I ricavi dell'azienda andranno interamente a una organizzazione no-profit impegnata nella lotta alla crisi climatica. Yvon Chouinard stupisce ancora una volta per il suo capitalismo "poco convenzionale".
Yvon Chouinard, founder di Patagonia, ha deciso di cedere interamente la sua azienda, oggi valutata circa 3 miliardi di dollari, a Holdfast Collective, una neonata associazione no profit impegnata nella lotta al cambiamento climatico e nella protezione delle terre vergini. La scelta, pur avendo lasciato molti a bocca aperta, è stata accolta con entusiasmo da chi si batte quotidianamente contro il greenwashing a favore di una forma di capitalismo poco convezionale, ma attenta all’ambiente e ai diritti umani.
Yvon Chouinard ha ceduto Patagonia per contrastare la crisi climatica
A riportare la notizia è il New York Times attraverso la penna del giornalista David Gelles, esperto di connessioni fra clima e mondo corporate. La decisione è stata presa all’unanimità dalla famiglia Chouinard che, già lo scorso agosto, aveva trasferito tutte le azioni Patagonia con diritto di voto (le cosiddette company’s voting stock) a un nuovo fondo chiamato “Patagonia Purpose Trust“: supervisionato dalla famiglia Chouinard e da fidati consiglieri, lo scopo del trust è garantire che l’azienda mantenga alto sia l’impegno sociale e ambientale, che la volontà di donare i suoi profitti a Holdfast Collective. E pare che Yvon Chouinard faccia sul serio, anche perché la donazione delle azioni al trust ha già portato la famiglia a sborsare 17,5 milioni di dollari in tasse.
Il restante 98% del pacchetto azionario di Patagonia è stato appunto donato alla Holdfast Collective, una nuova organizzazione no profit che diventerà beneficiaria dei profitti dell’azienda. Ogni anno, il denaro guadagnato da Patagonia, dopo essere stato reinvestito nell’azienda, sarà destinato come dividendo alla no profit, che lo utilizzerà per aiutare a contrastare la crisi climatica. Questo il commento di Yvon Chouinard:
«Spero che questa decisione possa influenzare una nuova forma di capitalismo, che non porti a rendere pochi ricchi ancor più ricchi e tanti poveri ancor più poveri. Daremo più denaro possibile alle persone che lavorano attivamente per salvare questo Pianeta».
Cosa ne sarà di Patagonia?
Cosa succederà adesso? Come si legge sul New York Time, Patagonia continuerà a essere una società privata e a scopo di lucro, e manterrà la sua sede a Ventura, in California. Andrà quindi avanti a vendere i suoi prodotti che, ogni anno fruttano oltre un miliardo di dollari. Ma la famiglia Chouinard non sarà più proprietaria dell’azienda che, anzi, devolverà interamente i suoi utili, circa 100 milioni di dollari, a progetti legati alla salvaguardia dell’ambiente e del pianeta.
A spiegare il processo che ha portato la famiglia a prendere questa decisione è un comunicato diffuso sul sito ufficiale di Patagonia, che comincia con una frase che diventa una dichiarazione d’intenti: “Ora è la Terra a essere la nostra unica azionista“. Segue una lunga lettera di Yvon Chouinard che, ripercorrendo la storia di Patagonia, mette nero su bianco ciò che ha portato la sua famiglia a cedere interamente il brand.
Dalle origini all’impegno ambientale
La storia di Patagonia comincia nel 1973 quando, a Ventura (California), l’arrampicatore Yvon Chouinard si mette in affari realizzando e vendendo attrezzatura da arrampicata. Con il passare degli anni l’offerta commerciale si amplia e Patagonia diventa un brand dedicato all’abbigliamento sportivo in generale.
«Quando abbiamo avuto le prime avvisaglie del riscaldamento globale e della crescente distruzione ambientale, Patagonia si è impegnata come azienda a cambiare il modo di fare commercio. Se fossimo riusciti a fare la cosa giusta, guadagnando abbastanza per pagare conti e bollette, avremmo potuto influenzare clienti e aziende a fare lo stesso e, magari, cambiare il sistema».
Le speranza della famiglia Chouinard sono però state disattese. Nonostante un modello di business responsabile, attento all’impatto ambientale e alla preservazione degli ecosistemi, agli occhi del suo founder, Patagonia non stava facendo abbastanza per affrontare in modo concreto la crisi ambientale. «Dovevamo trovare un modo per destinare più denaro alla lotta contro la crisi ambientale, mantenendo intatti i valori dell’azienda», si legge infatti sulla lunga lettera di Yvon Chouinard.
E allora, dopo una prima idea di vendere interamente Patagonia per donarne poi il ricavato, si era paventata la possibilità di quotare l’azienda in borsa, con tutti gli svantaggi, in termini di pressioni finanziarie, che la scelta portava con sé. «A dire il vero non c’erano valide opzioni disponibili. Così abbiamo creato la nostra», continua Chouinard nel comunicato appena diffuso, spiegando poi come funzionerà Patagonia d’ora in poi e a chi saranno destinati gli utili dell’azienda.
Quella di Patagonia è una scelta coraggiosa in un mondo in cui la maggior parte delle aziende riesce, con scarso successo, a intraprendere la strada della responsabilità sociale e ambientale.
Serena Fogli