Wise Society : Si chiude il World Economic Forum di Davos fra luci (poche) e molte ombre

Si chiude il World Economic Forum di Davos fra luci (poche) e molte ombre

di Paola Greco
20 Gennaio 2023

In uno scenario globale reso così complesso da tre anni di pandemia, guerra in Ucraina, crisi climatica, energetica e finanziaria, il confronto tra gli esponenti di primo piano della politica e dell'economia mondiale ha lasciato parecchi interrogativi irrisolti

Ciò che è emerso dai cinque giorni del World Economic Forum, appena concluso a Davos, in Svizzera, è che lo scenario degli ultimi tre anni ha cambiato in profondità la nostra percezione delle cose: oggi per la prima volta non si parla solo di clima in termini di decarbonizzazione, ma mettendolo in stretta relazione con l’economia e la politica. La pandemia, la guerra, la sicurezza energetica, i cambiamenti climatici sono ormai strettamente legati tra loro e l’emergenza climatica è una questione geopolitica e non solo ecologica. “Il principale motore a favore di fonti energetiche ‘proprie’, come l’eolico, il solare, il nucleare, non è più l’ambiente ma la sicurezza energetica” sono le parole di Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’Energia, che vanno proprio in questa direzione.

World Economic Forum a Davos

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World Economic Forum: il focus 2023

In quest’ottica, si è cercato di trovare soluzioni per fa fronte alla “frammentazione” in cui ci troviamo (non a caso il tema di questa 53° edizione era “Cooperation in a fragmented world”), cercando di lavorare per una globalizzazione che sia prima di tutto sostenibile. Da qui, la necessità di decisioni rapide e coerenti – per evitare che si arrivi al punto di non ritorno – e di linee guida globali per la transizione ambientale, partendo soprattutto dal grande nodo della necessità per le imprese di essere sostenute dai governi.

L’edizione 2023 del World Economic Forum è stata da record, forse anche per via del fatto che è stata la prima a pieno regime dal 2020: ha visto infatti la partecipazione di oltre 2.700 leader da 130 Paesi, fra cui 52 capi di Stato e governi europei, 57 ministri delle Finanze, 17 banchieri centrali.  Si sono alternati oltre 450 panel durante i quali sono stati affrontati vari temi – economia, ambiente, sanità, sicurezza – con lo scopo di “rafforzare la cooperazione pubblico-privato per affrontare le sfide più urgenti del mondo frammentato in cui viviamo”, per usare le parole di Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum.

Cercare di trovare soluzioni per un mondo frammentato, messo a dura prova tanti fattori, tra cui due anni di pandemia, la guerra in Ucraina e annosi problemi climatici, solo per citarne alcuni.

Lo scenario globale

La guerra in Ucraina, attraverso i problemi energetici che sta affrontando l’Europa, sta insegnando che finché l’80% dei Paesi al mondo è dipendente dai combustibili fossili, questi saranno sempre ricattabili, mettendo a rischio la propria sicurezza energetica. D’altro canto la riflessione è spontanea: finchè continua ad esserci una domanda così alta è utopistico pensare che non ci sia un’offerta, accantonando naturalmente qualsivoglia considerazione di tipo etico. L’urgenza dunque è quella di velocizzare la transizione energetica, che pure è in atto con una direzione ormai chiara e certa, ma che al momento sembra essere ancora troppo lenta per essere coerenti con gli accordi di Parigi.

Davos Congress

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World Economic Forum 2023: cosa è stato deciso?

I punti, i temi e gli argomenti toccati durante il summit sono stati molti, proviamo a fare un punto su cosa è successo e cosa è stato deciso. Birol ha sottolineato a Davos come, nel 2030 – vale a dire domani – una vettura su due venduta negli Usa, in Europa e in Cina sarà elettrica. La priorità è mantenere il riscaldamento climatico entro gli 1,5 gradi Celsius, altrimenti l’equilibrio fragile del pianeta sarà distorto. Perciò è necessario trarre energia da fonti che non emettono carbonio, puntando sugli investimenti: a 1.500 miliardi attuali nelle energie pulite, occorre salire a 4 miliardi, “se ci riusciamo, non abbiamo bisogno di più carbone, né di più petrolio o gas”, ha sottolineato.

Sicurezza ed energia vanno dunque di pari passo, facendo affidamento alla collaborazione di tutti, per combattere quella “frammentazione” che è stato l’argomento principe di questa edizione del World Economic Forum. Si è ovviamente parlato molto anche dell’Inflation Reduction Act, con cui l’amministrazione Biden finanzierà la transizione green delle imprese: un accordo storico per l’industria americana, naturalmente, che però sembra nascondere in maniera non troppo velata la volontà di diventare fortemente competitivi verso la Cina, che è al primo posto nella produzione di batterie elettriche e pannelli solari. Competizione tra Usa e Cina che rischia di stringere l’Europa in una morsa.

Il Green Deal Industrial Plan

Molto atteso, in quest’ottica, l’intervento della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha annunciato la nascita di un nuovo piano industriale europeo, il Green Deal Industrial Plan, che consentirà all’Ue di “realizzare la transizione verso le emissioni zero senza creare nuove dipendenze”. Una chiara risposta all’Inflation Reduction Act americano – che rischia di minare la competitività delle aziende europee e che sta causando non poca irritazione nell’Ue – pur evitando naturalmente scossoni nel commercio e negli investimenti transatlantici, ma facendo in modo che i “nostri programmi di incentivi siano giusti e si rinforzino vicendevolmente”.

Il piano promette di supportare gli investimenti di quelle industrie che operano e adottano tecnologie a ridotto impatto ambientale, con l’obiettivo di sostenerne la competitività all’interno dei mercati globali e di rendere l’Europa la patria dell’industria verde e della tecnologia pulita. Per fare dell’Europa “la casa” dell’innovazione targata emissioni-zero, si punterà su uno sforzo di semplificazione e velocizzazione dei progetti strategici che von der Leyen chiama “NetZero Act” sulla falsariga del Chips Act e accompagnato da un “Critical Raw Material Act” sugli approvvigionamenti di terre rare, come il litio per le batterie, su cui finora l’Ue dipende dalla Cina.

Nell’attesa di un Fondo Sovrano Europeo che sarà inserito nella revisione di medio termine del bilancio 2023, la Commissione propone di adattare temporaneamente le attuali regole sugli aiuti di Stato per velocizzare e semplificare le autorizzazioni per i nuovi siti di produzione di tecnologie pulite. Molto netta infine la posizione del numero uno dell’Ue verso la Cina, accusata di aver “apertamente incoraggiato le aziende energivore europee a delocalizzare nel suo territorio” e di aver tentato in modo aggressivo “di attrarre la nostra capacità industriale”: anche se occorrerà continuare a collaborare, promette che l’Unione Europea “userà tutti gli strumenti per gestire pratiche inique”.

Ursula von der Leyen

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Il discorso di Antonio Guterres

Il discorso della von der Leyen si va ad inserire all’interno di tutta una serie di interventi molto duri, tra cui spicca quello di Antonio Guterres, segretario generale Onu, che ha parlato di una “tempesta perfetta”: “stiamo flirtando con il disastro climatico” le cui “conseguenze saranno devastanti”, e denuncia in tal senso una mancanza di consapevolezza, di senso di emergenza, nonostante si sia molto vicini al punto di non ritorno. Guterres ha fatto riferimento alla crisi finanziaria ed energetica, alle interruzioni delle catene d’approvvigionamento provocate dall’invasione russa dell’Ucraina e agli strascichi della pandemia di Covid-19, puntando il dito contro “la crisi economica mondiale, le profonde diseguaglianze, la crisi legata al costo della vita, i tassi di interesse crescenti, il debito degli Stati e gli effetti della pandemia”.

Guterres ha poi mosso un’accusa dura e feroce ai leader dei combustibili fossili, presenti in sala, ben consapevoli che l’espansione della produzione è semplicemente incompatibile con la sopravvivenza umana; alcuni colossi petroliferi, ha aggiunto, hanno diffuso per anni una enorme menzogna sul clima e sulle loro responsabilità sul riscaldamento globale “nonostante fin negli anni ‘70 fossero del tutto consapevoli che il loro prodotto avrebbe bruciato il pianeta”. Ha quindi concluso con la richiesta ai leader di presentare piani credibili in linea con gli accordi di Parigi.

Tesi avallata anche da Greta Thunberg, allineata con Guterres nella denuncia della disinformazione perpetuata dai colossi petroliferi e della loro consapevolezza decennale circa i danni che stanno provocando.

World Economic Forum di Davos: l’Italia come ne esce?

La sensazione è che le misure che si prenderanno nell’immediato rischiano di accontentare pochi e di lasciare scontenti i Paesi costretti a risparmiare per l’alto debito, come per esempio l’Italia: “Il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato – dice il ministro Giorgetti in una nota sull’Ecofin a Bruxelles – non è una soluzione perché sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione e conseguente frammentazione del mercato interno“.

D’Altro canto anche il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni ha specificato che non si può lasciare che le misure di spesa messe in campo dai governi nazionali per affrontare la crisi energetica restino universali e illimitate nel tempo, perché potrebbe essere molto pericoloso per i conti pubblici; è necessario dunque passare a misure più mirate e guardare al compromesso: bisogna snellire gli aiuti di Stato, ma c’è bisogno anche di finanziamenti comuni.

Paola Greco

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