Valeria Margherita Mosca, fondatrice del lab Wood-ing, prima "chef-raccoglitrice" in Italia fa alta cucina con ingredienti selvaggi e fa formazione per i nuovi forager
«Fare foraging nel modo giusto significa proteggere l’ambiente che ci circonda in maniera ecosostenibile», dice Valeria Margherita Mosca, research & trading, forager e chef per sua autodefinizione. Trentasette anni, fondatrice del lab Wood-ing, una laurea in beni culturali e un training nella cucina del Pomiroeu di Seregno, Valeria è a suo modo una donna rivoluzionaria. Tanto per cominciare perché è una delle poche ad aver fatto del foraging la sua attività.
Ma cos’è il foraging? «Si tratta – spiega la giovane chef-raccoglitrice – dell’attività di raccolta in ambienti selvatici incontaminati, o in parte di essi, di specie vegetali o animali adatte al nutrimento umano». La parola, ancora pressoché sconosciuta in Italia, è più che nota nei paesi nordici dove il foraging è praticato e dove, per esempio, ha fatto la fortuna di Rene Redzepi, lo chef-patron del Noma di Copenhagen che mette nel piatto molti ingredienti selvaggi, insetti compresi, e ha scalato le classifiche dei ristoranti migliori del mondo.
Continuiamo la chiacchierata con Valeria Margherita Mosca per scoprire di più su quest’affascinante attività.
In che modo il foraging protegge l’ambiente in maniera econosostenibile?
Si possono mettere nel piatto alcune specie invasive, come il Poligono del Giappone, o la Sinanodonta woodiana, un mollusco d’acqua dolce. Entrambe stanno mettendo a rischio specie autoctone lombarde. Raccogliendo queste specie per destinarle al consumo si protegge l’ambiente.
Non si rischia, invece, di depredarlo?
Soltanto se non si conoscono le regole. Purtroppo, oggi, servire piatti con ingredienti selvaggi è diventata una moda: ci sono chef che lo fanno perché fa figo, o per esercizio di stile. Capita, così, che si faccia raccolta senza conoscere habitat, dinamiche ed ecosistemi nel quale ci si muove mettendo in pratica comportamenti dannosi e facendo poi cattiva informazione».
Quindi per fare foraging occorre una preparazione adeguata…
Esatto, il foraging si impara seguendo corsi appositi o seguendo esperti e professionisti specializzati. Andare da soli potrebbe significare anche suicidarsi, vista la gran quantità di specie tossiche e mortali.
Quali sono i territori in cui è possibile fare foraging?
Si può fare in qualunque territorio, dipende dalla stagione e dalla condizione climatica. Ci si può muovere dal mare alla montagna, in habitat ed ecosistemi diversi, l’importante è conoscerli. Non è sbagliato dire che il foraging si può fare in tutta Italia, in tutta Europa e in tutti i luoghi del mondo.
Cosa si può mangiare, per esempio, degli alberi?
Ramoscelli e germogli, le foglie dei sempreverdi, la linfa, la corteccia. Ma, lo ripeto, bisogna avere delle basi di foraging per evitare danni all’ambiente e a se stessi.
Poi, però, il raccolto si deve anche cucinare. Occorre utilizzare tecniche particolari?
Se la raccolta è finalizzata a un consumo casalingo no, si possono usare le stesse semplicissime tecniche con le quali si cuociono le verdure acquistate al mercato. Se, invece, si devono trasformare in piatti di alta cucina o conservare servono tecniche particolari come fermentazione o colture particolari. C’è sempre da ricordare, infatti, che la materia selvatica si deperisce velocemente.
Non è un caso che tu sia diventata una chef, nel lab Wood-ing organizzate corsi di formazione e anche degustazioni…
Periodicamente apriamo il laboratorio per pranzi e cene degustazione di otto portate, e per degustazioni mixology. Le nostre attività comprendono la formazione per la raccolta per adulti e bambini, e corsi per gli specialisti del settore alimentare. Ci sono corsi a pagamento e anche corsi amatoriali gratuiti organizzati con Legambiente il cui programma si trova sul nostro sito.
Raccogliete anche insetti?
No, anche se in realtà si tratta di una categoria di raccolta inserita tra quelle del foraging. Noi ci focalizziamo sui vegetali tra cui piante, fiori, alberi e molluschi. Anche se si parla molto di entomofagia e c’è chi considera gli insetti come il cibo del futuro preferiamo lasciare questo settore ad altri esperti.
La vostra è anche un’attività di ricerca finalizzata alla catalogazione delle specie?
Esatto, si stima che solo in Italia esistano quindicimila specie vegetali, di cui ne sono state catalogate soltanto novemila. Per il 40% il nostro è un lavoro di ricerca in partnership con l’Ersaf Lombardia e con l’Università Statale di Milano, il nostro team comprende sette persone alle quali si aggiungono gli stagisti.