Il cuoco Matteo Scibilia, mette in guardia dalla mancanza di cultura del cibo e invita i consumatori a cucinare di più e rivalutare la stagionalità
«Negli ultimi anni abbiamo degradato la cultura del cibo. La gente vede tanti piatti da chef in tv, il più delle volte non replicabili a casa, e poi va a fare la spesa al discount». Il ristoratore Matteo Scibilia, titolare dell’Osteria della Buona Condotta, non usa mezzi termini: la cucina gustosa, sana e leggera è possibile, ma solo a partire dalla qualità.
Il cuoco barese, milanese d’adozione, che nel 2013 è stato il primo protagonista della cucina italiana a ricevere dalla presidenza della Repubblica la Medaglia ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte, ha fatto della cucina della tradizione lombarda il suo cavallo di battaglia, aggiornandola costantemente anche in chiave salutistica, soprattutto dopo aver scoperto di essere diabetico. Una scoperta che ha cambiato il suo rapporto con il cibo e con la cucina tanto che Scibilia, che ha coordinato l’area dedicata al mangiare sano del Winter village 2017, è diventato un riferimento per chiunque voglia mangiar sano senza rinunciare alla buona tavola.
Scibilia, com’è cambiato il suo approccio alla buona cucina con la scoperta del suo diabete?
La cucina è sempre un gioco di esperienza, competenza e cultura personale. Il diabete mi ha permesso di ritrovare un rapporto diverso con me stesso e di rivedere la relazione tra cibo e salute. Il cibo in questa patologia è nello stesso tempo un alleato e un nemico. Ma se non lo demonizzi anche il diabete ti permette di migliorare il rapporto con te stesso.
Che cosa significa, per lei, cultura del cibo?
Significa ricominciare a rivalutare il livello della qualità di ciò che compriamo e mangiamo. Donne e uomini dovrebbero rivedere il modo in cui fanno la spesa e noi cuochi abbiamo il dovere, così come chi fa comunicazione, di spiegare alla gente che per stare meglio bisogna comprare meglio e che mangiare bene fa star bene.
Come si compra meglio?
Comprare meglio significa, innanzitutto, non scegliere cibi già pronti, ma partire dalle materie prime e cucinare di più. Oggi ci si aggrappa all’alibi della mancanza di tempo, ma mettere davanti ai bambini continuamente brioche e gelati industriali non è giustificabile.
Mangiar sano è possibile a tutti?
In teoria sì. Oggi, però, anche preparare una buona pasta al pomodoro è diventata un’impresa e c’è, addirittura, chi chiama pasta al pomodoro un piatto di spaghetti condito con un sugo pronto. Ammetto, però, che è davvero difficile mangiare cibo di qualità a basso prezzo. Basti pensare ai presìdi Slow food che sono nati per garantire a tutti di mangiare prodotti del nostro territorio ma che oggi arrivano solo sulle tavole dei ricchi. Questo non significa che in un supermercato non si trovino, però, prodotti buoni e di qualità, però dobbiamo metterci in testa che questi prodotti costano di più. Per esempio, la pasta di grano duro che uso io costa circa 7/8 euro al chilo e mi rendo conto che una famiglia normale non può permettersi di fare quotidianamente questo tipo di spesa .
Allora che scelta hanno le famiglie a basso reddito?
Informarsi e leggere bene le etichette. L’industria spesso usa alcuni stratagemmi e le scritte riportate sono piccolissime, inducendo, facilmente in errore. Io consiglio, però, di non acquistare ciò che non è subito chiaro. Ormai siamo al punto che un pacco di biscotti al supermercato tra le scritte “magnesio, potassio, calcio” e quant’altro, sembra quasi una scatola di medicine. Io penso che sia importante tornare alla cucina semplice, puntando su prodotti di qualità. Questo non significa che si deve per forza comprare prodotti a km zero, prodotti artigianali o dop. Si può anche scegliere il prodotto industriale, che in alcuni casi è addirittura sinonimo di maggiore garanzia e controllo, l’importante è cercare sempre il meglio per quella linea di prodotto. Per esempio, nelle mie ricette, dalla costoletta di maiale al risotto, io uso quasi sempre il burro, ma scelgo quello chiarificato che viene dalla panna fresca d’affioramento e non un burro a basso prezzo.
Il suo consiglio per chi vuole mangiare meglio, non spendendo però troppo?
Ripartire dalla stagionalità. La globalizzazione ci permette di trovare sugli scaffali dei supermercati fragole in pieno inverno ma la verità è che comprandole, il consumatore rinuncia al proprio potere contro questa follia: acquistare, fuori stagione, cibi carissimi che, per giunta, non sanno di nulla e non sono tracciabili. La sostenibilità in cucina è anche questione di scelte consapevoli. Se andiamo al supermercato e compriamo insalata già pronta in busta, non pensiamo neanche che la stiamo pagando, praticamente, tre volte il prezzo della carne. E se compriamo zucchine a gennaio, di fatto, nel prezzo stiamo pagando il gasolio che è servito per riscaldare le serre dove sono state coltivate. Io confesso che Nicoletta, mia moglie, mi impedisce di comprare peperoni in inverno.