Wise Society : I pomodori? Vengono dalle serre ecosostenibili dell’Australia

I pomodori? Vengono dalle serre ecosostenibili dell’Australia

di Maria Enza Giannetto/Nabu
15 Dicembre 2016

La Sundrop Farms produce secondo l'economia blu con un modello di successo che può essere replicato

pomodori, serre ecosostenibili, Australia

Pomodori prodotti dalla Sundrop (Foto Instagram)

Coltivare i pomodori senza terra, senza acqua e senza pesticidi. Non è fantascienza. È già realtà nel deserto del sud Australia dove Sundrop Farms, azienda anglo-australiana che opera nel campo delle coltivazioni in serra, è in grado di produrre 17mila tonnellate di pomodori all’anno nella sua serra futuristica. Il progetto è stato presentato, durante il Festival della Felicità interna lorda di Catania, dall’economista Gunter Pauli come uno dei 200 “case studies” dell’economia blu (il modello di business dedicato alla creazione di un ecosistema sostenibile grazie alla trasformazione di sostanze precedentemente sprecate in merce redditizia) nel mondo. Per Pauli si tratterebbe, davvero, del progetto pionieristico di quella che sarà l’agricoltura del futuro: ovvero senza acqua.

La serra di Port Augusta, infatti, si approvvigiona d’acqua salata direttamente dall’oceano, pompando per due chilometri dal Golfo di Spencer. L’acqua viene poi desalinizzata attraverso un impianto ad energia solare che crea acqua dolce per irrigare le 180mila piante di pomodoro. L’energia che serve viene prodotta da ben 23mila specchi che riflettono la luce solare verso una torre/antenna ricevente alta 115 metri, in grado, in una giornata di sole, di produrre fino a 39 megawatt di energia.

«L’esperienza australiana dimostra che certe cose sembrano complicate solo fino a che non le si mettono in pratica – ha spiegato Pauli –. Una volta compreso come può essere semplice portare un prototipo su larga scala, diventa semplice anche trovare gli investitori». La serra futuristica, il cui progetto pilota risale al 2010, è stata inaugurata due mesi fa, (i lavori erano iniziati nel 2014) si trova in una zona desertica e si basa su un modello di coltivazione idroponico: non usa quindi terra e suolo ma un substrato inerte che, nel caso specifico, è uno strato di bucce di cocco.

Inoltre, questa serra, così studiata, elimina totalmente la necessità di ricorrere a erbicidi o pesticidi. «Tutto grazie al sale – spiega Pauli – Parte dell’acqua marina viene utilizzata per raffreddamento della serra e per filtrare il sistema di areazione: il risultato è la sterilizzazione dell’atmosfera interna che non rende necessario l’impiego di alcun prodotto». Secondo i calcoli dell’azienda, riportati anche da Pauli, i risultati sono sbalorditivi: rispetto a una serra simile tradizionale, lo stabilimento risparmierebbe 26mila tonnellate di CO2, due milioni di litri di combustibile e può produrre più di 400 milioni di litri d’acqua.

Il modello futuristico sarebbe, quindi, in grado di produrre in qualunque condizione meteorologica: le serre climatizzate rispondono al clima rovente del deserto e, in inverno, il riscaldamento prodotto dai pannelli solari mantiene il calore. I pomodori prodotti vengono già venduti nei supermercati australiani e la possibilità di coltivare in modo controllato ha anche reso possibile un accordo con alcuni distributori a prezzo bloccato per i prossimi dieci anni. Un modello di successo, quindi, che sta spingendo l’azienda a progettare serre sostenibili anche in Portogallo e negli Usa. «L’obiettivo – spiega Pauli -, non così utopico, è quello di sostituire nei prossimi 10 anni, il 10% delle coltivazioni di pomodori da ortaggi che hanno bisogno di acqua a ortaggi che producono acqua».

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