Il presidente Giampio Bracchi, vuol far crescere nelle nuove generazioni la speranza e la voglia di farcela. Cominciando dalle start-up
Creata dal Politecnico di Milano e da importanti Fondatori nel 2003, la Fondazione Politecnico di Milano è nata come motore per lo sviluppo del contesto socio-economico, perseguendo scopi e svolgendo attività strumentali alla missione dell’Ateneo. L’obiettivo della Fondazione è quello di avvicinare ancora di più il Politecnico alle imprese e alle pubbliche amministrazioni per promuovere la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico, favorire l’innovazione e lo sviluppo dei prodotti e dei processi attraverso la ricerca finalizzata. Per raggiungere questo obiettivo Fondazione promuove l’internazionalizzazione, la formazione continua e la nascita di start-up innovative. Ne parliamo con il presidente Giampio Bracchi.
In che modo, Fondazione Politecnico, agevola lo scambio tra aziende e dipartimenti di ricerca?
La Fondazione in particolare sviluppa iniziative legate all’ambiente e al territorio, all’infomobilità e alla logistica, ai nuovi materiali, all’energia, al design, all’innovazione di processi e prodotti, alla creazione di impresa. La collaborazione con le aziende ha portato alla nascita di due Joint Research Center, centri di ricerca congiunti, uno dedicato ai trasporti e uno all’energia. In prospettiva, essi potrebbero dar vita a un vero e proprio parco scientifico presso il polo di Bovisa. L’intento è quello di dar vita a uno Science Park capace di trainare non solo il futuro sviluppo della città, ma anche dell’intero sistema economico e industriale italiano; un luogo in cui l’università, la pubblica amministrazione e le imprese possano operare insieme per realizzare progetti di ricerca congiunti, mettere a punto nuove tecnologie, sviluppare prodotti e applicazioni e favorire la creazione di nuove realtà imprenditoriali.
Ci ricorda qualche prodotto nato dall’interazione tra aziende ed università promosso dalla Fondazione?
Numerosi sono i progetti e prodotti nati dalla collaborazione tra il Politecnico e le imprese.
Posso solo ricordare, per esempio, i progetti che hanno portato a sistemi di mappatura tridimensionale del sottosuolo; a dimostratori per il monitoraggio delle merci pericolose; a tessuti-non-tessuti nano strutturati; a strumenti per la localizzazione dei superstiti sotto le macerie o a quelli numerici, statistici e matematici per la valutazione del rischio di rottura degli aneurismi cerebrali; a prodotti ispirati al design for all e a quelli intelligenti per l’ambiente domestico; alla realizzazione di boe per il monitoraggio della barriera corallina australiana; alle numerose iniziative in ambito informatico ed energetico.
Un elenco ampio che può essere consultato nei dettagli sul nostro sito interno.
Chi come voi sta tra ricerca e sviluppo, tra ricercatori ed aziende, che idea ha di questo particolare momento di crisi?
Si tratta chiaramente di un momento di crisi generale, di portata mondiale. In questo contesto, l’Italia ha reagito bene grazie a un tessuto di piccole e medie imprese che ha saputo, anche se a fatica, reggere l’urto di un colpo economico globale. La tendenza al risparmio ci ha salvato da situazioni ben peggiori di quelle che hanno attraversato altrove le famiglie e il sistema creditizio. Quello che possiamo aggiungere è che, se da un lato gli investimenti in ricerca, cronicamente scarsi nel nostro paese, sono diminuiti ulteriormente, molti dei nostri cervelli, non solo ragazzi giovani e brillanti, ma anche ex manager riconvertiti nel mondo del lavoro, si sono rimboccati le maniche e hanno tentato la via della creazione d’impresa. Le richieste di incubazione (dal 2007 la Fondazione gestisce l’Acceleratore d’Impresa, uno tra i primi incubatori universitari nato per dare slancio alla capacità imprenditoriale dei giovani) sono aumentate e secondo i dati dell’ultima edizione della Start Cup Milano Lombardia (ottobre 2011), la business plan competition delle università e degli incubatori locali, i business plan presentati sono aumentati del 33 percento rispetto all’edizione del 2010. Questo significa che la gente non sta ad aspettare, ma reagisce e non con ripieghi, ma investendo sul proprio talento. La Fondazione sta attualmente promuovendo una competizione interna all’Ateneo per ricordare agli studenti, ai dottorandi, ai docenti che la ricerca non è limitata alle mura dell’accademia, ma può essere portata sul mercato a beneficio dell’intero sistema. Certo non saremo la Silicon Valley, ma possiamo fare di tutto per incoraggiare una nuova forma di piccola impresa che non è solamente quella a conduzione famigliare, ereditata da generazioni, ma quella di alto profilo intellettuale.
Una previsione per il futuro?
Non è facile fare previsioni e sfortunatamente non esistono ricette pronte. Penso che il futuro sia ancora tutto da costruire e come docente universitario conto molto sui giovani con i quali mi confronto in aula quasi quotidianamente, sulla loro curiosità e intraprendenza. Viviamo in un’epoca dominata dalle tecnologie, che hanno ritmi di crescita velocissimi e una capacità di incidere sulla vita quotidiana straordinaria, ma di fatto siamo carenti di idee. Abbiamo grandi mezzi, ma poca ispirazione, come se un eccessivo benessere ci avesse assuefatti. Il primo dovere di un’istituzione accademica è quella di far crescere nei giovani la speranza e la voglia di farcela, questo ci salverà dalla crisi.