Goldman Sachs e Shell si sono aggiudicate l'edizione 2013 del Public Eye Awards, il premio come peggiore società dell'anno dal punto di vista del rispetto dell'ambiente e dei diritti umani
Ci sono aziende e società che si mettono in luce per una particolare attenzione all’ambiente e una gestione illuminata delle risorse umane.
Pensiamo al recente caso di Brunello Cucinelli, re del cachemire e imprenditore umanista, che l’anno scorso ha condiviso gli utili con i propri dipendenti e che ha sempre posto il loro benessere al centro delle politiche aziendali. C’è chi considera con diffidenza questi esempi. In effetti negli ultimi tempi non sono mancate le operazioni di facciata e di green washing.
Poi ci sono invece le aziende che fanno parlare di sé in negativo perché non sostenibili né a livello ambientale né umano. E certi casi sono così lampanti da meritare un premio come peggiore società dell’anno: si tratta del Public Eye Awards che, ogni anno, viene conferito in occasione del World Economic Forum (Wef) di Davos. Ad aggiudicarsi l’edizione 2013 sono state Goldman Sachs e Shell. Questo riconoscimento, organizzato dalla Dichiarazione di Berna e da Greenpeace Svizzera, viene assegnato con precise motivazioni. Il gruppo bancario americano si porta a casa il premio della giuria per aver giocato un ruolo determinante nella crisi della Grecia. Inoltre, secondo Michael Baumgartner, presidente della giuria dei Public Eye Awards, Goldman Sachs ha avuto un ruolo importante anche nell’impennata dei prezzi delle materie prime: “ha colpito il mercato, trovando una nuova fonte di reddito e destabilizzando i prezzi. E quando i prezzi delle materie prime alimentari battono tutti i record, come nel 2008, milioni di persone finiscono per soffrire la fame”.
Il pubblico, invece, ha scelto la Shell per il suo coinvolgimento in progetti petroliferi controversi e rischiosi. In particolare gli utenti che hanno votato sul sito dedicato all’iniziativa mettono sotto accusa la società anglo-olandese per aver cercato di estrarre combustibili fossili in una zona delicata del Pianeta come l’Artico. Secondo Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International, “Shell ha investito 4,5 miliardi di dollari in un insensato e rischioso progetto che porterà solo problemi. Questo voto dimostra che la gente continua a tenere d’occhio la Shell e che la sua testardaggine continuerà a essere sanzionata dall’opinione pubblica”. Oltre ai due vincitori citati, nell’ultima edizione del premio sono state nominate cinque altre imprese: la francese Alstom, l’indiana Coal India, l’inglese G4S, la sudafricana Lonmin e la svizzera Repower.