Ecco l’idea «sovversiva» dell’architetto Cibic: progettare nel nome di condivisione, tolleranza, solidarietà. E rispetto delle regole. La casa deve essre espressione di una nuova comunità. Autosufficiente dal punto di vista energetico e alimentare
Aldo Cibic, designer vicentino con vocazione umanista, si è formato alla scuola di Ettore Sottsass, e da anni nel suo studio milanese Cibic & Partners con i soci Antonella Spiezio, Luigi Marchetti e Chuck Felton, elabora progetti che hanno al centro il benessere dell’individuo. Lo abbiamo incontrato in una pausa di una sua tipica giornata, fitta di incontri e appuntamenti.
I suoi ultimi progetti sono prefabbricati, case autosufficienti con tanto di orto per il fabbisogno familiare.
Ci racconti come è nata questa idea.
Il progetto che abbiamo sviluppato anche con gli studenti di Domus Academy è l’ultimo capitolo di una storia nata intorno all’idea di turismo “in punta di piedi”, che non invada il paesaggio, ma lo rispetti: un nuovo turismo agricolo . In questo senso sono state pensate e realizzate le casette prefabbricate per l’azienda HHD, Holiday Home Design, nuclei abitativi autosufficienti da un punto di vista energetico e alimentare. Un tema che mi interessa molto perché sono convinto che oggi la sola da strada da percorrere sia quella di una nuova consapevolezza che ci spinga a elaborare sempre meglio il concetto di autosufficienza.
In un momento come questo, di grande cambiamento, quale pensa possa essere la strada migliore da seguire?
La vera salvezza è la progettualità. Ovvero creare la possibilità per ognuno di noi, professionisti, imprenditori, amministratori, di agire in una griglia comune, partecipare a un progetto condiviso che abbia come centro l’uomo. Produrre valore è diventato un lavoro: creare un’attitudine a imparare a essere disponibili, solidali. La grande sfida è quella di creare una visione comune.
E nel modo di abitare?
Anche nel modo di abitare vedo la necessità che le persone mettano a punto delle strategie più attuali, più in sintonia con la vita di oggi. Mi riferisco in particolare a nuove forme di comunità abitative, modelli di aggregazione in grado di rispondere alle esigenze di vivere in modo più sereno ed equilibrato il rapporto con la natura e con gli altri. Con luoghi di scambio dove la comunità prenda atto dei problemi e valuti insieme le soluzioni.
Quando ad esempio avevamo elaborato il progetto per Istanbul 2000, mai realizzato, per la megalopoli del futuro, avevamo previsto un agorà dedicato al confronto delle idee per permettere così alle persone di costruire un progetto comune.
E quali altre strategie consiglia per vivere meglio la quotidianità?
Innanzitutto recuperare la spiritualità. Che non vuol dire religione, anche se mi stupisco quando penso che sempre più spesso trovo risposte nelle parole di esponenti delle diverse religioni e molto meno nelle voci del mondo laico: un mondo che latita e che, dopo il crollo nel mito del business cinico e dei soldi facili, appare disorientato, in difficoltà a trovare una strada diversa. Invece oggi quando si parla di progettualità, a qualsiasi livello, bisogna tener conto delle dinamiche sociali e di alcuni valori quali condivisione, amicizia, solidarietà, rispetto delle regole: sono tutti obiettivi irrinunciabili e non marginali.
Poi credo nell’importanza di fermarsi a pensare. In questo momento trovo del tutto edificante concedermi dei momenti di otium, proprio inteso come spazio dedicato alla riflessione: lontano dal fare caotico che, purtroppo, caratterizza le mie giornate.
Insegna alla Domus Academy, come vede i giovani? Quali consigli darebbe loro?
Alcuni di loro sono stati rovinati da modello devastante del Grande Fratello: ottenere tutto, soldi e celebrità, anche se non sei nessuno. Sono anestetizzati, fanno fatica ad avere un pensiero critico, a confrontarsi con mondi e opinioni diverse, ad ascoltare gli altri. Invece adesso è necessario avere un atteggiamento critico ma costruttivo, rispetto al modello di sviluppo che abbiamo seguito fino a questo momento. Devono imparare a “soffrire”, ovvero a considerare che per ottenere obbiettivi soddisfacenti bisogna fare fatica, impegnarsi e spesso rinunciare a ritorni immediati.
In sintesi quindi da dove partire per cambiare?
Da una progettualità comune e dal passaggio da una vita distratta a una consapevole.