Wise Society : Insetti, alghe, microserre, le startup del food parlano italiano

Insetti, alghe, microserre, le startup del food parlano italiano

di Andrea Ballocchi
10 Febbraio 2017

Nel 2016 in Italia si sono registrate circa 6400 startup. Di queste molte sono del settore alimentare: esempi della creatività nostrana all’insegna della sostenibilità

Startup e food sono due ambiti in cui l’Italia può dimostrare il suo ruolo prioritario a livello internazionale. Nel 2016, infatti, nel nostro Paese si sono registrate circa 6400 startup (Fonte: Ministero dello Sviluppo economico), con una crescita annua del +152% rispetto al 2014 (fonte: CB Insights, 2016).

Food trends: le novità in Italia

Alla crescita tecnologica corrisponde anche un’attenzione all’ecosostenibilità? In Italia, in questo senso, ci sono già diverse realtà innovative che si muovo nel settore agroalimentare apportando idee decisamente originali. Alcune di esse sono idee decisamente originali e green. Vediamo quali e perché.

Italbugs: quando le cavallette diventano cibo

Già dal nome si capisce cosa tratta: insetti. Sembra strano, ma già oggi almeno due miliardi di persone si cibano di cavallette & C. Parliamo di cavallette perché, lo ricorda proprio la realtà innovativa Italbugs, un chilo di questi insetti ha tante calorie quanti dieci hot dog o sei Big Mac.

L’assunto da cui partire è di rimandare il possibile preconcetto pensando che già oggi ci cibiamo di esseri viventi dei più svariati tipi e dimensioni. A ideare, fondare e promuovere Italbugs è Marco Ceriani, scienziato alimentare che è stato ascoltato di recente in Senato in audizione alla Commissione agricoltura e produzione agroalimentare, proprio sul tema degli insetti edibili.

Perché in Italia non è ancora possibile utilizzarli nemmeno come mangime per pesci e polli mentre in diversi Paesi europei ciò è già possibile, ammettendo gli insetti come fonte alimentare: parliamo di Belgio, Danimarca, Francia, Inghilterra e Olanda. In quest’ultimo Paese, Italbugs ha aperto la propria sede produttiva ed è anche membro dell’associazione europea di categoria Ipiff (International Platform of Insects for Food and Feed).

A detta dello stesso Ceriani, l’apertura della Commissione c’è stata e se la disponibilità fosse concretizzata anche a livello legislativo, in Italia sarebbe autorizzato il consumo non solo animale, ma anche umano di alcune specie di insetti come mangime e cibo.

Come entrerebbero nel piatto gli insetti? Visivamente non in maniera diretta, ma principalmente sotto forma di farine. E non solo: Italbugs, infatti, si occupa di formulazione e sviluppo di materie prime e nuovi alimenti da insetti per l’alimentazione animale e umana, lavorando anche all’estrazione e concentrazione di specifici nutrienti per l’alimentare e mangimistica, sviluppo di prodotti funzionali, integratori e novel food.

Spirufarm, produzione agricola di Spirulina

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Spireat, nome del prodotto della linea ideata dalla startup Spirufarm a base di spirulina

Dagli insetti ai vegetali il passo è breve e sostenibile. L’esempio viene da Spirufarm, realtà imprenditoriale innovativa focalizzata sulla produzione agricola della spirulina, in serra, in provincia di Cremona, a impatto energetico zero.

Intanto cos’è la spirulina? È una microalga di acqua dolce che ha un apporto proteico tre volte superiore a una bistecca, oltre che ricca di ferro, beta-carotene, antiossidanti, minerali e amminoacidi essenziali: un ottimo integratore naturale.

La coltivazione della spirulina si fa in vasche speciali, appositamente studiate, contenenti acqua. «Viene condotta con l’ausilio di energia già prodotta dall’impianto di biogas dell’azienda agricola e che altrimenti verrebbe dispersa. Lo scarto di produzione della stessa alga diviene un fertilizzante con proprietà importanti di “promotore” per le piante», perfetta espressione di economia circolare, afferma Antonino Ida, CEO aziendale nonché biologo, ricercatore e studioso specializzato nello studio delle alghe.

Spiega che tutto è cominciato qualche mese fa con la validazione dell’impianto pilota di 5 m3, dopo di che aumentata la produzione su una vasca da 65 m3 di acqua all’interno di una serra da 240 m2 di superficie. «Si tratta di un impianto relativamente piccolo, ma abbiamo aumentato la produzione in collaborazione con altri agricoltori, replicando l’impianto». I prossimi passi saranno dedicati alla parte di ricerca e sviluppo che coinvolgerà altri tipi di alghe sempre per la nutrizione «e vedranno il rafforzamento della campagna di comunicazione mirata a evidenziare le differenti possibilità di utilizzo della spirulina per i piatti di tutti i giorni», aprendosi a collaborazioni con chef che vogliano sperimentarla all’interno dei loro piatti.

La barriera esistente nel mercato è legato al sapore della spirulina, «dovuto a impianti di solito poco controllati, non gestiti da biologi. Ma è un microorganismo delicato che ha bisogno di attenzioni. La spirulina prodotta da noi in modo accurato ha un sapore gradevole» conclude Ida.

Mandel Project, l’agricoltura hi-tech

Si può accudire una pianta e “convincerla” a produrre di più e in determinate condizioni? La risposta è sì, e la fornisce la startup Mendel Project: «Come esseri umani, non avremmo il tempo da trascorrere per verificare che ogni singola pianta cresca nel modo più corretto», spiega Riccardo Savi, IT developer.

Per questo interviene la tecnologia con Juvant Seed, un microambiente componibile costituito da elementi modulari che permettono di accogliere le diverse esigenze di sperimentazione. In pratica in questa serra hi-tech, si avvale di un pannello di controllo che controlla i dati ambientali in tempo reale (da qualsiasi tipo di dispositivo informatico e mobile) e lo storico dei dati per poter riprodurre lo schema ambientale desiderato.

Una parte importante del sistema è quello delle luci led «con 250 milioni di colori con cui si fa imparare le piante ad adattarsi a un determinato ambiente» prosegue il membro del team fondatore della startup, assicurando che non si è una costrizione della pianta, che invece crea le condizioni migliori per questa, a partire da un ambiente asettico e diversificato.

Ma quali vantaggi ha un coltivatore nell’utilizzare tale tecnologia? «Se parliamo di stanze di crescita, in cui le piante si trovano tutte nella stessa condizione e per creare un ambiente artificiale il costo è davvero elevato, con la costruzione di singoli dispositivi come nel caso di Juvant Seed, il costo è decisamente più basso (10 fino a 20 volte inferiore)».

Un’occasione sostenibile non solo economicamente, ma anche ecologicamente dato che le piante inserite in questo ambiente non hanno bisogno di essere protette da insetti e parassiti con l’ausilio di protettivi chimici. Juvant Seed può diventare interessante anche nel caso di Paesi in via di sviluppo, dove ambienti desertici o comunque difficili per le coltivazioni potrebbero beneficiare di “microserre assistite”: «I problemi che scontano questi Paesi è legato anche alle scarse conoscenze in botanica, cui possiamo supplire noi, portando i nostri dispositivi che hanno bisogno di corrente, internet (opzionale) e acqua, possiamo controllare da remoto. Inoltre nel sistema vengono ottimizzate tutte le risorse, tra cui l’acqua».

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