Il professore Giuseppe Barbiero spiega cos'è l’ecopsicologia e racconta del rapporto emotivo tra l'Essere Umano e la Natura
La pandemia Covid -19 e il lockdown, oltre alla paura dei contagi, hanno fatto emergere in modo prepotente il bisogno dell’Uomo di stare all’aria aperta, del non sentirsi confinato entro le mura di casa e una rinnovata esigenza di riconnettersi con la Natura. «Non dovrebbe sorprendere, perché il sentimento di affiliazione che ci lega alla Natura è un impulso ancestrale che consente all’essere umano di rigenerarsi in un ambiente naturale. La nostra specie è stata per più di 285.000 anni, una specie selvatica: siamo fatti per stare a contatto con la Natura, solo che spesso l’Uomo contemporaneo lo dimentica». Ne è convinto Giuseppe Barbiero, docente di Biologia e di Ecopsicologia all’Università della Valle d’Aosta, nonché direttore del Laboratorio di Ecologia Affettiva presso lo stesso ateneo. Un convinto assertore della relazione profonda tra l’Uomo e gli altri esseri viventi che, proprio a partire dallo studio dell’ecopsicologia, è ormai da anni riconosciuto tra i più importanti specialisti italiani nello studio della biofilia e dell’ecologia affettiva.
Professore Barbiero, cos’è l’ecopsicologia?
L’ecopsicologia è un punto di incontro tra l’ecologia e la psicologia dove si studia la correlazione tra benessere interiore individuale e la qualità dell’ambiente naturale. L’ecopsicologia è trans-disciplinare. Gli ecologi, i biologi che studiano gli ecosistemi, hanno osservato come lo stato di salute di un ecosistema influenzi anche lo stato psichico della popolazione umana. D’altro canto, gli psicologi, in particolare gli psicologi ambientali, hanno osservato che l’immersione nella Natura riduce i tempi di rigenerazione da un fatica mentale, oltre a ridurre il distress (lo stress negativo) e aumentare l’eustress, lo stresso positivo che ci stimola ad affrontare le difficoltà della vita.
Cos’è invece l’ecologia affettiva?
L’ecologia è la scienza delle relazioni che si instaurano in un ecosistema. Queste, in genere sono di carattere fisico come, ad esempio, le relazioni tra popolazioni di predatori e popolazioni di prede. La popolazione umana è predatoria, sia direttamente, cacciando le specie di cui si nutre, sia indirettamente occupando habitat di altri animali al fine di accaparrarci le risorse di quell’habitat. L’eccessiva attività predatoria umana provoca le crisi di ecosistema. Tuttavia, noi esseri umani abbiamo una relazione con la Natura anche di tipo emozionale e il nostro contatto con la Natura non è solo fisico ma anche psichico. Ecco: l’ecologia affettiva è la branca dell’ecologia che studia il legame emotivo che stabiliamo con la Natura. Il legame con la Natura si chiama biofilia, l’amore per la vita.
I suoi studi si sono concentrati anche sull’ipotesi della biofilia. Ci spieghi meglio di cosa si tratta.
La parola ‘biofilia’ è stata coniata due volte indipendentemente: dallo psicologo tedesco Erich Fromm nel 1964 e dal biologo americano Edward O. Wilson nel 1984. Fromm usa il termine biofilia per descrivere l’orientamento psicologico ad essere attratti da tutto ciò che è vivo e vitale. Wilson usa il termine biofilia per descrivere la tendenza umana – innata ed evoluzionisticamente adattiva – ad essere attratti da ciò che è vivo e vitale. Nel 1993, E.O. Wilson e Stephen Kellert propongono la cosiddetta “ipotesi della biofilia” che viene definita come “l’innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente”. Quest’ultima definizione è quella più scientificamente corretta. Ed è quella che ho utilizzato per verificare sperimentalmente l’ipotesi della biofilia.
Quando si parla di legame Uomo-Natura si intende del singolo individuo o del genere Umano?
La biofilia è innata ed è presente in tutti gli esseri umani, chi più chi meno. Oggi abbiamo diversi modi per misurare la biofilia, uno dei più importanti è la “connessione con la Natura”. Se viene stimolata in modo adeguato, la biofilia porta a una maggiore connessione con la Natura. Un maggiore connessione con la Natura a sua volta predispone alla conoscenza e allo studio della Natura e a sviluppare così una particolare forma di intelligenza, l’intelligenza naturalistica. La biofilia è un talento che va coltivato. Esattamente come il talento del ritmo può essere coltivato per l’intelligenza musicale o il talento per l’insiemistica può essere coltivato per l’intelligenza logico-matematica. Tutti i bambini hanno un’innata biofilia. Se i bambini vengono adeguatamente stimolati e si permette loro – possibilmente nel periodo importante che va dai 3 ai 9 anni – di fare esperienze intense e protette in Natura, allora svilupperanno una forte connessione con la Natura, che con il tempo maturerà nell’intelligenza naturalistica.
All’ecologia affettiva lei ha dedicato anche il libro “Ecologia affettiva“. Qual è lo scopo?
Lo scopo è nel sottotitolo del libro: “Come trarre benessere fisico e mentale dal contatto con la Natura”. Sappiamo che immergersi nella Natura ci porta a ritrovare noi stessi e a rigenerarci. Purtroppo, nelle nostre società artificiali, ormai molto lontane dal mondo naturale, c’è il rischio che questa predisposizione innata non riceva più stimoli adeguati a fiorire. Oggi stiamo scoprendo che Gaia, il nome che gli scienziati hanno dato alla Madre Terra, agisce su di noi come una vera madre, a un livello profondo. E al richiamo del mondo naturale possiamo imparare a rispondere affinando i nostri sensi e le nostre capacità mentali con pratiche di meditazione, in particolare della green mindfulness, la pratica di meditazione di consapevolezza effettuata immersi nella Natura. Il libro parla della storia evoluzionistica di Gaia e della biofilia per arrivare alla intelligenza naturalistica e alla consapevolezza ecologica, che sono l’obiettivo finale per realizzare una personalità matura e resiliente.
Lei è anche l’ideatore del LEAF, il Laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta. Che tipo di attività conducete?
Al LEAF conduciamo ricerca sperimentale per verificare l’ipotesi della biofilia. La ricerca è culminata nel 2012 con lo ‘Standard di Etroubles’, dove abbiamo mostrato che la Natura stimola l’attenzione involontaria (fascinazione), favorendo così la rigenerazione della attenzione diretta e sostenuta quando viene esaurita dopo una fatica mentale. Dal 2015 il LEAF ha esteso il suo impegno anche all’architettura con la progettazione biofilica, contribuendo alla realizzazione di prototipi sperimentali di abitazione nell’ambito del progetto ‘Biosphera’ di AktivHaus: Biosphera 2.0 e Biosphera Equilibrium. E poi c’è l’importante intervento di riqualificazione della scuola primaria di Gressoney-La-Trinité in Valle d’Aosta, nell’ambito del progetto ‘Nuova Architettura Sensibile Alpina’, progetto finanziato con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. A Gressoney-La-Trinité abbiamo realizzato la prima scuola biofilica in Italia. La prima scuola dove è stato possibile inserire tutti i 14 modelli di progettazione biofilica oggi considerati più rilevanti, al fine di creare un ambiente di apprendimento capace di stimolare le migliori percezioni sensoriali nei bambini.