Wise Society : In Italia urge una regolamentazione per la sharing economy

In Italia urge una regolamentazione per la sharing economy

di Michele Novaga
13 Giugno 2016

Alla Edison Innovation Week 2016 un dibattito evidenzia l'importanza di una regolamentazione del settore delle piattaforme online

Non solo Uber, Airbnb o Blablacar tanto per citare quelle più famose in Italia e nel mondo. Secondo l’Unione Europea le piattaforme di Sharing Economy attive nei 28 paesi comunitari sarebbero almeno 275, fatturano 28 miliardi di euro e sono in grado di garantire ai soggetti che gestiscono la condivisione ricavi per 3,6 miliardi. Dati in costante crescita e raddoppiati rispetto all’anno precedente. Ma secondo alcune stime questa nuova economia partecipativa potrebbe arrivare a fatturare 335 miliardi di dollari a livello globale nel 2025. «Le piattaforme vengono utilizzate per due ordini di questioni: per risparmiare e per guadagnare o per finalità espressive: io ritengo che bisogna leggere questo fenomeno da entrambe le parti», ha commentato durante un dibattito svoltosi a Edison Innovation week 2016, Ivana Pais, docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano. La professoressa si è poi soffermata sulla specificità italiana che offre servizi in condivisione anche per un ambito altrove poco diffuso: quello della cultura le cui piattaforme rappresentano nel Belpaese il 9%.

«Per noi viaggiare è conoscere per davvero: il nostro è sì un commercio ma con la promessa di connessione umana in cui si favorisce la fiducia tra le persone», ha spiegato Alessandro Tommasi di Airbnb Italia. E di fiducia, anche nei confronti dello strumento del pagamento online, ha parlato Andrea Saviane di Blablacar, piattaforma che in Italia vanta tassi di crescita fenomenali superiori anche a Francia e Spagna dove è nata: «Abbiamo cercato di fare un esperimento: abbiamo scoperto che si ripone più fiducia in un utente Blablacar che in un vicino di casa o un collega di lavoro», aggiunge.

Tutto bene quindi? No, dato che i governi e i legislatori di vari paesi (e tra questi anche l’Italia) hanno cominciato ad occuparsene facendo emergere conflitti e problemi di natura legale. E’ il caso di Uber Pop vietato anche nel nostro Paese poichè utilizza conducenti non professionisti. «In Italia ci confrontiamo con sistema normativo non al passo coi tempi», ha raccontato da palco Tursi. Che poi ha aggiunto: «C’è un passaggio regolatore che manca e speriamo arrivi presto. Ci sono vari modelli possibili come quello Usa ma anche come quello di altri in Europa. Speriamo che il regolatore voglia normare questi nuovi fenomeni come già anche il Consiglio di Stato ha già fatto».

Una regolamentazione necessaria dato il vuoto normativo ora come ora «obbliga le amministrazioni locali ad uno sforzo semantico, per inserire Airbnb in una delle categorie commerciali già note al comune», come spiega Tommasi. E che anche la professoressa Pais vede positivamente «se apre possibilità che altrimenti non avremmo. Molte attività oggi non le possiamo mettere in campo. Tutti dobbiamo fare un esercizio per capire il fenomeno da regolare».

Eppur qualcosa si muove: alla Camera dei Deputati, infatti, con atto numero 3564 è stata presentata una proposta di legge trasversale e firmata da esponenti di vari partiti anche non di maggioranza riuniti nell’Intergruppo parlamentare sull’innovazione per la regolamentazione della sharing economy. Non resta che aspettare il legislatore. E i suoi tempi….

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