalla società, meno aiutate dai partner. Quanto in più deve lavorare una donna in questa Italia 2013 per diventare imprenditrice di successo?
Aggiungerei anche più ostacolate dagli stessi nuclei familiari. Una donna che fa impresa in determinati settori prevalentemente maschili, come il mio, viene spesso giudicata con pregiudizio prima di tutto dai suoi familiari. Se è anche madre la situazione si complica ulteriormente perché viene analizzata e giudicata “al cubo”.
Si è sottoposte a una specie di continuo esame e viene richiesto di essere super in ogni ruolo. Occorre non cadere in gabbia e non attenersi a questa etichetta richiesta dal sociale. Non ho l’illusione di vedere oggi dei risultati in questo senso, ma sento di dover mettere in campo tutta la mia tenacia e costruire per le donne che verranno.
Nonostante oggi ci sia una maggiore rappresentanza femminile in politica e nella società rispetto ad altri tempi, c’è ancora un linguaggio sbilanciato che non usa parole femminili. Anche in tutto ciò che definiamo green c’è un immaginario maschile che usa un vocabolario maschile.
Credo che occorra ripartire anche da qui, dal linguaggio, per ridisegnare un’economia che restituisca le parole alle donne ma anche ai bambini e alle bambine. “Indossare” vocaboli, modi, tempi maschili non ci aiuta, anzi ci obbliga a rivestire sempre il ruolo di “madri degli uomini” (anche quando ne diventiamo mogli o compagne) accettandone in silenzio (come fanno le mamme, appunto) i capricci e soprusi. Bisogna non accettare la lusinga facile e rifiutare tutte le etichette: donne super, donne sante, donne vincenti, donne di successo. È una trappola pericolosa.
A proposito di donne…Quasi sotto silenzio è morta di recente una delle più grandi artiste contemporanee, nata proprio in Sardegna, Maria Lai, che di tessuti e telai aveva fatto la propria cifra stilistica. Quale quale crede possa essere il suo “messaggio” alle donne di oggi e a quelle di domani?
Fare tessuto, tessere e ancora tessere nuovi tessuti sociali compresi quelli di cui ho detto prima: non stancarsi mai di inventare nuove trame, nuovi orditi e se occorre anche nuovi telai.
Tra i tanti meritati premi ricevuti l’ultimo è proprio il “Sodalitas Social Award 2013”, di questi giorni. Quale considera il più importante e significativo?
Intanto non sono io, ma Edilana, ovvero un’industria fatta da una grande squadra di persone, ad aver vinto moltissimi premi, compreso questo, al quale teniamo molto perchè premia Edilana proprio sul tema che ci è più caro: quello di coniugare innovazione ed efficienza energetica con l’Etica.
E tutti questi importanti riconoscimenti li ho sempre intesi e ricevuti come “capitana” di una squadra. Mi considero una contadina dell’edilizia. Sono una produttrice di materiali e la mia ricerca è dentro la dimensione agricola.
Tutti i giorni ho la testa e le mani dentro centinaia di ingredienti che, seppur definiti scarti, per noi sono doni, nuovi semi con cui coltiviamo nuovi prodotti per un’architettura di qualità, nel senso più tecnico ed etico del termine. Creare lavoro in Italia è la mia mission. E non mi stancherò mai di ripetere che non ci può essere vera green economy o vera efficienza energetica senza Etica.