Buona cucina e sana alimentazione sono un traguardo alla portata di tutti. Lo conferma, anche in un recente libro, la specialista in Scienza dell'alimentazione. Che racconta anche i risultati del progetto Diana, per la prevenzione delle recidive del cancro al seno attraverso la dieta giusta
Anna Villarini, biologa e specialista in Scienza dell’alimentazione, ricercatrice del dipartimento di Medicina preventiva all’Istituto dei tumori di Milano, si occupa da anni di studiare lo stretto legame tra alimentazione e tumori.
Insieme a Franco Berrino, direttore dello stesso dipartimento, ha osservato e coinvolto migliaia di donne in Italia con il progetto Diana, uno studio sulla prevenzione delle recidive del cancro al seno attraverso dieta e attività fisica. È anche autrice, insieme al cuoco Giovanni Allegro, di un libro sull’argomento, (Prevenire i tumori mangiando con gusto, Sperling & Kupfer editore)
Quando ha iniziato a occuparsi della relazione tra tumori e dieta?
All’inizio della carriera, lavoravo nel reparto di oncologia chirurgica di un ospedale umbro e mi occupavo dei pazienti che, dopo l’operazione, dovevano riprendere ad alimentarsi. Il mio compito principale era cercare di “svezzare” queste persone. Contemporaneamente volevo capire se era possibile aiutarle proprio attraverso una dieta ricca di verdura di stagione e a basso contenuto di zuccheri raffinati. Con il tempo ho notato che questo tipo di alimentazione produceva effetti estremamente positivi: le persone si sentivano meglio, sopportavano meglio le terapie, vedevo migliorare, insomma, la qualità della vita.
Con questo primo bagaglio di conoscenze sono stata arruolata nell’équipe di ricerca di Franco Berrino, all’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che da anni studia i legami tra alimentazione e tumori. È ampiamente provato, infatti, che frutta e verdura tengano lontani i tumori del polmone, della bocca e dello stomaco, ma anche che le fibre vegetalicontribuiscano a ridurre il rischio di tumore all’intestino. E diversi studi hanno confermato il rapporto tra il consumo di carni rosse o conservate e il cancro dell’apparato digerente.
Nasce da qui il progetto Diana…
Diana (da Dieta e Androgeni) è nato quindici anni fa, all’unità operativa di Epidemiologia eziologica e preventiva dell’Istituto dei tumori di Milano. Il progetto ha coinvolto centinaia di donne prima e dopo la menopausa, sane e malate, che si sono offerte volontarie per aiutarci a capire come ridurre i fattori di rischio correlati allo sviluppo del tumore al seno proprio attraverso il cibo. I nostri studi, sulla prevenzione della malattia e delle recidive, hanno dimostrato che prevenire il cancro alla mammella a tavola è possibile.
In che modo?
Cercando di tenere sotto controllo alcuni fattori. Dagli anni Settanta si è capito che esiste un livello di guardia da non superare, ed è quello relativo alla quantità di ormoni androgeni (maschili) ed estrogeni (femminili) nel sangue, dopo la menopausa. Andare oltre diventa ancora più pericoloso in presenza di alte quantità di fattore IGF1 (una sostanza che favorisce la crescita cellulare) e bassi dlivelli di SHBG (una proteina che invece lega gli ormoni sessuali). Tutti questi elementi sono influenzati dalle abitudini alimentari, che fra l’altro possono favorire uno stato infiammatorio, correlato all’insorgere dei tumori.
Quindi cosa si può fare concretamente?
Il primo passo è cercare di tenere sotto controllo il peso cercando di ridurre le calorie e controllare la produzione d’insulina. La strategia giusta? Preferire i cibi che saziano, gli alimenti integrali che fanno volume, che contengono carboidrati non raffinati e pochi grassi. Ed evitare il più possibile i prodotti confezionati con farine raffinate, che scatenano la secrezione d’insulina da parte del pancreas.
Altro consiglio: puntare sui grassi insaturi, quelli del pesce, ed evitare quelli saturi, dei prodotti animali. E non esagerare con le proteine animali, che fanno impennare il fattore di crescita IGF1. Tutte queste indicazioni hanno trovato un’espressione concreta nella dieta proposta alle donne che hanno aderito al progetto DIANA.
In cosa consiste la dieta?
In una scelta ragionata dei cibi. Abbiamo limitato il consumo di carne rossa e latte, abbiamo tagliato gli alimenti ad alta densità calorica, come il latte, i formaggi. E abbiamo introdotto alimenti poco comuni nelle nostre tavole, come le alghe, o cereali come l’avena e il bulgur, insaporitori come il miso, e il latte vegetale al posto di quello vaccino.
E che risultati avete ottenuto?
Le pazienti operate di cancro e seguite per cinque anni hanno ridotto i fattori di rischio e i pericoli di recidiva. Non solo: il loro peso è calato. Le donne hanno partecipato a un corso di cucina, per imparare a preparare i pasti in modo un po’ diverso dal solito, utilizzando ingredienti che comunemente non siamo soliti mangiare o che con il tempo abbiamo trascurato (per esempio i legumi). A volte bastano dei piccoli cambiamenti, e dei facili accorgimenti ai fornelli, per coniugare la sana alimentazione con il piacere della tavola.
Qual è il bilancio di questi anni di attività?
Dal punto di vista scientifico i risultati sono stati buoni, come ho già detto. E ottimo è stato l’impatto sulle persone che hanno aderito al progetto: tutte erano molto soddisfatte, solo una piccola minoranza ha rinunciato.
Lei segue questo tipo di alimentazione?
Nella quotidianità sì, anche se di tanto in tanto mi concedo qualche strappo alla regola. Sono arrivata a questo nuovo stile alimentare in modo graduale. Ora mi sento piena di energie e il mio peso è sempre sotto controllo.