Wise Society : Annalisa Corrado: “La transizione energetica deve indirizzare ogni mossa del Governo”
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Annalisa Corrado: “La transizione energetica deve indirizzare ogni mossa del Governo”

di Maria Enza Giannetto
10 Marzo 2021

La questione energetica è diventata una priorità della istituzioni, e Annalisa Corrado è felice della novità. Protagonista di grandi battaglie ambientali, ci spiega quali sono i problemi in Italia legati alla transizione energetica.

“È un momento da non lasciarsi sfuggire. Sono felice, innanzitutto, che certi argomenti di cui, fino a poco tempo fa, parlavamo solo noi nella cerchia ristretta degli ambientalisti e degli attivisti, stiano finalmente arrivando in vari altri settori e stiano entrando nel linguaggio più comune, in quello delle istituzioni e della politica. Non bastano, però, le parole. È necessario dare una sferzata alle strategie e la programmazione”. Annalisa Corrado, ingegnera meccanica specializzata in Ricerca Energetica, esperta di energie rinnovabili e da tanti anni protagonista di grandi battaglie ambientali, nonché portavoce del movimento Green Italia e co-ideatrice (insieme con Alessandro Gassmann) del progetto #GreenHeroes, è felice che la questione della transizione energetica ed ecologica  stia finalmente entrando tra le priorità dei governi europei e di quello italiano.

Ma sottolinea come non ci sia più tempo da perdere. E lo dice una che da ormai vent’anni si occupa di impianti alimentati da fonti rinnovabili, di efficienza energetica, di gestione virtuosa di rifiuti e sotto-prodotti e di  valutazione degli aspetti ambientali dei sistemi energetici e che si muove nell’ambito dell’attivismo e dell’associazionismo in ambito ambientale. Una vocazione che persegue sin da giovanissima e di cui ha trasformato, nel tempo, in lavoro e direttrice di vita.

Annalisa Corrado

Annalisa Corrado e il suo libro

Annalisa, quando è nata la tua vocazione verso l’attivismo e le battaglie per il clima e l’ambiente?

Da ragazzina ero già appassionata di materie tecnico-scientifiche e sognavo di diventare ingegnera aerospaziale. Mi iscrissi all’università ma di pari passo ero impegnata nel mondo della cooperazione, con campi di volontariato all’estero e tante esperienze in Italia. Era come se la facoltà che avevo scelto mancasse di qualche aspetto “umano” importante. Dopo tre anni e tanti esami fui folgorata dalla voglia di diventare medico e salvare vite e per trovare la giusta quadra trovai il corso in ingegneria biomedica, interessandomi soprattutto all’ingegneria al servizio della disabilità. La vita, però, spesso fa giri davvero strani. Durante un corso di energetica che avevo messo nel piano di studi per poter accedere a una tesi, sempre di biomedica in India, la prima lezione fu sulla crisi del petrolio 1973: fu come un’epifania. Quella era per me la madre di tutte le battaglie, il punto da cui discende tutta la geopolitica contemporanea, le discriminazione, le diseguaglianze, l’inquinamento, il climate change. Mi appassionai e di lì a poco mollai il ramo biomedico per ripartire dalla questione energetica e dalla conversione ecologia del sistema energetico. Ho fatto un dottorato di ricerca in Energetica e ricerche sull’impatto ambientale delle fonti di energie e, dopo una parentesi al ministero per l’Ambiente, ho cominciato a lavorare in una società privata illuminata del settore: la esco AzzeroCO2.

In questi anni di attivismo e coinvolgimento nella lotta per l’ambiente, pensi che la situazione in Italia sia cambiata?

Oggi c’è un po’ più consapevolezza, ma la questione non è più differibile. In  Italia siamo messi davvero male e ne sono la prova le tante procedure d’infrazione da parte dell’Unione europea su molti temi come gestione dei rifiuti e la qualità dell’aria. Forse il fatto che ora, nell’ambito del Recovery plan e del Green new deal, ci sia una determinazione europea nell’indirizzo dei fondi e che l’Europa vigilerà su questa transizione è solo un bene. Nelle linee guida c’è scritto chiaramente quello che non si può fare e credo che non guasti visto che purtroppo qui saremmo capaci di far passare un inceneritore come un impianto green.

Non ti sei fatta una bella opinione della gestione italiana del problema ambientale.

Quando ho finito di studiare, all’inizio, pensavo che fosse una questione di mentalità da aggiornare. Mi illudevo che con l’innovazione tante strade sarebbero state facilmente percorribili. Nel tempo, però, ti devi rendere conto che ci sono strategie precise che ci tengono ancorati alle risorse fossili. Nel nostro paese le alternative al fossile si conoscono e in fatto di tecnologia non siamo affatto messi male. Eppure, lo scorso anno, gli incentivi sono stati 19 miliardi per le fossili e poco meno di 16 miliardi per le rinnovabili e la transizione. Insomma, non è che stiamo tenendo ferme le energie migliori perché costano troppo, stiamo tenendo ferme queste energie perché investiamo sulle altre e perché la burocrazia non rende convenienti le rinnovabili. Vediamo cosa accadrà ora con il nuovo ministero e le nuove indicazioni. Una cosa buona l’ho già notata ed è la rivoluzione nel linguaggio che è molto importante. Il fatto che entri nell’uso comune una parola come transizione non può che essere un bene. Per il resto, al netto di Enrico Giovannini che stimo davvero molto ed è persona competente, staremo a vigilare e vedere.

Energie rinnovabili: eolico

Foto di Karsten Würth / Unsplash

Tu sei co-portavoce di Green Italia, spiegaci di cosa si tratta precisamente.

Ho fatto politica attiva per qualche tempo ma ho capito che non era la strada giusta, almeno per me. La politica è impantanata. Green Italia è un’associazione ambientalista apartitica che si occupa di dare segnali alla politica e alle istituzioni indicando la strada giusta da percorrere. Io sono convinta che la politica non funziona anche perché manca la cultura di base: il cittadino non può pretendere ciò che non conosce, per questo, in un momento come questo, tutto ciò che riguarda la cultura dell’ambientalismo è benvenuto. Basta pensare a Greta e al movimento che si è creato intorno a lei. Noi stiamo tessendo tante alleanze programmatiche con altre associazioni, con cui magari non ci troviamo d’accordo su tanti altri aspetti ma abbiamo a cuore la questione climatica e ambientale. Da questa visione comunque non può che nascere qualcosa di buono. Un esempio, c’è in cantiere un nuovo progetto che si chiama Rinascimento green e che come una sorta di Green new deal che parte dal basso e può dare alle istituzioni delle indicazioni da parte della società civile.

Se fossi tu la nuova ministra della transizione ecologica, cosa faresti?

Partirei subito dalla rimodulazione dei fondi e dei sussidi alle energie. Ci deve essere una programmazione rigorosa con un tempo preciso e un calendario scadenzato della transizione. E poi guarderei alla transizione ecologica come a un’opportunità per tutti. I lavoratori dell’aziende inquinanti devono essere tutelati perché una persona non dovrebbe mai dover scegliere tra lavoro e salute: spingere un’azienda a cambiare rotta serve proprio a tutelare anche i lavoratori. Bisogna però lavorare sulla strategia. In questo paese non redigiamo un piano e una strategia industriale da troppi decenni e questa è una questione non più procrastinabile. Per quanto riguarda il Mite, ad esempio, noi attivisti avevamo chiesto che si attivasse una cabina di regia in sede alla Presidenza del Consiglio nell’ottica di un’interdisciplinarietà necessaria per coordinare tutte le attività del governo. La questione ecologica non riguarda solo l’ambiente, riguarda ogni settore di vita: praticamente tutto dovrebbe essere controllato e regolato in tal senso. Non si può parlare di rinnovabili per la mobilità e poi continuare a usare plastica ovunque, non si possono continuare a sussidiare gli allevamenti intensivi che sono responsabili del 20% dell’inquinamento mondiale. E poi la burocrazia: va assolutamente snellita. Per gli impianti rinnovabili in Italia, ci sono troppi balzelli e lungaggini. La rivoluzione green deve essere veloce.

Sei anche l’autrice del libro “Le ragazze salveranno il mondo”. Qual è il ruolo delle donne nelle battaglie per l’ambiente?

Il titolo è volutamente provocatorio perché in una  società che ancora tiene le donne in silenzio io sono convinta che le donne facciano la differenza. Con questo non voglio dire che l’uomo smetterà di fare la sua parte, ma l’umanità tutta, donne e uomini devono collaborare nella sfida per il futuro del Pianeta.

Maria Enza Giannetto

 

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