Terracycle, azienda del ventottenne Tom Szaky sta per approdare anche in Italia. La multinazionale è nata da un'idea geniale: acquistare oggetti riciclabili per rivenderli ad aziende interessate a trasformarli. Dai tappi di plastica ai sacchetti delle patatine, tutto può essere recuperato e diventare fonte di bunisses. Sostenibile
“Cash for trash”, contanti in cambio di spazzatura: è l’idea geniale su cui Tom Szaky allora studente di Princeton, nel 2001 fondò un’azienda che oggi, meno di dieci anni dopo, lo sta rendendo milionario ed è diventata un modello di eco-capitalismo che coniuga etica e business, attenzione per l’ambiente e per il marketing, indicando una nuova via per fare profitto in modo sostenibile.
Szaky, che oggi ha 28 anni, ha costruito Terracycle, la sua azienda, sull’idea di retribuire chi raccoglie materiali utili per essere trasformati e nuovamente utilizzati, rendendo in questo modo anche remunerativo un comportamento virtuoso. In pratica funziona così: chiunque può andare sul sito della società, vedere che tipo di rifiuti sono richiesti (dai tappi di plastica ai sacchetti delle patatine, dai tubetti di creme solari ai dischi in vinile), stampare gli adesivi per effettuare la spedizione a carico di Terracycle, e cominciare la raccolta. Si può fare anche da soli, ma naturalmente sono i gruppi ad essere più efficaci: negli Usa, ad esempio, quasi tutte le “brigades”, le squadre di raccoglitori, sono formate da scuole, istituzioni o enti no profit. Una sorta di social network del riciclaggio. Tutto il materiale ricevuto, Terracycle lo trasforma in oggetti utili e pratici, dopo aver avviato programmi di collaborazione con le aziende produttrici.
Un tappo alla volta, un sacchetto dopo l’altro, l’azienda di Szaky che ha raccolto un milione 840 mila unità di spazzatura da cui sono state generate circa 200 diverse tipologie di nuovi prodotti, ha stabilito sedi in dieci Paesi (tra cui Brasile, Argentina, Canada, Svezia, Irlanda e Turchia), e nel 2011 si espanderà in Francia, Germania, Svizzera e Spagna. «Noi siamo diversi da tutte le altre aziende di riciclaggio», ci spiega Chris Baker, General Manager di TerraCycle Europe, «perché siamo entrati in un territorio inesplorato: diamo ampie possibilità di riciclare gli oggetti più disparati ma soprattutto ci concentriamo su quelli che non sarebbero riciclabili in altro modo, con l’aiuto di tecnologie innovative e tecniche che ci consentono la trasformazione del rifiuto in qualcos’altro». Per il momento Terracycle non collabora con gli enti locali responsabili del riciclaggio dei rifiuti, ma supplisce laddove questi non riescono ad arrivare.
Tutto partì dall’idea di usare bottiglie riciclate come contenitori per un fertilizzante naturale, ottenuto dagli escrementi di vermi utilizzati per lavorazione dei rifiuti organici. La leggenda racconta che, guardando dei lombrichi tra i rifiuti, Szaky ebbe l’illuminazione: in natura non esiste la spazzatura, perché tutto viene in qualche modo recuperato e riutilizzato. E’ l’uomo ad aver elaborato il concetto di rifiuto come qualcosa di inutile di cui bisogna solo liberarsi, a volte arrivando addirittura a pagare qualcuno per farlo. Ecco dove Szaky ha individuato il profitto: il rifiuto, per esempio un sacchetto di patatine, viene pagato due centesimi di dollaro. Terracycle si rivolge a un’azienda produttrice e le propone un progetto, per esempio fare degli amplificatori di mp3 player con quei sacchetti.
Se il progetto va a buon fine, l’azienda si occupa della trasformazione e guadagna grazie al contratto stabilito col produttore. Senza contare che molti rifiuti li riceve gratis, per esempio stringendo accordi con grandi catene di distribuzione che hanno il problema di smaltire i propri rifiuti. In questo modo i computer usati sono diventati vasi da giardino, le catene di biciclette in cornici, i circuiti stampati cartellette da ufficio.
Il sogno di Szaky era fare business facendo contemporaneamente qualcosa di buono per l’ambiente. Il sogno si è avverato. Anche se c’è un paradosso: più rifiuti vengono prodotti, più Terracycle si arricchisce. «Il nostro scopo è risolvere il problema dei milioni di tonnellate di spazzatura che al momento non hanno una soluzione corretta per il proprio ciclo di vita», ribatte Baker. Ovviamente sarebbe meglio se potessimo educare i consumatori a ridurre le quantità di ciò che usano e buttano, ma bisogna essere realisti e riconoscere che nel presente dobbiamo concentrarci sul contenere il più possibile la quantità di rifiuti che non vengono riciclati. Abbiamo avviato dei programmi nelle scuole, comunque, proprio per aumentare la consapevolezza dei ragazzi».
Terracycle è in arrivo anche in Italia. Il primo programma di raccolta è previsto per il 2011, e si concentrerà su un complesso processo di trasformazione di penne e cialde da caffé, che richiede tecniche di separazione innovative. A Terracycle si dicono convinti che i consumatori italiani si faranno coinvolgere sicuramente e abbracceranno lo spirito del riciclaggio. Ma è possibile mantenere questo spirito anche quando si è diventati una grande multinazionale? «Naturalmente sì, anche se quando ti espandi può diventare difficile tenere i piedi per terra», conclude Chris Baker. Ma siamo un’azienda giovane, il nostro successo viene dalla passione di quelli che lavorano con noi. E la nostra filosofia rimane sempre la stessa: sviluppare prodotti eco-friendly eliminando l’idea di rifiuto».