Wise Society : Andrea Ghiselli: «E’ l’eccesso di grassi saturi (non solo l’olio di palma) ad aumentare il rischio cardiovascolare»
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Andrea Ghiselli: «E’ l’eccesso di grassi saturi (non solo l’olio di palma) ad aumentare il rischio cardiovascolare»

di Fabio Di Todaro
30 Aprile 2015

Il medico nutrizionista del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma racconta a wisesociety.it come regolarne il consumo quotidiano

Da qualche mese risulta uno “spauracchio” per molti consumatori, intimoriti dalle informazioni che circolano soprattutto in rete. L’olio di palma, un ingrediente di origine vegetale che compare in tantissimi prodotti da forno, nelle creme spalmabili, nei brodi, nelle zuppe e in alcuni piatti pronti, fa bene o fa male alla salute? In assenza di posizioni ufficiali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del ministero della Salute, Wise Society lo ha chiesto ad Andrea Ghiselli, medico nutrizionista del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma.

Image by © Jamie Grill Photography/Tetra Images/CorbisDottore, da dove cominciamo?

L’olio di palma non è da demonizzare. È un “competitor” del burro, al quale si preferisce per molti motivi: è meno costoso, più stabile, si conserva meglio ed è privo di colesterolo. Il motivo per cui viene utilizzato è anche il suo principale problema: per ottenere prodotti da forno buoni e fragranti occorre che vengano usati più grassi saturi che insaturi. Ciò che conta non è la fonte, ma l’eccesso di grassi saturi, che risulta correlato a un aumento del rischio cardiovascolare.

Cosa intende per eccesso?

Un quantitativo totale di almeno una ventina di grammi. Mentre sarebbe facile superarli quando i grassi si usano come condimento, non lo è altrettanto quando vengono usati all’interno di preparazione alimentari. Se, facendo un esempio, mangiassi un etto di biscotti con un contenuto di grassi pari al 10%, assumerei dieci grammi di grassi saturi. È questo il dato che deve farci riflettere, più che il contenuto di olio di palma, per considerare le scelte da compiere nel resto della giornata. Se non stiamo attenti, rischiamo di superare la quota massima consentita, senza accorgercene.

Quando ha avuto inizio il suo impiego da parte dell’industria alimentare?

Il punto di partenza è stato la crociata contro i grassi animali, ritenuti un’insidia per le arterie. Poi è subentrata la conservabilità, dopo aver scoperto che l’olio di palma è più resistente nel tempo perché irrancidisce meno. Un prezzo più competitivo e un sapore non pronunciato hanno contribuito, infine, a una progressiva diffusione. La mancanza di sapore può essere uno svantaggio in un biscotto, ma può essere un vantaggio in un gelato o in una crema spalmabile alla quale il burro darebbe un sapore troppo deciso. Insomma non so indicare con esattezza il periodo, ma il largo impiego dell’olio di palma potrebbe essere datato alla fine degli anni ’80.

Image by © David Harrigan/ableimages/CorbisÈ possibile sostituire l’olio di palma con altri ingredienti di origine vegetale?

Ripeto: tutto è possibile. Anche preparare un panettone con l’olio extravergine d’oliva, nella falsa speranza che sia più salutare. Oltre a danneggiare il gusto di un prodotto, però, così si rischia di ritenere un prodotto più salutare ed eccedere con le porzioni. Meglio quindi consumare minori quantità di un alimento più gradevole, così da raggiungere la gratificazione sensoriale, che è uno dei requisiti della sazietà.

Piuttosto che puntare un dito con un ingrediente, dunque, converrebbe ragionare sulla qualità complessiva della dieta?

Le linee guida suggeriscono a un soggetto sano un consumo quotidiano di grassi saturi non superiore al 10% rispetto all’introito energetico complessivo. La fonte da cui derivano, invece, non ha importanza. Basti pensare che nella dieta italiana, alle spalle dei formaggi, c’è l’olio extravergine di oliva tra i maggiori “contribuenti” di grassi saturi.

Twitter @fabioditodaro

 

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