La tecnologia ha consentito di realizzare modelli capaci di ricaricarsi velocemente, più sicuri e facili da guidare. Ma infrastrutture e incentivi non tengono il passo. Francesco Fontana Giusti, direttore comunicazione di Renault Italia, parla delle gioie e dei dolori dell'auto elettrica
Tra le case automobilistiche che hanno più investito nell’elettrico c’è Renault, che oggi vanta una gamma completa che va dall’urban crosser Twizy – che a poco più di cinque mesi dal suo lancio è oggi il veicolo elettrico più venduto in Italia – alla berlina compatta Zoe di prossima uscita. La tecnologia tende allo sfruttamento di energia al 100% green e all’interconnessione totale dell’automobile elettrica con l’esterno in termini di sicurezza e di scambio di dati. Il futuro va in questa direzione. Ma il mercato italiano è pronto ad accogliere queste innovazioni in parte già disponibili? La domanda sosterrà l’offerta? Gli ostacoli non mancano e sono di varia natura.
«Tra questi c’è oggi un problema culturale che frena la sviluppo della mobilità elettrica i cui benefici ambientali ed economici non sono stati comunicati sempre in modo corretto – sottolinea Francesco Fontana Giusti, direttore comunicazione di Renault Italia, che per il ruolo che occupa conosce bene le dinamiche del nostro mercato nazionale – Noi lo riscontriamo in un diffuso atteggiamento di diffidenza fra i potenziali utenti: molti di loro, prima di provarla, credono che la macchina elettrica sia una soluzione poco sicura e poco divertente da guidare. Poi si ricredono per lo più e cominciano a considerarla un’alternativa interessante. Le nostre vetture elettriche sono sicure perché escono dalle stesse fabbriche dei veicoli termici. E non abbiamo trascurato il piacere della guida: gli ingegneri che hanno lavorato sulla Twizy, per esempio, hanno lavorato anche sulla Formula Uno; c’è anche molto divertimento, c’è un’accelerazione immediata da zero a cinquanta. Per far cambiare mind set ai potenziali clienti è fondamentale fargli provare prima la vettura».
Ma se uno la compra ma poi non ci sono sufficienti punti di ricarica elettrica nel territorio in cui si muove e a casa non la può ricaricare perché è uno stabile degli anni ’40 e non c’è il garage?
Conosciamo il problema. Per rassicurare i potenziali utenti e incoraggiarli a passare alla mobilità elettrica, abbiamo formato tutta la nostra rete alla vendita e al post-vendita di questa tecnologia in tutta Italia e in modo capillare. Il concessionario Renault offre un servizio che si chiama “one stop shopping”: il cliente può acquistare, noleggiare o finanziare la vettura; deve noleggiare la batteria per cui, se ci dovesse essere un problema di efficienza, questa viene rimpiazzata gratuitamente; il servizio è sette giorni su sette, 24 ore su 24. Poi offriamo due tipi di ricarica a domicilio tramite un wall box, una scatola che installiamo nel box del cliente.
E questo basta?
No. Ci sono dei limiti allo sviluppo della mobilità elettrica e non si possono ignorare. Molte possibilità offerte dalla tecnologia rimangono spesso sulla carta perché servizi e infrastrutture non tengono il passo. Noi apprezziamo gli sforzi di Enel, A2A e di altre società energetiche ma si parla di centinaia di colonnine in tutta Italia, saranno 700 entro la fine dell’anno: un numero molto più basso rispetto agli altri Paesi europei, purtroppo. Non bastano e per il momento cerchiamo di compensare con le nostre offerte di ricarica. Poi ci sono le politiche di sostegno: gli incentivi ai veicoli eco-friendly previsti nel Decreto Sviluppo, che includono metano, GPL, ibrido ed elettrico, non bastano; i fondi sono limitati: ci sono 50 milioni di cui una minima parte è per l’elettrico, e soprattutto ci sono troppi vincoli per l’accesso a questi incentivi. Tu, azienda, come fai a rottamare i quadricicli che non esistevano dieci anni fa? E poi c’è il contributo della casa produttrice alla rottamazione: la metà di un incentivo di 4-5000 euro deve pagarlo l’azienda, Renault in questo caso, e non è molto giusto visto i quattro miliardi di investimento che abbiamo messo sul tavolo per sviluppare questa tecnologia.
Ne è valsa la pena?
Dal punto di vista della tecnologia e dell’evoluzione del prodotto, siamo molto avanti. All’inizio del 2013 usciremo con la Zoe che si può ricaricare in trenta minuti grazie alla ricarica Fast Carge che stiamo elaborando con Enel. Non dimentichiamo che il tempo di ricarica rappresenta oggi il secondo importante freno all’acquisto del veicolo elettrico dopo quello della scarsità di colonnine. Oggi si va dalle sei alle otto ore, quindi è impossibile durante la giornata. Il trenta minuti risolve questo problema. Entro breve, grazie alla nostra collaborazione con Enel, con gli “smart grids” offriremo la possibilità di prenotare da lontano la stazione di ricarica e di programmarne la gestione dell’energia. La Zoe ha un’autonomia record di 210 km a ricarica e si porta dentro tutti gli ultimi sviluppi tecnologici. Per esempio, il sistema R-link, un tablet che viene inserito nel cruscotto e che permette alla vettura non solo di massimizzare la carica energetica e altre funzioni ma anche di connettersi al mondo esterno grazie a Internet oltre che, come dicevo, di prenotare la propria colonnina. L’interconnessione totale dell’auto e la sua interazione con l’esterno, non solo in termini di scambio di dati ma, per esempio, con le altre macchine per una maggiore sicurezza, è già una realtà. Quando ero in General Motors già un anno fa sono stato invitato a Shangai per la presentazione di un modello che si chiama ENV, un veicolo che risponde a queste caratteristiche. È un modello pronto, completo, ma sarà venduto nei prossimi venti anni perché non c’è oggi tutta l’infrastruttura necessaria per avviarlo.
Non c’è in Italia?
Diciamo che il nostro non è fra i Paesi più avanzati. Le faccio un esempio. In Australia, Israele e Danimarca offriamo anche il servizio “Quick drop” che funziona come un pit stop: arrivi in speciali stazioni e in tre minuti ti sostituiscono la batteria. Stiamo valutando di portare questa soluzione anche in Italia ma il mercato elettrico non è così maturo come invece nelle realtà che lo ho citato. La tecnologia da sola non basta.