Nasce la nuova direttiva UE sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, che stabilisce nuove regole per grandi aziende e Pmi. Ecco cos’è e a chi si rivolge e come cambierà il panorama delle imprese europee
Buone notizie in materia di sostenibilità: la nuova Direttiva europea CSRD sulla rendicontazione societaria di sostenibilità è stata varata. Approvata dal Consiglio europeo, la Corporate Sustainability Reporting Standard Directive è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 16 dicembre 2022 e verrà applicata dal 2024. La direttiva intende garantire che le aziende divulghino pubblicamente informazioni adeguate sui rischi, le opportunità e gli impatti delle loro attività sulle persone e sull’ambiente. In pratica, la CSRD responsabilizza le aziende per le loro azioni e politiche ESG (Environmental, Social, Governance). Prevede l’obbligo di rendicontazione, fornendo uno stimolo concreto verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Che cos’è la CSRD
Acronimo di Corporate Sustainability Reporting Directive, la CSRD intende rendere più chiare, complete e comparabili tra loro le informative non finanziarie da parte delle società europee, come la contabilità finanziaria e il reporting. La direttiva fa parte del piano d’azione dell’Unione Europea sul finanziamento della crescita sostenibile (2018) e, in particolare, del Green Deal europeo (2019).
Perché è stata varata? Per apportare all’interno del Vecchio Continente uno strumento di politica economica necessario a traghettare il modello economico-finanziario europeo verso un sistema fondato sui principi della sostenibilità e che operi nel rispetto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU, dell’Accordo di Parigi e dei piani di sviluppo Europei a livello sociale, ambientale ed economico. Gli investitori nazionali e internazionali e il sistema finanziario in genere avranno a disposizione informazioni utili per compiere scelte di investimento più consapevoli e sostenibili, individuando quelle imprese e quelle organizzazioni in grado di apportare benefici al proprio territorio, al sistema sociale di riferimento nonché alla comunità in senso ampio.
Come afferma Sara Cirone, fondatrice di Sara Cirone Group Società Benefit ed esperta del settore,
«si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma e di cultura che dai mercati finanziari permeerà all’interno delle organizzazioni. Con l’uscita di questa direttiva, la capacità di creare valore delle imprese, per il legislatore europeo non si identifica più con la mera dimensione economica, ma si spinge oltre, sancendo in modo netto che il futuro dell’Europa prevede un sistema integrato di principi e sistemi di misurazione di aspetti intangibili sociali e ambientali, con nuove metriche di misurazione e modalità di valutazione che arricchiscono i criteri di misurazione economica».
Tutto ciò si traduce inevitabilmente in una evoluzione del bilancio delle aziende, che integrano al loro interno principi di redazione che ne aumentano la chiarezza e la confrontabilità. Nell’ottica degli investitori, infatti, se attualmente può risultare difficile confrontare i report di sostenibilità delle imprese, poiché le informazioni divulgate variano ampiamente in una moltitudine di standard e framework di reporting, con la CSRD si stabiliscono requisiti di rendicontazione ESG standard che soddisfino le esigenze di tutte le parti interessate.
Che cosa comporta la CSRD?
Con la direttiva, la Commissione europea ha definito per la prima volta un quadro comune di rendicontazione per i dati non finanziari. Questa nuova direttiva parte nel momento in cui la rendicontazione ambientale, sociale e di governance sta prendendo piede.
Considerando gli scopi che l’Unione Europea si è posta in riferimento all’evoluzione del suo sistema economico-finanziario, le informazioni fornite dalle aziende non sono sufficienti in tal senso. Secondo la Commissione europea, “le relazioni spesso omettono informazioni che gli investitori e gli altri stakeholder ritengono importanti”. Le informazioni riportate possono essere difficilmente confrontabili da un’azienda all’altra e gli utenti spesso non sono sicuri di potersi fidare. È un fattore decisamente sensibile se si pensa, per esempio, al fatto che gli investitori hanno bisogno di valutare queste informazioni per redigere i bilanci ai sensi della SFRD (Sustainable Finance Disclosure Regulation) e destinare il denaro ad attività sostenibili.
Come riporta il Parlamento Europeo,
“le nuove norme, già concordate con i governi UE, renderanno le imprese più responsabili nei confronti dei cittadini, obbligandole a pubblicare regolarmente i dati relativi al loro impatto sociale e ambientale. Ciò dovrebbe ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato UE e gettare le basi per standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale”.
Le norme “affrontano le carenze della legislazione attuale sulla dichiarazione di informazioni non finanziarie (NFRD, Non-Financial Reporting Directive), percepita come largamente insufficiente”.
La CSRD impone alle aziende che rientrano nell’obbligo (vedremo in seguito quali sono) di pubblicare regolarmente rapporti sulle loro attività di impatto ambientale e sociale. Aiuta gli investitori, i consumatori, i politici e le altre parti interessate a valutare le prestazioni non finanziarie delle grandi aziende. Inoltre, incoraggia queste aziende a sviluppare approcci più responsabili al business. Per esempio, cambia radicalmente l’ambito e il tipo di rendicontazione di sostenibilità delle aziende.
A chi è rivolta
Mentre la NFRD richiede solo agli “enti di interesse pubblico” con più di 500 dipendenti di rendicontare le proprie prestazioni in termini di sostenibilità, la CSRD impone a tutte le grandi aziende e a tutte le Piccole e medie imprese quotate in borsa (fanno eccezione le microimprese, con meno di 10 dipendenti o meno di 20 milioni di euro di fatturato) di redigere una rendicontazione di sostenibilità – o bilancio di sostenibilità.
Non appena entrerà in vigore, quasi 50mila aziende (15mila solo in Germania) nell’UE dovranno seguire gli standard dettagliati di rendicontazione della sostenibilità dell’Unione Europea, pari al 75% del fatturato di tutte le aziende dell’UE. È un bel passo in avanti rispetto alle circa 11.700 aziende coperte dalle norme attuali. Queste 50mila aziende rappresentano circa i tre quarti delle attività nello Spazio economico europeo.
La CSRD, in pratica, si applicherà alle società quotate sui mercati regolamentati dell’UE (eccetto le microimprese quotate) e le grandi società. Le PMI quotate in borsa potranno scegliere di non partecipare fino al 2028. Tuttavia, possono trarre grandi vantaggi dal rispetto della rendicontazione. Tra le società coinvolte ci sono anche quelle extracomunitarie con un fatturato netto di 150 milioni di euro nell’UE e con almeno una filiale o una succursale nell’Unione Europea.
Le tappe di attuazione
La Direttiva e le sue norme avranno applicazione a partire dal 2024 al 2028, a seconda delle imprese. Da gennaio 2024 per le grandi imprese di interesse pubblico (con più di 500 dipendenti) già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, con scadenza della pubblicazione dei dati fissata al 2025. Il 1° gennaio 2025 sarà la volta delle grandi imprese non ancora soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria. In questo caso la scadenza della pubblicazione dei dati è prevista nel 2026. Dal 1° gennaio 2026 toccherà alle PMI e le altre imprese quotate, con scadenza nel 2027. Le PMI possono scegliere di non partecipare fino al 2028.
CSRD: cosa cambia nella pratica per le organizzazioni
Resta da capire ora cosa cambierà in pratica per le imprese soggette alla direttiva. Innanzitutto, le grandi aziende e le Piccole e medie imprese quotate saranno tenute alla rendicontazione delle informazioni di sostenibilità secondo nuovi criteri e contenuti, ovvero gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) forniti dall’Unione europea ed elaborati dal gruppo di lavoro EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). Le Pmi non quotate potranno farlo, ma solo su base volontaria.
Le aziende rientranti negli obblighi della Direttiva dovranno pubblicare le loro informazioni in una sezione dedicata della Relazione sulla Gestione inclusa nel loro bilancio annuale, in modo da garantire agli investitori e agli altri stakeholder una visione complessiva e trasparente. I rapporti devono riguardare questioni come i diritti umani, la responsabilità sociale, le condizioni di lavoro, gli impatti sull’ambiente, l’inclusione, la diversità e la governance aziendale; inoltre dovranno essere inseriti elementi riguardanti l’impatto ambientale e sociale dei propri fornitori.
Le stesse dovranno fornire informazioni che siano qualitative e quantitative
lungimiranti e retrospettive, basate sul breve, medio e lungo termine, nel rispetto del principio della doppia materialità. Questo criterio, innovativo rispetto allo stesso concepito nella NFRD, ha lo scopo di guidare le imprese nella identificazione dei temi rilevanti da includere all’interno della propria rendicontazione, in base da una parte alla portata degli impatti che l’azienda produce sugli stakeholder e dall’altra agli effetti che l’evoluzione dell’ambiente esterno produce sullo sviluppo dell’impresa.
La CSRD prevede anche l’obbligo di assurance per il reporting da parte di un fornitore di servizi indipendente rispetto agli standard di reporting di sostenibilità in modo da garantire che le informazioni siano accurate e affidabili.
Andrea Ballocchi